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‘Skam’, i segreti dietro alla serie italiana che spacca anche all’estero

«Ci sono persone che mi scrivono di non poter vivere senza la loro dose di 'Skam' giornaliera» spiega lo showrunner Ludovico Bessegato, che abbiamo intervistato insieme al regista della terza stagione

Fino a un anno fa se ti capitava di nominare Skam in una conversazione, la gente al massimo poteva pensare che tu stessi parlando di un’auto o un’app per la raccolta differenziata. Oggi Skam è il fenomeno seriale italiano del momento. In onda su TIMVISION, Skam Italia è l’adattamento nostrano dell’omonima serie norvegese, una di quelle robe amate dai giovanissimi (e non solo) e perennemente nella top 10 dei trend di Twitter. «Ricordo che, prima che debuttasse, i fan che già amano l’originale dicevano “Dio, sarà uno schifo, la solita versione italiana per ragazzi!”. Cioè, anche io, da fan di Breaking Bad, se avessero annunciato il remake italiano avrei reagito nello stesso modo». A parlare è Ludovico Bessegato, sceneggiatore e regista classe 1983 e showrunner della versione italiana, prodotta da TIMVISION Production con Cross Productions. «Non sai quante di quelle stesse persone, poi, mi hanno scritto per dirmi che non potevano vivere senza la loro dose di Skam giornaliera».

Un piccolo riassunto per quei pochi che ancora non hanno la minima idea di cosa stiamo parlando: Skam Italia racconta le vite di un gruppo di ragazzi di un liceo di Roma centro (quasi Nord), tra amori, amicizia e i consueti dolori della crescita. «Chi ci segue riconosce in Skam un’autenticità e un realismo che non avevano quasi mai trovato in prodotti italiani di questo tipo». Merito anche di un format a prova di bomba: la particolarità della serie, infatti, è essere divisa in clip, rilasciate all’ora esatta del giorno in cui sono ambientate, poi raccolte insieme in un episodio tradizionale al termine di ogni settimana. «Julie Andem ha creato un format originale molto intelligente. È come tornare alla lezione 1 del corso di sceneggiatura: non ci sono scene meno importanti, sono tutte scene madri, devono esserlo! Noi, poi, abbiamo preso quel paradigma seriale e l’abbiamo calato nella nostra realtà». E infatti la versione italiana è diventata presto la più amata anche a livello internazionale, con Buzzfeed che l’ha inserita fra le 18 serie non in lingua inglese da vedere. Perché, sempre secondo Bessegato, «il prodotto locale, quando non si vergogna di mettere in mostra le specificità territoriali, ha più possibilità di uscire dai confini nazionali».

E cosa c’è di più territoriale di Roma capitale? Una Roma, però, che sa distinguersi sia da quel non-luogo indefinito a cui ci abituato la fiction, sia dal solito set cinematografico da cartolina. «Per certi versi, Skam per me è stata un’esperienza anche un po’ inquietante», dice scherzando il secondo Ludovico – Di Martino –, giovane regista ventiseienne che ha diretto gli episodi della terza stagione. «Io sono romano e ho fatto un liceo che potrebbe essere proprio lo stesso dei protagonisti. E quegli stessi luoghi che vediamo di Roma sono davvero frequentati da ragazzi che potrebbero essere Martino, Eva, Eleonora…».

I personaggi sono tutti interpretati da attori che, seppur giovanissimi, mostrano sullo schermo un’alchimia sincera e credibile. «Al casting abbiamo usato un criterio molto semplice: non prendere gli stronzi», ci spiega Bessegato. Aggiunge Di Martino: «Sono attori che, oltre a essere ormai amici stretti, hanno voglia di lavorare, di chiudersi dieci ore in una stanza a provare. Non è mica da tutti!».

Un altro grande merito della serie è la cura riservata alla colonna sonora, ricchissima di brani che vanno dal grande pop internazionale all’indie italiano, a cui si aggiunge sia musica originale – firmata da Ivan Silvestrini nelle prime due stagioni e dai Prod by Enemies nella terza – che brani inediti, a cui ha collaborato anche il regista Di Martino. «Fin dall’inizio, TIMVISION ha previsto una considerevole parte del budget per la scelta musicale, cosa più unica che rara nel panorama italiano», commenta Bessegato, «Io credo che in 3 stagioni abbiamo utilizzato più di 100 brani e non so quanti altri registi al mondo si possono permettere di dire “Mmm, cosa ci mettiamo qui? I Radiohead o Lady Gaga?”».

Dopo una seconda stagione che ha visto al centro del plot il percorso di accettazione di Martino e la sua storia d’amore con Niccolò, raccontati con una spontaneità e una naturalezza davvero rare in Italia, la terza si concentra sul tormentato rapporto fra Eleonora e Edoardo, a proposito del quale Di Martino si esprime così: «Sono due persone accomunate dalla voglia di vivere un’esperienza molto più matura di quelle che di solito si vivono alla loro età. Il discorso che si sviluppa da tutto questo riguarda la fiducia e la capacità di vincere il pregiudizio nei confronti dell’altro».

Pregiudizi che la serie è la prima a disinnescare, nel proporre una visione dei giovani d’oggi molto lontana da quella superficialmente e banalmente allarmista che di solito si ricicla quando si affronta la questione. «Ci sono degli elementi, nella vita di questi ragazzi – come l’uso del cellulare e dei social network – che siamo abituati a vedere sempre raccontati allo stesso modo, accompagnati da un giudizio, e invece in Skam fanno solo parte di un mondo che appartiene ai nostri personaggi, non c’è una visione negativa o positiva», ci tiene a specificare Di Martino, «Personalmente, una cosa che mi ha colpito tantissimo è quanto al centro di tutto ci sia il valore dell’amicizia, quasi a dire provocatoriamente: non è in un genitore che potrai trovare un tuo compagno di vita, ma in un amico».

Nessun giudizio, quindi. D’altronde, come cantavano gli Who in Baba O’Riley – citazione da vecchi decrepiti particolarmente adatta per ritornare alla grigia realtà di noi ultramaggiorenni –: “Don’t cry, don’t raise your eye, it’s just teenage wasteland”.

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