Terry Gilliam è un “gigante”. Un pezzo di storia del cinema. Un genio. Un pazzo. O più semplicemente – come dice lui – «un cretino». Regista, scrittore, raccontastorie, menestrello senza chitarra, comico («ma con una memoria pessima per le battute»), artista sempre fuori dagli schemi. Fuck the system e fuck tutto il resto, insomma. A Ischia, dove lo incontriamo un giorno di fine luglio, sembra essere nel suo elemento naturale. Parla, racconta, ricorda, e ovviamente scherza. Su qualunque cosa. Improvvisa per il fotografo, si lascia sedurre dalla brezza marina dell’isola, e poi va dai suoi fan per un autografo e una foto.
Mastica un po’ di italiano e ogni tanto, rigirandosi una parola tra i denti, ci gioca. «Venticiello», dice. E ride. «Venticello», si corregge. E poi ride, un’altra volta. Gli occhi incredibilmente vivi, le mani macchiate dall’età. Si libera dai sandali appena può, abbandonandosi contro lo schienale della sedia. Allunga le gambe, le piega, le allunga di nuovo. Non si ferma mai. All’improvviso lo fa, diventando una statua di sale. Sembra un condottiero che si riposa dopo una lunga battaglia. L’ultima, per il momento, della sua lunga carriera, entrata nella leggenda con i Monty Python, si chiama L’uomo che uccise Don Chisciotte, che sarà nelle sale a settembre.
RS La “maledizione” del film è storia nota, per completarlo ci sono voluti 20 anni. Quando hai pensato per la prima volta “ok, ce l’abbiamo fatta”?
GILLIAM Quando abbiamo finito le riprese, rispettando la tabella di marcia. Quello è stato il momento del “voilà!”. Solo che poi ho rivisto il lavoro di tutti quei mesi messo insieme e rimontato, un enorme taglia-e-cuci, e il risultato finale era, credimi, orribile.
RS E allora cosa avete fatto?
GILLIAM Abbiamo fatto un passo indietro e siamo tornati in sala di montaggio. Così il film è tornato a nuova vita, e ho iniziato a farlo vedere alle persone che conoscevo. Poi ci sono state delle piccole proiezioni, e tutti sembravano entusiasti. E io ho pensato: “fantastico, allora è un buon film!”. Ero molto preoccupato dalle persone che avevano visto il documentario sull’incredibile dietro le quinte della pellicola, temevo che le loro aspettative fossero diventate troppo grandi. E pensavo che forse L’uomo che uccise Don Chisciotte non sarebbe stato abbastanza per loro. Ma dopo un po’, dopo averci lavorato così a lungo, ti dici anche un’altra cosa.
RS Che cosa?
GILLIAM Fuck them! Non mi importa quello che pensano. Tutto quello che volevo fare era un film. “Dimenticati della storia”, mi sono detto. “Dimenticati di qualunque altra cosa. Concentrati sul film, e solo allora, solo in quel preciso istante, lo saprai: è un buon film”.
RS Ti senti più vicino a Don Chisciotte o a Sancho Panza?
GILLIAM A entrambi. Io sono schizofrenico (Ride). Se vuoi raccontare Don Chisciotte, come filmmaker, devi raccontare anche Sancho. E viceversa. Nella vita devi avere i tuoi sogni, conservarli, difenderli, ma essere anche pratico. È una battaglia continua tra due opposti, tra due modi di vedere le cose e di essere se stessi.
RS E i mulini a vento, invece, chi sono?
GILLIAM I mulini a vento sono qualunque cosa si metta in mezzo tra te e il tuo obiettivo. Nel nostro caso, erano tutti i problemi che ci impedivano di girare. All’inizio i mulini a vento erano i soldi. Da quando Johnny Depp ha lasciato la prima versione del film, si sono alternati qualcosa come quattro o cinque produttori. Ho lavorato per più di un anno per mettere a posto le cose, per trovare un altro cast. Quindi alla fine, se vuoi, il vero mulino a vento è diventato lo stesso film.
RS Cosa significa oggi essere un filmmaker?
GILLIAM Non lo so. Non credo che ci sia un vero significato dietro a questo mestiere, credo piuttosto che ci sia una responsabilità. Provare a creare una realtà diversa, immaginifica, è una responsabilità. Raccontare storie lo è. Credere in un film, e rifugiarsi al suo interno, lo è. Nessuno ti dice come si fa, là fuori. Io non sono ancora sicuro di come si faccia (Ride). Penso che i film siano una lezione importante, potente, da cui tutti alla fine possiamo imparare qualcosa.
RS Uno dei temi presenti in L’uomo che uccise Don Chisciotte sono i rischi che a volte si celano nel making of dei film.
GILLIAM Viviamo in tempi particolari, in cui tutti guardano i film sui supereroi. Siamo diventati questo? Così impotenti, deboli e piccoli che solo i supereroi possono cambiare il mondo? Mi preoccupa. Perché è importante trovare un equilibrio tra intrattenimento e contenuto, per permettere allo spettatore di farsi un’idea. Ma oggi è sempre più difficile. I soldi sono sempre di meno, e la società è sempre più divisa. Ci sono quelli poveri e quelli ricchissimi, non c’è più una via di mezzo.
RS Forse i cinecomic funzionano così bene perché sentiamo di avere bisogno di eroi.
GILLIAM E sarà anche così, ma a me piacciono quelli dei western. Perché sono persone vere. Forse sparano meglio di quanto possa fare io, ma restano esseri umani. In carne e ossa. I supereroi, invece, appartengono a un altro universo, dove non ci sono le leggi che conosciamo, dove la realtà non ha lo stesso significato che ha per noi. Dover essere un supereroe per poter ottenere qualunque cosa mi infastidisce moltissimo.
Terry Gilliam quasi ringhia le ultime parole – “mi infastidisce moltissimo” – , e per un mo- mento si fa serio, guardando dritto davanti a sé, pensando a chissà cosa.
RS Cosa ricordi dei primi tempi con i Monty Python?
GILLIAM La libertà. Ne avevamo molta di più. Lavoravamo per la BBC, allora c’erano solo tre canali e nessuno ci diceva cosa potevamo fare. Nessuno pensava in termini di mercato. Eravamo sei persone talentuose, ci rispetta- vamo e ci volevamo bene, e litigavamo tutto il tempo. Ma avevamo la libertà. La libertà di essere quello che volevamo essere fino in fondo. C’è una bella differenza con il mondo in cui viviamo oggi.
RS In che mondo viviamo oggi?
GILLIAM Non lo so. Non ho più nessuna risposta da dare, ormai. Posso vedere quello che il mondo è diventato, ma non riesco più a sentirlo nel profondo. Con Netflix e Amazon abbiamo troppe cose da guardare. Non riusciamo più a concentrarci. E invece sarebbe importantissimo farlo. Quando facevamo lo show dei Monty Phyton, una volta a settimana, il giorno dopo tutti ne parlavano.
RS Bene o male?
GILLIAM Bene, male, criticandolo o apprezzandolo. Non è questo il punto. Il punto è che allora c’era una conversazione, mentre oggi non c’è più. Oggi si parla di Netflix e dei suoi show: “L’hai visto?”. “No, non l’ho visto, ma lo vedrò!”. E così via. Se c’è consapevolezza delle proprie scelte, allora c’è forza. Perché se ne può discutere. Oggi non c’è più spazio, né tempo per la complessità.
RS Con quale risultato, secondo te?
GILLIAM Che stiamo diventando sempre più infantili. La gente non pensa più. Ha paura di farlo, perché nessuno vuole offendere nessuno. Parlo dei “givers” e dei “takers”, di quelli che danno e di quelli che ricevono le offese. Ci sono quelli che se la prendono, e quelli che offendono. Io sono uno di quelli che offende (Ride). Sono un cretino, lo so… Ma ho parlato con le mie figlie, ho scoperto che loro evitano di usare certe parole perché hanno paura di quello che poi potrebbe succedere. Non parlano con il cuore, parlano pensando prima cosa possono dire senza offendere questo o quest’altro gruppo di persone. E questo non è il modo giusto, secondo me, di esprimersi.
RS Dice Ricky Gervais che si può scherzare su qualunque cosa, se lo si fa nel modo giusto.
GILLIAM Sono d’accordo. Non ci dovrebbe essere nulla su cui non si può scherzare. Ma oggi il clima è un altro, ed è molto pericoloso. La forza di una società sta anche nella sua capacità di saper ridere di tutto. Ridere significa anche rispettare le cose. Perché non è certo una battuta che le distrugge, o le sminuisce. Ma la gente ora ha paura.
RS Paura di chi è diverso?
GILLIAM Ma io adoro quelli diversi. Non devo essere per forza d’accordo con loro, ma sono contento che ci siano. La varietà è importante. Viviamo in un’epoca in cui abbiamo tantissime possibilità per comunicare. Ma la comunicazione non è migliorata. Perché oggi la gente reagisce. Bene e male. Fa solo questo: sì o no, bianco o nero, sono d’accordo o non sono d’accordo. E non fa bene a nessuno.
RS Colpa della Rete?
GILLIAM Con i social media non parli come stiamo parlando noi adesso, uno di fronte all’altro, occhi negli occhi: lì ti nascondi. Dietro una foto, un’immagine, dietro un avatar. E questo non è comunicare. Comunicare significa vedersi, sentirsi, significa che io posso vedere quello che stai facendo con le mani, come le muovi, come stai seduto.
RS A un certo punto, anni fa, hai deciso di rinnegare la cittadinanza americana. Perché?
GILLIAM Avevo vissuto nel Regno Unito per quarant’anni. E quando George W. Bush è stato rieletto, mi sono detto “vaffanculo! Che cazzata, le persone che l’hanno rivotato saranno quelle che soffriranno di più per la sua politica economica. Questo Paese è idiota, e io non voglio continuare a pagare le tasse per comprare bombe”.
RS Oggi il presidente è Donald Trump.
GILLIAM E la situazione è molto più confusa. Le persone sono conservatrici, e Trump sta alzando nuovamente la spesa militare. Ma qual è il nemico? Perché continuiamo ad armarci? Trump sembra un mago. Un illusionista. Con una mano fa una cosa, con l’altra ne fa un’altra. Ha nominato persone impensabili nei vari dipartimenti. Il responsabile di quello dell’ambiente, per esempio, non crede nel riscaldamento globale. Non ci crede, rendiamoci conto. Oggi la Corte Suprema è più a destra che mai.
RS E della figura del presidente, che ci dici?
GILLIAM È assurdo e pericoloso. Penso al suo rapporto con Putin, al loro incontro a Helsinki. Loro due da soli, senza consiglieri: chi lo sa di che cosa hanno parlato. Poi Trump è venuto fuori, ha fatto una conferenza stampa e ha detto che si fida di Putin più di quanto si fidi del suo FBI. Il giorno dopo ha ritrattato. Fa così ogni volta. Trump dirà qualunque cosa gli serva per avere l’attenzione su di sé, per monopolizzarla. È come un bambino. Un bambino narcisista.
RS Ti sei informato sulla situazione dell’Italia, prima di venire qua?
GILLIAM Parli di Salvini? Oh, lui è bravo (Ride). Nel Regno Unito abbiamo la Brexit, Salvini qui vuole solo gli italiani. La rottura dell’Europa è una cosa terribile. Ci separa. Ci divide. Oggi la politica nazionalista vince, perché le persone vogliono essere rassicurate. Gli italiani non vogliono essere governati da altri, né invasi. Ma sono tutte stronzate. Dovremmo avere delle persone responsabili al governo, non queste. Il populismo è stupido, idiota.
RS Fare satira, adesso, è quasi impossibile.
GILLIAM Come fai a fare battute su una situazione così surreale? Forse l’unico modo è essere ancora più assurdi di quello che sta succedendo. Ma più passa il tempo, meno possibilità ci sono. Anche per questo ultimamente ho detto certe cose, come quella dell’essere una lesbica di colore. La stampa oggi è concentrata solo su una cosa. Non va oltre. Non ascolta altro. Non si discute più.
RS Qual è il compito della comicità?
GILLIAM La comicità migliore è quella che riesce a mostrare la verità. La maggior parte dei comici che conosco cercano di evitare le fesserie e di andare dritti al punto, al nocciolo della realtà. La comicità è sempre stata questo. Ma se viene censurata e limitata, è un male. E non solo per chi la fa, per tutti. Quando sono andato al college, scherzavo su Dio tutto il tempo, e le persone della Chiesa si offendevano. Allora io rispondevo: “Se Dio è così potente, sono sicuro che potrà sopravvivere a un paio di stupide battute”. Come fai a credere nell’esistenza di qualcosa, se non la metti mai in dubbio?
RS Qual è la cosa che ti diverte di più al mondo?
GILLIAM Quando ero più giovane era Mel Brooks e il suo Uomo di duemila anni: era la cosa più divertente e oltraggiosa che ci fosse. L’ironia degli ebrei credo sia ancora una delle migliori, perché parla di cose cosmiche, dell’uomo e di Dio. Quello sketch era semplicemente incredibile. Mi ha sempre colpito, sempre. Dalla prima volta che l’ho visto è rimasto proprio qui (Si picchietta la fronte con un dito, nda). Nella mia testa.