Nel film, il 38esimo diretto da Clint Eastwood (Oscar miglior film-regia per Gli spietati e Million Dollar Baby), il pilota Sully è interpretato da Tom Hanks, e mentre chiunque conosce la storia dell’eroe Sullenberger, coccolato da tutti, media inclusi, pochi sanno che decisioni e azioni intraprese in meno di 4 minuti gli hanno quasi distrutto la carriera, facendolo finire sotto inchiesta da parte della commissione della National Transportation Safety Board (NTSB). La sceneggiatura è stata scritta da Todd Komarnicki, ispirandosi al libro di Sullenberger intitolato Highest Duty: My Search for What Really Matters. Nel cast, anche Aaron Eckhart, nel ruolo del co-pilota Jeff Skies, e Laura Linney che interpreta la moglie Lorraine Sullenberger. Curiosità: il famoso Airbus 1549 si trova oggigiorno al Carolinas Aviation Museum a Charlotte in North Carolina. Noi, troviamo Clint Eastwood e Tom Hanks l’uno accanto all’altro nella cavernosa Hall del London Hotel a L.A.
Clint, qual è stata la scintilla che ha catturato il tuo interesse per adattare una storia durata poco più di 4 minuti?
Clint Mi sono ritrovato la sceneggiatura sul tavolo del mio ufficio, non aveva ancora un titolo, era “Untitled story about Captain Sullenberger and the Hudson River”. Inizialmente non ho capito perché avrebbe dovuto interessarmi, tutti sapevano com’era andata a finire, nessuno aveva perso la vita. Mi ricordavo benissimo le immagini della gente sulle ali dell’aereo, mentre aspettavano di essere salvati. Poi, siccome mi fido del mio team e so che non mi farebbero leggere uno script senza motivo, ho deciso di dargli un’occhiata e ho scoperto che non sapevo nulla del retrostoria dell’indagine sul pilota, anche da parte della compagnia aerea per cui lavorava da anni. Mi sono reso conto che nessuno conosceva la vera storia del capitano. Per la gente era un eroe, per la commissione NTSB che lo stava investigando, era quasi un criminale, ha dovuto provare che la decisione che aveva preso era quella giusta. Quella per me era la storia da raccontare, una storia contrastante con la figura eroica che tutti conoscevamo.
Tom Per me è sempre stato un eroe, un eroe che voleva essere trattato come una persona normale, non avevo assolutamente idea dell’incubo che aveva vissuto.
Clint, perché Tom Hanks?
Clint È sempre stato la mia prima scelta. Quando ho incontrato Sully mi sono reso conto che Tom aveva la stessa età di Sullenberger quando successe l’incidente. Prima di chiamare Tom, ho chiesto a Sully cosa pensava della mia scelta. Mi ha guardato sorridente e gli si sono illuminati gli occhi, ho capito all’istante che non poteva essere più perfetto di così. Tom è stato bravissimo a catturare l’essenza del suo manierismo.
Tom Sarò eternamente grato a Clint per avermi offerto questo ruolo, anche se ho patito le pene dell’inferno per tingermi i capelli e diventare bianco platino. A un certo punto ho dovuto dire basta, perché mi si stava erodendo lo scalpo.
Tom, in molti dei tuoi film, interpreti uomini normali che si ritrovano in situazioni straordinarie, in guerra, nello spazio, a comando di una nave in mano ai pirati. Cos’hanno in comune queste storie?
Tom Il fatto, appunto, di non essere uomini speciali, non hanno nervi d’acciaio, non sono supereroi. Quello che mi ha sempre attratto di questi personaggi è la capacità di combattere il terrore che essi stessi provano. Hanno delle responsabilità, cercano di avere il controllo della situazione, fanno delle scelte, non possono permettersi di esitare. Hanno fiducia nelle proprie capacità che, diciamolo, è quella sottile differenza che c’è tra successo e fallimento. Sono tutti uomini che hanno sudato per arrivare dove sono: nessuno diventa un pilota come Sully senza anni di sacrifici e studi. Con il lavoro che faccio non ho mai rischiato la vita, ma sono sempre stato affascinato dal comportamento umano, da gente normale che fa cose straordinarie, succede tutti i giorni.
Perché abbiamo bisogno di eroi come Sully?
Tom Eroe è una parola troppo abusata, a volte si tratta solo di persone che fanno la cosa giusta, il proprio mestiere. Sully lo fa ogni giorno, nessuno si congratula con lui perché fa il suo lavoro alla perfezione e porta a casa 155 persone a ogni singolo viaggio. Quando ha scelto di atterrare nel fiume, la sua decisione ha salvato la vita di quelle persone, se avesse seguito il protocollo sarebbero morti tutti, ecco perché in questo caso è un eroe.
Io credo negli eroi, quelli veri in carne e ossa. Pompieri, poliziotti o aviatori, piuttosto che Superman
Cos’è un eroe?
Tom Per me un eroe è qualcuno che prende le decisioni giuste al momento giusto, che pensa al bene altrui. Sully non ha avuto il tempo di avere paura, né di pensare a se stesso. Questo è il potere del cinema. A ogni ruolo interpretato, mi chiedo: “Cosa farei se mi trovassi in una situazione del genere?”. Cerco di immedesimarmi nel personaggio, di vivere le sue stesse situazioni, di provare le medesime paure e ansie anche se, per dire, non sono mai stato pilota di un aereo. Sai chi sono i veri eroi? Quelli che hanno smesso di fare quello che stavano facendo e sono corsi in soccorso dei passeggeri e dell’equipaggio per evitare che morissero congelati nelle acque dell’Hudson. Per me Sully è stato un essere sovrumano, calmo e sicuro di sé, nonostante le incertezze.
Clint Io credo negli eroi, quelli veri in carne e ossa. Quando ero bambino, mi affascinavano molto Batman o Superman, ma le loro avventure non mi colpivano mai come i racconti che sentivo da amici o vicini di casa, le storie di pompieri, poliziotti, soldati o aviatori, gente a servizio della comunità, da cui ci si aspetta atti eroici. Tutti amano gli eroi, tutti possiamo imparare da un atto eroico, è un processo molto educativo, soprattutto insegna ad avere fiducia in se stessi, nelle proprie capacità.
Come ti sei preparato per questo ruolo, Tom?
Tom Con Eckhart abbiamo passato ore facendo pratica con il simulatore di volo, sia con Captain Sullenberger sia con Clint. Ho cercato di avere Sully sul set ogni volta che era disponibile, avevo bisogno di impossessarmi della sua rilassatezza, per me era importante ritrarlo nel modo più sincero e onesto possibile. Abbiamo simulato esattamente lo stesso volo che fece lui, uccelli compresi. Devo ammettere che non siamo mai, e dico MAI, riusciti ad atterrare in modo sicuro, ci siamo schiantati ogni volta.
Com’è Clint sul set?
Tom Prima di essere regista, Clint è attore, sa esattamente come comunicare con il cast. Secondo me, tutti i registi dovrebbero mettersi nei panni dell’attore e viceversa, collaborazione e dialogo di entrambi sarebbero molto più semplici, eviterebbero discussioni inutili e perdite di tempo. Non c’è bisogno di spiegare sempre tutto. Troppi registi non danno spazio sufficiente agli attori.
Clint Verissimo, io ho lavorato con registi che passavano ore a spiegare ogni singola inquadratura, a leggere e rileggere i dialoghi. Io do molta libertà ai miei attori, prima di discutere qualsiasi scena voglio vedere come hanno deciso di interpretarla. Se non mi piace, allora ne discutiamo. Recitare è un istinto animale, non voglio che diventi un’esperienza troppo intellettuale. È una professione molto divertente, soprattutto quando ci liberiamo di tutte le bullshit (cagate) mitologiche che circondano questo mestiere. In fondo, vogliamo solo essere fotogenici e portarci a letto le attrici.
Clint, in questo film quanto ti è stata utile la tua esperienza da pilota?
Clint Io sono pilota di elicotteri da più di 30 anni. Mi piace volare, perché in cielo nessuno sa chi sei, nessuno ti rompe le scatole. Quando ero militare, ho avuto una terribile esperienza: l’aereo che ci stava portando a casa dovette ammarare nell’oceano, a Point Reyes, California del Nord. Dopo lo schianto, l’aereo è affondato immediatamente, lasciandoci nelle acque gelide e infestate di squali. Abbiamo nuotato per ore, ho pensato che non sarei mai sopravvissuto. So esattamente cos’hanno provato i passeggeri del volo 1549, un’esperienza sconvolgente che non ti abbandona per il resto della vita.
Tom, oltre a essere un super attore, sei anche un super produttore, hai una compagnia di produzione, Playtone. Perché produrre altri progetti, oltre ai tuoi film?
Tom Non ho mai voluto essere l’attore che stava comodamente seduto sul divano ad aspettare che gli offrissero un ruolo. È iniziato tutto con Jonathan Demme: mentre giravamo Philadelphia, mi presentò Gary Goetzman, con cui da anni produco tutto quello che faccio. La nostra prima collaborazione fu con Music Graffiti, primo film scritto e diretto da me. Mi sono innamorato del processo creativo di produzione, che oltretutto mi dà la possibilità di collaborare con mia moglie Rita, fonte inesauribile di ispirazione.
A proposito di musica, ti ricordi il primo album che hai comprato?
Tom Aerie di John Denver, sono sicuro al 100%! Mio padre viaggiava molto (i suoi genitori erano divorziati, ndr), ricordo che da bambino in un anno abbiamo traslocato dieci volte, e per quel motivo non potevo avere troppi dischi, dovevo essere sempre… leggero. Ascoltavo musica da una radiolina di una compagnia coreana, che poi è diventata la Samsung. Mi addormentavo con la radio, mi svegliavo con la radio, sognavo con la radio, e la ascolto ancora oggi, soprattutto quando sono bloccato nel traffico di Los Angeles.
Mi racconti uno dei momenti più belli del tuo tempo sul set?
Tom A ogni film che faccio è il five dollar friday. Ogni venerdì tutti i membri della troupe cinematografica mettono in un cesto una banconota da 5 dollari, su cui scrivono il proprio nome. Alla fine della giornata, che spesso segna la fine di una dura settimana di lavoro, viene estratta una banconota: il nome che c’è sopra vince tutto. Con tutti i film che ho fatto ho vinto solo una volta, sul set de La guerra di Charlie Wilson. Sono rimasto sorpreso quando ho scoperto che Clint non conosceva questo gioco!
Clint Forse perché, quando ho iniziato a recitare, 5 dollari per noi erano uno stipendio!
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