Trovarsi di fronte William Emerson Arnett è un po’ come stringere la mano a Gob di Arrested Development o a Devon Banks di 30 Rock, oppure all’agente Mike Waldrup de I Soprano. Quando poi comincia a parlare, basta chiudere gli occhi per ascoltare la voce di Horst di Ratatouille o del detective Gratman de I Simpson.
L’attore, scrittore e doppiatore canadese è una delle punte di diamante della piattaforma streaming Netflix, non solo grazie alla commedia animata BoJack Horseman (di cui è in arrivo una terza stagione), ma anche per la nuovissima serie Flaked, che andrà in onda dall’11 marzo.
Will, di cosa parla Bojack Horseman?
È una commedia che apparentemente racconta l’assurda natura di fama e successo, dell’ossessione per la celebrità; ad un livello più profondo, però, parla degli effetti che tutto questo produce sulla vita di una persona, che in realtà non è un essere umano ma un cavallo. Penso sia proprio questo dettaglio assurdo a permetterci di osservare la tragicità di quel che succede, pur mantenendo lo spirito della commedia.
Il cavallo protagonista è in realtà molto umano, con problemi umanissimi. Quali sono le sue caratteristiche positive e quali quelle negative?
Fa un sacco di cavolate, ma non è un sociopatico: prende decisioni sbagliate e ferisce le persone per ottenere successo. Il suo problema è che lo riconosce, lo comprende e questo è terribile per lui, gli porta un sacco di dolore. Ed è proprio qui che le persone si riconoscono in lui.
Alla fine della seconda stagione c’è un episodio in cui sta per realizzare il suo sogno di fare un film, ma poi decide di mollare la produzione per rivedere una donna di cui pensa di essere innamorato. Arriva vicinissimo al fare la scelta giusta ma poi finisce per sabotare se stesso, perché è quello che ha sempre fatto: è proprio lui il suo peggior nemico.
Flaked invece di cosa parla?
È la storia di Chip, un uomo che vive a Venice, in California, che è il luogo ideale per cercare di reinventare se stessi. Lui cerca di farlo, tenendo insieme tutte le bugie che ha inventato per crearsi un personaggio. L’idea che avevo era quella di raccontare il rapporto tra Chip e il suo miglior amico nella maniera più reale possibile, mostrando come due persone adulte di sesso maschile parlano e vivono le emozioni, senza per forza quell’alone “macho” del guardare le partite insieme o bere birre e ubriacarsi. È stato particolarmente difficile perché credo che le persone si aspettino tutt’altro da me. Lo show è stato presentato come una commedia pura, ma in realtà è molto più drammatico di qualsiasi cosa io abbia mai fatto nella mia carriera.
Come cambia la narrazione quando si lavora per un mezzo innovativo come Netflix?
In questo genere di format televisivo, che io ormai chiamo definitivamente “Netflix show”, hai la possibilità di raccontare una storia attraverso vari episodi, mentre in un film hai a disposizione soltanto quelle due ore. Il fatto di sapere che il pubblico guarderà il primo episodio, poi il secondo, e forse anche il terzo e quarto di fila, è un’informazione fondamentale per capire il modo in cui possiamo permetterci di snocciolare i fatti. La sceneggiatura di Flaked l’abbiamo scritta esclusivamente per Netflix, e se non fossero stati interessati ero preparato a lasciar cadere il progetto.
Secondo te perché ultimamente la gente vuole rivedere le vecchie serie del passato?
Non saprei. Dici che è davvero la gente che le vuole? Non ne ho idea, ero stupito anche dal fatto che ci fosse questo entusiasmo per il ritorno di Arrested Development.
Telefilm del passato che vorresti rivedere in onda?
Mi piacerebbe poter vedere di nuovo sugli schermi David Brent, il protagonista di The Office interpretato da Ricky Gervais: penso che la gente lo apprezzerebbe.