Lo ha amato pressoché chiunque nel format di Amazon Prime Video LOL – Chi ride è fuori, poi è stato protagonista del Concertone del Primo Maggio. Momento d’oro per Lillo, che, con il compagno professionale di una vita, Greg, è al lavoro dietro la macchina da presa (oltre che davanti) dopo la commedia fantascientifica DNA – Decisamente non adatti. Della nuova pellicola, però, non può dirci troppo: «È il nostro secondo film come registi insieme a Eros Puglielli. Inizieremo a girare a giugno. L’unica cosa che posso dire è che parleremo di come gli uomini si rapportano alle donne». Nel frattempo ha girato Tutti per Uma, commedia formato famiglia dall’impianto favolistico (nei cinema dal 2 giugno) che è, al contempo, l’opera prima di Susy Laude, regista teatrale e attrice di talento vista in lungometraggi come Il giorno + bello, Beata ignoranza e Se mi vuoi bene. Tutto ruota attorno a un nucleo famigliare sui generis formato da soli maschi. L’arrivo della misteriosa Uma è destinato, quindi, a sparigliare le carte della normalità quotidiana.
Qual è il tuo ruolo in Tutti per Uma?
Il mio personaggio è simile a me nella vita: un immaturo un po’ nerd che continua a cercare di diventare uno youtuber, nonostante l’età.
Cosa ti ha spinto ad accettare?
Susy Laude è un’attrice straordinaria, conosco il suo gusto e, in passato, ha fatto corti molto carini. Ama la favola, il surreale, segue direzioni narrative che collimano con le mie. Mi è piaciuto l’impianto fiabesco e partecipo volentieri alle opere prime dei registi di talento.
La pellicola arriva dopo il mega successo di LOL – Chi ride è fuori. Ve lo aspettavate tutto questo clamore?
A questo livello no, ma ci eravamo resi conto che sarebbe venuta una cosa divertente: erano andate vie certe sovrastrutture, con le telecamere nascoste ci si scorda di essere ripresi ed esce fuori un po’ di verità. Che poi è l’elemento che ha funzionato. L’aspetto vincente è stata proprio la sensazione di partecipare a una riunione tra amici che cazzeggiano, un qualcosa che ci era mancato da troppo tempo. Quel tipo di riprese, stile reality, ha fatto sentire lo spettatore al centro delle dinamiche.
Come mai non hai partecipato con Greg?
Lo hanno chiesto a me, perché sono molto caciarone ed espansivo, mentre Greg è più riflessivo. Lui è un comico e un attore straordinario, e se glielo avessero proposto sarei stato ben contento: avere Greg vicino sarebbe stata una certezza.
Avete preso accordi su quello che avreste fatto nel format?
Minimi. Li abbiamo presi dove c’era del lavoro da fare prima, come per Posaman, perché hanno dovuto costruire il costume. Gli autori ci hanno solo detto di fare quello che volevamo e divertirci. L’ho vissuto come un gioco, non come uno show. Non ho fatto nulla dei miei spettacoli, ma una citazione del Mago Lioz, perché sono fan dei suoi numeri: l’ho usato come arma per fare ridere gli altri. Non c’era il bisogno di fare vedere quanto si era bravi.
Sul web hanno puntato il dito perché alcuni sketch – come quello di Lioz e idee come Elio vestito da Gioconda – erano presenti anche nelle edizioni estere dello show.
Sono casualità pazzesche. Non siamo stati avvisati dagli autori di fare una cosa perché aveva funzionato in un’altra edizione. Elio non avrebbe mai fatto una cosa fatta da qualcun altro. Non è nel suo Dna.
Aldo Grasso non ha speso buone parole per il format.
Forse non è stato percepito il fatto che non fosse una gara di umorismo, ma un gioco. Se con Greg ho sempre scritto cose il più originali possibili, in questa occasione non aveva senso. In LOL ha senso uno che ti fa la trombetta vicino all’orecchio e ti fa ridere, invece di un pezzo di alta comicità. Bisogna viverlo così, e la gente a cui è piaciuto l’ha vissuto con quel mood lì. Chi non l’ha apprezzato, forse, non ha colto questo spirito. Non sono d’accordo, però, per il termine “comicità puerile” con cui Grasso definisce il programma.
Come mai?
Ho sempre sostenuto che Oscar Wilde quando si vedeva con i suoi amici al bar non parlasse per aforismi: quelli li scriveva.
Capito. Posaman diventerà un film, una serie, un fumetto? Avrà un seguito?
Avrei difficoltà a inserire Posaman in un film o una lunga serialità. Sarebbe bello vederlo in una pellicola in cui ci sono tanti supereroi che si fanno il mazzo per sconfiggere i villain e lui, sullo sfondo, fa le pose per dare un contributo estetico. Amo Posaman, sono contento abbia divertito il pubblico, come avrebbe divertito me se non lo avessi inventato.
Quindi niente serial?
Sarebbe più adatto Normal Man, uno che parte svantaggiato perché acquisisce i superpoteri ed è cento volte più forte, cento volte più agile, ma anche cento volte più stupido di un uomo normale. E quindi come azioni aiuta a parcheggiare o cambiare i soldi. Posaman potrebbe essere il suo Robin.
Da fumettista e fumettaro, che stai leggendo ultimamente?
Ho una lettura più diretta al disegno dei grandi maestri Marvel e DC. Sfoglio spesso la mia collezione di Spider-Man e di Zagor. Mi piace molto Zerocalcare perché, oltre ai testi, ha un bellissimo tratto. Poi sono appassionato di Rat-Man di Leo Ortolani.
Hai visto i serial ispirati ai fumetti degni di nota?
Sono impazzito per The Boys, la cosa più bella uscita sui supereroi ultimamente. Un’altra bellissima serie è stata Daredevil, personaggio che amo molto. Tra l’altro sto rileggendo le storie disegnate da Gene Colan, che realizzò un ciclo strepitoso sul diavolo di Hell’s Kitchen. Matt Murdock è un personaggio bellissimo e ha un costume pazzesco.
Passiamo all’affaire Primo Maggio. Cos’è successo?
Mi hanno semplicemente passato Fedez, al telefono, e quello che ho detto è stata la stessa cosa dichiarata alla stampa. Sul palco del Primo Maggio la libertà di pensiero è sacra, soprattutto se si parla di diritti civili e di lavoro. Sono cose che travalicano i partiti, esiste solo l’umanità. I diritti civili sono talmente importanti che, se uno ha qualcosa da dire, deve farlo. Quando mi hanno passato Fedez, il problema non riguardava me, io ero intento a capire cosa dovevo fare con gli altri due autori. Poi sono andato via per fare le prove.
Hai dichiarato, però, che è stato sbagliato coinvolgere i conduttori. Come mai?
Per una questione di umore. Quando si crea una tensione, i conduttori devono presentare, lavorare ed essere alleggeriti a livello umorale, per avere lo spirito giusto. Era questa la preoccupazione.
Parliamo di musica, fai parte di due band: Latte e i suoi derivati e Lillo e i vagabondi. Perché un secondo gruppo?
Sono un grande appassionato di musica rock e ho creato Lillo e i vagabondi per suonare la chitarra. Tra l’altro abbiamo una cantante bravissima, Loredana Maiuri, che accompagno. Il gruppo ha la missione di fare conoscere alle nuove generazioni grandi band come i Green Day, i Ramones, gli AC/DC, i Deep Purple.
Un po’ come in School of Rock, in cui sei stato protagonista della versione teatrale…
Esatto. I ragazzi, che venivano tutti dall’Accademia Sistina e non conoscevano bene i gruppi rock, sono impazziti quando abbiamo studiato i brani di queste band che non sono mai datati, ma semplicemente meno conosciuti dalla nuova generazione. Con Lillo e i vagabondi, oltre al cazzeggio, c’è la voglia di divulgare questo genere di musica.
La comicità è cambiata dopo il Covid?
La gente ha voglia di leggerezza, abbiamo vissuto una tempesta psicologica tremenda e ridere è fondamentale. Bisogna essere empatici e diretti, motivo per cui LOL ha avuto successo. Questo non toglie che, dietro alla leggerezza, ci può essere un messaggio importante. C’è bisogno di immediatezza, la gente ha pensato troppo, in modo negativo.
Ora i comici sono tornati alla ribalta. Non può essere un boomerang come fu, dopo un po’, Zelig?
C’è la tendenza, che trovo sbagliata, di cavalcare l’onda di un successo fino a che non si esaurisce. La vera empatia che puoi trovare con il pubblico è dietro l’esperimento. LOL era un format diverso e pure rischioso, diventato di culto. Bisogna puntare su qualcosa di differente senza ricorrere a cloni. Altrimenti gli spettatori si stufano. Un prodotto non viene pensato come caso singolo. Se un film drammatico funziona non è perché funzionano i drammi, ma perché è una bella storia.
Con Greg avete in mente di tornare in tv come Telenauta ’69 o Bla bla bla?
Quando ce lo hanno permesso, abbiamo fatto le nostre cose e sono andate anche abbastanza bene. Poi la vita ci ha portato verso il teatro, il cinema e la radio con 610. Abbiamo dovuto fare rinunce, sacrificando la tv.
Avete anche lanciato un sacco di personaggi: Virginia Raffaele, Emanuela Fanelli, Valerio Lundini.
Virginia la scoprì Greg, a teatro, quando faceva parte del trio comico Due interi e un ridotto. La portammo in radio, visto che era cintura nera di voci, e da lì ci siamo innamorati a vicenda, professionalmente parlando, inserendola anche negli spettacoli che facevamo. Ovviamente è stata notata e ha preso la sua strada, ma le ho sempre detto che, essendo una fuoriclasse, era quello il suo destino. La Fanelli la scovò Corrado Guzzanti per la serie Dov’è Mario?, e subito dopo ha lavorato anche con noi. Valerio Lundini, invece, lo abbiamo forgiato: è autore a 610 e ci seguiva da quando aveva 13 anni.
C’è un progetto che vi piacerebbe portare in tv?
Ci piacerebbe fare una sitcom comica. Se dovessimo fare un programma, dovremmo trovare qualcosa di nuovo rispetto a quello che c’è in giro. Abbiamo bisogno di creare un mondo parallelo, con personaggi assurdi.