La busta choc, gli sferati, i caffeucci: c’è chi sa cosa sono e chi mente. Barbara D’Urso e il suo lessico televisivo hanno lasciato definitivamente Cologno Monzese dopo 15 anni. Una separazione, come abbiamo letto e straletto, non felicissima: «Il 28 giugno vengo a sapere che dopo 15 anni non ci sarò più», dice la conduttrice a Repubblica. «I modi sono inaccettabili. Mi hanno ferito profondamente: prendi questa decisione senza dirmi nulla e senza darmi la possibilità di salutare i miei spettatori. Non ho concordato niente, mi hanno lasciato a casa in pochi giorni». Niente che non segua le logiche dello showbiz, dove finché funzioni ci sei e poi, come direbbe La Rappresentante di Lista, «ciao ciao».
La fine di un’epoca, sì, stanno dicendo tutti pure questo, e con una tempistica mica male: il corpo di Silvio è ancora caldo e una delle sue protette storiche è fuori (dopo aver regalato il più bel frame dal funerale, mentre prega in Duomo in pizzo da vedova sicula). Pier Silvio però vuole una rete meno trash e con più informazione, e pare che al posto di B. arriverà Myrta Merlino. Ma a Mediaset arriva pure Bianca Berlinguer, su Rete 4. Dateci un pizzico, forte. Basterà questo a rendere Mediaset più intellettuale? (Lo chiediamo mentre viene confermata la nuova stagione della Pupa e il secchione.)
Il rapporto tra Mediaset e D’Urso si era in ogni caso logorato da un po’. In pochi anni i programmi di Barbara erano passati da quattro a settimana a tre, poi due, poi uno. Gli ascolti si abbassavano, il biscione tagliava i costi. Via il pubblico, via gli ospiti, gli studi sempre più piccoli. Fino a pochi anni fa le cose però erano diverse. Barbara D’Urso aveva costruito un modo di fare tv in cui gli spettatori erano tanti. Tanti da far paura ai concorrenti, a volte anche a Sanremo. Lei e lei soltanto unica mattatrice di un circo – parola non scelta a caso – fatto da desperados dei reality, personaggi vari che si sottoponevano alla macchina della verità «dell’Alabama», politici che si facevano sfidare da opinionisti che entravano in studio incappucciati, e poi cantanti di tempi che furono, attori, figli di, cugini, cognate, Ken umani e casi umani assortiti.
Da lei abbiamo visto persone che parlano con la Madonna, nuore di comici che rivendicavano la proprietà di Telegatti, infinite discussioni su Angela da Mondello, nipoti di Vianello alle prese con gli spiriti di Sandra e Raimondo, il Nina Moric-pensiero e tanto altro. Trash, sì, trashissimo. Roba che arrivava dai social e che Barbara faceva diventare tv. In mezzo lei, sempre, protagonista, a fare il bello e il cattivo tempo. Negli anni ha cacciato ospiti, chiuso collegamenti, litigato in diretta. Perché «io sono vera, io stiro, io sono come le casalinghe che mi guardano». E poi i selfie, l’amore per i figli, i proclami d’onestà verso il suo pubblico. E proprio come le casalinghe, Barbara ha portato tutto (e tutti) in tv. Anche un rosario recitato insieme a Matteo Salvini.
Ma con lei finisce veramente un modo di fare televisione? Chissà. In fondo niente finisce mai sul serio, bisogna aspettare il nuovo ciclo. Sul web leggiamo di grandi festeggiamenti, come se si fosse estirpata la radice del male. Sulle stesse reti rimangono ben saldi format dello stesso livello, che però vanno bene perché fanno share e un po’ perché sono guilty pleasure dell’intellighenzia. La televisione, rispetto a cinque anni fa, è cambiata tantissimo. La gente la guarda di meno, non ci sono più i soldi che c’erano prima e siamo così pieni di contenuto, dai telefoni al pc, che puzza già tutto di vecchio. Cosa succederà dopo Barbara? Lo vedremo presto. Intanto, auguriamo a chi verrà dopo di lei di farci appassionare a un caso, uno soltanto, nella maniera in cui ci siamo appassionati al caso Prati-Caltagirone. Col cuore.