Peter Ustinov diceva che “la commedia è semplicemente un modo divertente di essere seri”. E la questione cha affronta Torna a casa, Jimi!, opera prima del cipriota Marios Piperides (al cinema dal 18 aprile), è serissima: il paradosso dei confini, l’urgenza di un orizzonte pacifico. E il regista sottolinea le assurdità della politica attraverso una commedia dal tocco leggero, che racconta qualcosa di molto comune: la vicenda di un cane che scappa dal padrone. Solo che, se accade a Cipro, è tutta un’altra storia.
Nicosia è l’ultima capitale spaccata in due del pianeta. Nessun animale, pianta o prodotto può essere trasferito dal settore greco a quello turco. E (ovviamente) viceversa. Quando il cane, che si chiama Jimi Hendrix, oltrepassa accidentalmente il check point e la zona cuscinetto dell’ONU, il suo proprietario Yiannis (Adam Bousdoukos, protagonista del cult Soul Kitchen di Fatih Akin) si trova davanti a un surreale meccanismo diplomatico e burocratico per recuperarlo.
«Quello di Cipro è un problema che vivo da sempre» racconta Marios mentre prendiamo un aperitivo in giardino a Milano (magari fossero tutte così rilassate e piacevoli le attività stampa). «Una sera camminavo con alcuni amici nella parte vecchia di Nicosia, volevamo passare dall’altra parte, ma ci è stato detto che non potevamo perché c’era un cane con noi e non avremmo potuto riportarlo indietro». All’inizio Piperides pensava di trasformare l’accaduto in un corto low budget, «ma poi ho fatto ricerca e ci sono molte vicende simili a Cipro, così la storia è diventata sempre più complessa e si sono aggiunti un sacco di personaggi».
A sedersi con noi arriva anche il protagonista, Adam Bousdoukos: «Quando ho letto il copione me ne sono innamorato subito, era fantastico, facile da leggere. Ho chiamato Marios e gli ho detto: “Ok, facciamolo!”. Adam è nato ad Amburgo ma ha origini greche: «Sono nato nel 1974, all’inizio della guerra a Cipro. I miei genitori mi hanno raccontato di aver lasciato la Grecia quando è iniziato tutto, mia madre voleva tornare in Germania perché era più sicuro. Sono cresciuto ben consapevole del conflitto greco-turco, forse non l’ho mai capito a fondo, ma prima di iniziare a girare ho parlato molto con Marios della situazione, altrimenti non avrei potuto costruire il mio personaggio».
Yiannis è un greco-cipriota, un rockettaro, un sognatore che vuole fare sempre le cose a modo suo: «Non gli interessa tanto cercare una soluzione al problema di Cipro, perché deve trovare una soluzione ai suoi, di guai», spiega Adam, «Per questo vuole lasciare l’isola ma, a causa di tutto quello che succede, deve rimanere e affrontare i suoi problemi». Anche lo stesso Bousdoukos è un musicista e nel film canta un brano che ha scritto con la sua band tedesca, gli Amane: «Cercavamo una canzone per quella scena, non avevamo nulla e Adam mi ha proposto di ascoltare quel pezzo. Era perfetto! Le parole, la melodia…», racconta il regista.
Come si può immaginare, gestire un set di questo tipo a Cipro non è stato semplice: «Le riprese sono durate 40 giorni, ma ci sono stati tanti momenti stressanti, avevamo diverse restrizioni: per girare vicino alla zona cuscinetto, oppure oltre il check-point, servivano permessi dalla polizia, dall’esercito, dalle Nazioni Unite». E non è stato facile nemmeno lavorare con il terzo protagonista del film, oltre a Yiannis e all’isola: l’adorabile Jimi. «Quando hai i tempi stretti, diciamo due ore per finire una sequenza, e lui non fa quello che dovrebbe fare…», ride il regista, «è estenuante, perché senza il cane non esiste il film. E poi alcune persone della crew avevano impegni a teatro magari in Germania o in Olanda, se la schedule fosse cambiata sarebbe stato un disastro. Ma abbiamo lavorato bene, discusso le scene ogni giorno, fatto cambiamenti sul momento».
«In pratica siamo stati sull’isola un paio di mesi in tutto», aggiunge Adam, «faceva caldissimo — parliamo di 42 o 43 gradi —, era pesante lavorare sotto il sole. E io correvo, correvo sempre, quasi in ogni sequenza. Poi la mia famiglia era in Germania, potevo parlare con loro solo tramite FaceTime».
Il film è già stato premiato al Tribeca e applauditissimo a diversi festival in giro per il mondo, ma il momento della verità per Marios e Adam è la presentazione a Cipro. Quando li incontro mancano un paio di giorni: «Proiettarlo sull’isola è un’altra cosa, il tema è delicatissimo. Le persone ne stanno già parlando: alcuni supportano il film anche se non l’hanno ancora visto, altri non ne vogliono sentire parlare, vedremo come reagiranno» sorride il regista.
Torna a casa, Jimi! è una commedia molto godibile sì, ma è anche più acuta di tanti filmoni che nascono con il deliberato scopo di essere importanti. Nella sua spensieratezza, riesce a rendere tangibile in modo comico e delicato lo spettro di una politica grottesca, di una situazione quotidiana assurda. E lo fa in modo leggero, delizioso e anche tenero, ma sempre puntuale con una bellissima colonna sonora del greco Kostantis Papakonstantinou e i Gogol Bordello in chiusura con Through the Roof’ ‘n’ Underground. E niente paura se non sapete nulla della storia di Cipro, dell’invasione turca ecc., perché Piperides contestualizza tutto attraverso un flusso di notizie alla tv o alla radio sullo sfondo, per spiegare le tensioni, il senso di identità compromesso e la delusione dei personaggi.
Il messaggio del film è forte e chiaro: «Dobbiamo conoscere gli altri per capire da dove vengono, non dobbiamo chiuderci e innalzare muri per proteggere noi stessi», afferma Marios. «Costruiamo queste prigioni per sentirci più sicuri, ma non hanno mai aiutato in passato e non lo faranno in futuro. Nelle zone in conflitto bisogna educare, anziché puntare il dito contro quello che gli altri hanno fatto di male, bisogna ammettere i propri di errori». Credi che questo film possa insegnare qualcosa agli USA, all’Europa e all’Italia? «Non so se possa insegnare o cambiare qualcosa dal punto di vista pratico, ma sicuramente può stimolare al confronto e a vedere le cose da una prospettiva diversa. Poi sta ai politici, anche se è ovvio che sono le persone a votarli. Bisogna avere una mentalità aperta».