Boys & girls, ci sono dei film che esulano il contesto in cui se ne parla e se ne discute. Non importa chi, come, dove, quando. Vanno visti e basta. Fanno parte di un’educazione spirituale che non può farvi altro che bene. Trainspotting è uno di questi. Quindi, ascoltate la vostra Bestia e please, pretty fucking please, con della senape on top, guardate il film.
Per capire l’atmosfera di questo film bisogna immaginare un’era pre-tecnologica senza il World Wide Web, quando Internet era agli albori, quando nasceva il browser Netscape Navigator (1994) e le prime connessioni modem ti aprivano, lentissimamente stile bradipo in Zootropolis, le porte verso un nuovo mondo. (Per chi non abbia mai sentito il suono modem, siete pregati di cliccare qui). Nel 1996 sono connessi a Internet 10 milioni di computer, i cellulari si vedono ancora solo al cinema (ancora enormi, stile valigetta come quello di Michael Douglas nel bellissimo Wall Street, del 1987), muore il mio poeta del cuore Tupac Shakur, in Europa impazza la mucca pazza, e lo scozzese Irvine Welsh scrive il suo primo romanzo, Trainspotting. È ambientato in una periferia di Edimburgo fine anni ’80, dove, insieme a droghe, punk e hooligans, la Gran Bretagna vive il decadimento delle nuove generazioni, annoiate da una prospettiva di vita squallida e incerta, che si infiltra tossicamente nelle crepe di una società economicamente brutale, con la prospettiva deprimente di un mondo competitivo a cui accedono solo privilegiati e figli di papà. È l’era post Margaret Thatcher, primo ministro inglese, soprannominata Lady di Ferro perché pronta a schiacciare tutto e tutti per raggiungere i propri obiettivi (Isole Falkland comprese, nel 1982). Le sue politiche classiste non fanno altro che emarginare i meno abbienti e aumentare le diseguaglianze tra ricchi & poveri (e non quelli di Sarà perche ti amo).
Nato a Leith nel 1958 (stesso luogo in cui è ambientato Trainspotting), Irvine Welsh descrive magistralmente la noia esistenziale della periferia marcia che non accetta la mediocrità, alle soglie della povertà e della degradazione: il libro (leggetelo, se per sbaglio ve lo siete perso!) è un portale in un mondo adulto che non avevo/avevano mai visto. Il regista Danny Boyle capisce le potenzialità della storia e decide di farne un film (CAPOLAVORO!), forse il primo a rappresentare in modo accurato le condizioni sociali di un mondo in evoluzione, una realtà vuota che fornisce terreno fertile al mondo post-punk- new-rave-drugs-overdose, compreso quello della nuova musica elettronica degli Underworld. Un ritratto onesto del mondo di quel periodo, a cui tutti possiamo relazionarci, anche se l’Italia in quegli anni non era la Gran Bretagna. Noi avevamo Berlusconi, i riflussi della Milano-da-bere, Craxi e il crepuscolo dei paninari, la fine di Tangentopoli e Mani Pulite, e meno male che esisteva Blob dei geni Enrico Ghezzi e Marco Giusti e quella figata preistorica di Mai dire Gol!
Altro punto fondamentale del film, l’uso estensivo della droga, rifugio contro disoccupazione e disadattamento, parafulmine e palliativo di successi e delusioni personali. Una montagna mai vista di droga che, oltre all’eroina mai uscita di moda, ci fa conoscere le nuove ecstasy dei rave party, la metanfetamina più popolare tra i miserabili e una lunga lista di pillole che Rent-boy-Mark Renton, interpretato da un giovanissimo Ewan McGregor, protagonista indiscusso del film, cita in una delle tante frasi mitiche di Trainspotting: “Ci siamo fatti di morfina, diacetylmorfina, ciclozina, codeina, temazepam, nitrazepam, fenobarbitale, amobarbitale, propoxyphene, metadone, nalbufina, petedina, pentazocina, buprenorfina, destromoramide, chlormetiazolo. Le strade schiumano di droghe contro il dolore e l’infelicità e noi le prendavamo tutte. Ci saremmo sparati la vitamina C se fosse stata illegale”. Capito? E non mi dite che non vi siete mai trovati in una situazione del genere, fuori di testa e fatti come bisce, perché non vi credo, specialmente chi di voi ha vissuto delle situazioni in cui… crescita e parametro della vostra sanità mentale, rispetto al mondo che vi circonda, era in pericolo. Ogni tanto, quando hai i cazzi con la “C” maiuscola, esperienze del genere (qualsiasi sia la droga da voi preferita: aperitivi, amari Negroni e discoteche comprese), se non ti ammazzano ti fanno perlomeno pensare. Ma questa, insieme alla mia addiction da cocaina e crack-cocaine (’88-’98) in quel di Hollywood, è un’altra storia.
Ritornando al film, il resto del cast include il violentissimo-psicopatico Begbie, interpretato da Robert Carlyle, il mite e dolce Spud-Ewen Bremner nasone simpatico, Sick Boy-Jonny Lee Miller con solo tre priorità nella vita: figa, droga e Sean Connery; una bellissima e “lolita” Kelly Macdonald scolaretta precoce; nonché Peter Mullan-Swanney-Madre Superiora, l’anello più importante in ogni storia di droga: il pusher d’eroina. Vent’anni dopo ecco l’attesissimo T2, con una nuova storia, ispirato vagamente a Porno, il romanzo successivo di Welsh scritto nel 2002, e che riunisce tutti i sopravvissuti del primo film. Potevamo noi di Rolling Stone mancare all’appuntamento cinematografico dell’anno? Fuck no! Ed allora eccoci con Ewan McGregor, che ci ha raccontato qualche segreto sul nuovo film, e Sick Boy-Jonny Lee Miller (famoso pure per la serie tv Elementary, in cui interpreta Sherlock Holmes, oltre a essere l’ex primo marito di Angelina Jolie), con cui mi sono seduto faccia a faccia in un gelido pomeriggio newyorkese. Ricordando l’exploit del primo film, Ewan confessa che «nessuno si aspettava un successo del genere», ma poi riflette e aggiunge: «In realtà forse non c’era da stupirsi così tanto: il romanzo aveva avuto un successo incredibile, la sceneggiatura di John Hodge era un capolavoro… E poi la scelta del cast, la musica, Danny come regista, erano tutti elementi che hanno reso il prodotto finale una combinazione pazzesca, soprattutto tenendo conto che era un piccolo film indipendente».
Nel nuovo film Renton è ancora un “rovinato”, anche se ha smesso di farsi di eroina. Ha cambiato addiction, fitness invece che eroina
Ewan McGregor
Naturale chiederci perché aspettare 20 anni per girare il sequel. «Innanzitutto Porno è stato scritto nove anni dopo Trainspotting», spiega McGregor, «quindi prima di iniziare le trattative per un altro film ci sono voluti anni. Dopo che John Hodge ha scritto T2, ci siamo resi conto che non era solo un sequel, ma un altro film straordinario». E qui scatta la curiosità di sapere tutto su come Boyle li abbia riagganciati: «Danny ci ha chiesto di incontrarci a Londra, all’Union Club di Soho. C’eravamo tutti, compreso il produttore Andrew MacDonald, mancava solo Jonny, che girava il suo sanguinolento show a New York. Abbiamo letto la sceneggiatura ad alta voce, con Hodge che commentava eventuali modifiche. Sin dal primo giorno abbiamo accettato tutti on the spot».
E dal suo personaggio cosa dobbiamo aspettarci? Ewan non si fa pregare: «Nel nuovo film Renton è ancora un “rovinato”, anche se ha smesso di farsi di eroina. Ha cambiato addiction, fitness invece che eroina. Renton è stato operato al cuore e questa esperienza gli ha stravolto la vita, facendolo finire in una crisi di mezza età. Fortunatamente non ho mai avuto un problema simile, ma posso capire come uno spavento del genere possa farti rivalutare tutto quello che hai e che sei». Vent’anni comunque non sono pochi: riuscirà T2 a ripetere la coolness del primo? «Se Trainspotting è un film iconico è perché, nonostante problemi e disoccupazione di quel periodo, il Regno Unito negli anni ’90 era un posto fucking cool. Non so se T2 riuscirà a ricreare quel tipo di atmosfera, a far sentire le stesse emozioni che abbiamo provato 20 anni fa. I nostri protagonisti vivono le emozioni del passato, forse si rendono conto che facendosi di droga hanno perso qualcosa della bellezza di essere giovani e spensierati, forse non è ancora troppo tardi per choose life, che poi è il motto del film: scegliete la vita».
Stacco. A dimostrazione che 20 anni possono essere tanti o pochissimi, mi ritrovo nella suite del Mandarin Hotel a NY con Jonny Lee Miller- Sick Boy, e… niente, mi sembra ieri. Sempre biondissimamente platinato, stessi occhi spiritati, però capelli più radi e rughe che solo l’età sa scavare. Emozionato io? Sì. Teso? Sì. Felice? Fuck yeah, felicissimo. Non vedo l’ora.
Raccontami quando e come hai saputo che Danny Boyle voleva fare T2.
Danny mi ha spedito una cartolina, ero a NY, stavo girando Elementary. Non mi ricordo che tipo di cartolina fosse o da dove venisse, ma ricordo perfettamente che diceva: “I’ve got the money. Be ready”. Aveva trovato i soldi, voleva che mi tenessi pronto, mi avrebbe spedito la sceneggiatura!
Qual è stata la tua prima reazione quando l’hai letta?
L’ho letta con una certa apprensione, avevo paura che non fosse all’altezza del primo film e di entrambi i libri, ma in realtà sono rimasto sorpreso da quanto fosse toccante e commovente. Era geniale! Nessuno di noi avrebbe accettato, se la storia non fosse stata fantastica, ma dopo le prime pagine sapevamo che era arrivato il momento di fare il film, impossibile dire no.
Sick Boy è sempre stato cool, ma adesso non lo è più. Non è maturato per nulla, pensa di essere furbo ma è disperato
Jonny Lee Miller
Che storia raccontate questa volta?
Beh, sono passati 20 anni, siamo tutti molto diversi. Nel primo film non c’era veramente una storia, non aveva un plot. Erano vicende di un gruppo di amici che interagivano tra loro e alla fine cercano di fare dei soldi vendendo droga. Là erano un gruppo, ora sono uomini indipendenti, quattro individui che si ritrovano e che hanno diversi stili di vita, mentalità che riflettono il passare del tempo, anche se le azioni che commettono finiscono per influenzare la vita degli altri.
Com’è Sick Boy 20 anni dopo?
Sick Boy è sempre stato cool, ma adesso non lo è più, non si è sviluppato molto come persona, è sempre in mezzo a situazioni difficili da cui non sa come uscire. Emotivamente non è maturato per nulla, pensa di essere furbo ma è abbastanza disperato. È divertente da interpretare perché è molto diverso da me, non sono mai stato cool, sono sensibile e impacciato.
Secondo te, perché il primo film è diventato un cult movie?
Era un film che parlava di ribellione, di rabbia nei confronti di una società conservativa, era bello vedere qualcuno che non stava alle regole, ti faceva il dito e ti mandava affanculo. Visivamente e musicalmente è ancora molto attuale, e poi i personaggi erano divertenti. Difficile ricreare la stessa combinazione vincente. Invece, T2 è più riflessivo, si traggono le conclusioni, tratta di amore, perdita, successi e fallimenti, di quello che si ha e di quello che ci è rimasto.
Trainspotting era stato criticato perché in qualche modo glorificava l’uso di droghe. Quanto sono presenti le droghe nel nuovo film?
Se ne parla, ma questo film non c’entra niente con il primo. Sick Boy si fa di coca, ma Danny in T2 è stato molto chiaro e onesto sin dall’inizio. Il suo interesse era di far dialogare questi personaggi che si sono persi di vista per tutto questo tempo, e intanto si svelano verità e segreti, che determinano il ritmo del film, sia come commedia che come dramma. In Trainspotting Danny voleva mostrare al pubblico perché la gente finisce per farsi di droga, ma soprattutto voleva mostrare le conseguenze del problema raccontando una storia, non in un modo documentaristico. Vedi, quando si trattano argomenti scomodi a molti, le polemiche sono inevitabili.
Quant’è cambiato Danny Boyle come regista?
È molto più interessato ad ascoltare le nostre opinioni di attori. Grazie a lui abbiamo tutti avuto delle carriere di successo, e ha capito che può fidarsi dei nostri suggerimenti, della nostra esperienza. Per il resto è rimasto uguale, è sempre un visionario, alla ricerca della perfezione assoluta, per lui le emozioni sono molto più importanti delle inquadrature. Ha un’energia incredibile e la stessa attenzione ai minimi dettagli che ha sempre avuto. Rispetto molto il suo lavoro, è geniale.
Vi ha chiesto di prepararvi su qualcosa in particolare?
Purtoppo questa volta non abbiamo avuto molto tempo per prepararci come avremmo voluto. Danny ha voluto leggere la sceneggiatura con ognuno di noi, è venuto a New York da me, è andato a Los Angeles da Ewan, in Canada da Robert. Poi ci ha dato una lista di film da guardare, gli piace guardare altri film che hanno una rilevanza con la storia che stiamo raccontando. Abbiamo visto Lo Spaccone con Paul Newman, perché abbiamo una scena di un biliardo. Io mi sono rivisto Bonnie & Clyde, di Arthur Penn, mentre per il primo film, avevamo guardato tutti Il buio si avvicina di Kathryn Bigelow, film d’autore sui vampiri, un horror all’avanguardia.
La colonna sonora è importantissima nel primo film. E in questo?
Danny ama la musica. Per lui è importante come un attore. Con Trainspotting siamo stati fortunati, perché Danny aveva lavorato con i Leftfield nel suo primo film Piccoli omicidi tra amici, che a loro volta hanno coinvolto vari musicisti, tra cui i New Order, per farsi dare la musica praticamente gratis, che altrimenti sarebbe costata più del film! Sia nel libro che nel film si fa riferimento a musicisti iconici come Iggy Pop, Lou Reed, David Bowie. So che Irvine conosceva Jarvis Cocker e i Primal Scream erano amici di Damon Albarn. In T2 c’è sempre Rick Smith degli Underworld, che ha scritto alcuni pezzi ed è anche il supervisore musicale del film. Per me è un genio. Come nel primo, c’è musica nuova e vecchia e come sempre il gusto musicale di Danny è impeccabile. Questa volta ha fatto molta attenzione alle liriche delle canzoni, sono molto appropriate alle situazioni dei nostri personaggi.
Com’è stato ritornare a girare a Edimburgo, visto che adesso siete tutti famosi?
Eravamo seguiti dai paparazzi! Colpa di Ewan che è diventato una superstar. Danny lo prendeva per il culo dicendo che non stava girando Guerre Stellari! Abbiamo scoperto che abbiamo un sacco di fan che erano bambini quando è uscito il primo film! Deprimente rendersi conto che sono davvero passati 20 anni. Questa è la prova che è ancora un buon film perché resiste alla prova del tempo.
Ultima domanda… Ma i soldi che ha rubato Rent, li rivedete?
(Ride). Next question, please, un’altra domanda….