I “figli di” Voto: 9
Maya Hawke (figlia di Ethan e Uma), Gia Coppola (nipote di nonno Francis e zia Sofia), Katherine Waterston (figlia di Sam), Lea Favino (figlia di Picchio), l’intera dynasty Ferragamo (nel doc di Guadagnino). E deve ancora arrivare Pietro Castellitto, futuro Totti in tv e qui con la sua attesa opera prima da regista, I predatori. Basta con la storia dei raccomandati: questi ragazzini (o non più) sono bravi per davvero. E sembrano fatti per restare.
La corsa agli Oscar Voto: 5
Mentre l’Academy aggiusta le regole sull’inclusione da rispettare se si vuole finire tra i candidati a miglior film, la stampa americana è salda nel lanciare la volata agli Oscar di One Night in Miami, esordio alla regia della già “statuinizzata” Regina King. Il film è una lezione di storia (e di diritti civili) confezionata per i tempi Black Lives Matter, tra gli accorati discorsi di Malcolm X e i ganci di Cassius Clay. Ma di fronte alla doppietta ispiratissima del grande Spike Lee – BlacKkKlansman (Oscar alla sceneggiatura un anno fa) e Da 5 Bloods (altro papabile nominato nel 2021) –, questo sembra davvero fatto apposta per convincere pubblico e giurati. Una delle attrici più brave che ci sono in giro (vedi Watchmen) ha sicuramente “fatto la cosa giusta”: ma a noi non basta.
I nubifragi (e la loro gestione) Voto: 3
Ci abbiamo fatto il callo: puntuale come ogni anno, arriva il nubifragio di metà Mostra. Ma, per chi deve gestire la crisi delle pozze e delle infiltrazioni, pare sempre la prima volta. Durante la proiezione del mattino pioveva in sala: la risposta all’emergenza è stata un semplice secchio, con sgocciolio ancora più rumoroso durante la visione. Dopo il film, caffè sulla spiaggia, dove spazzavano l’acqua dalla tettoia del bar: sulla gente seduta sotto. Per non dire degli infissi delle case del Lido: letto bagnato, festival fortunato?
I corti Voto: 8
Fiori! Fiori! Fiori!, cioè il corto di Luca Guadagnino girato durante il lockdown e con il “primavera sound” di Cosmo. E poi il film-denuncia contro il revenge porn appunto intitolato Revenge Room, con Violante Placido nel cast e una canzone originale di Baby K, tra le nostre “prefe” di questo Lido. E il più tenero di tutti, vale a dire Solitaire di Edoardo Natoli, sempre a tema quarantena, ma animata: i protagonisti sono due adorabili vecchini alla Up (ma con gusto cinefilo-europeo) al tempo dell’isolamento. Una delle (poche) vere delizie della Mostra 2020: è nato un autore.
Le feste (?) Voto: 4
A patto che si possano ancora chiamare così. Non ci aspettavamo di certo paura e delirio a Las Vegas, ma neanche morte a Venezia preso così alla lettera. Qualcuno ci ha provato, convocando anche un po’ di stardom nostrano: ma i tempi di Michael Fassbender che beve a bordo piscina dell’Excelsior a notte fonda non sembrano mai esistiti. Giuriamo di aver assistito a scene così, in un passato ormai assai remoto.
Vanessa Kirby Voto: 10
Tra tappeti rossi costellati di influencer e starlette dello streaming – dal Berlino della Casa di carta a Cecilia Rodriguez: poteva mancare? –, per fortuna c’è ancora spazio per la royalty del cinema e la sua fabbricazione istantanea. Abbiamo già endorsato (e incontrato) Vanessa Kirby, ieri principessa Margaret di The Crown, oggi regina di questa Mostra con due film in concorso. La stella è nata, ora speriamo solo che la presidentessa di giuria Cate Blanchett le consegni i dovuti gioielli della corona. Pardon: la Coppa Volpi.
I “film da festival” Voto: 3
Un film in cui un massaggiatore con poteri soprannaturali (e una capacità di risolvere i problemi degli altri che manco Mary Poppins) si aggira per la suburbia delle desperate housewives polacche? Solo ai festival di cinema queste cose possono (ancora) accadere. Il titolo in questione è Never Gonna Snow Again di Małgorzata Szumowska e Michał Englert, ed è così nonsense che resti a guardarlo fino alla fine: sarà anche per la presenza, nei panni del Jeeg-pranoterapeuta, dell’Alec Utgoff visto in Stranger Things. Di cosiddetti “film di festival” però è piena tutta la Mostra. Nell’epoca in cui il cinema cambia, questi stereotipi cinéphile sono sempre uguali. What happens in Venice stays in Venice: anche perché probabilmente queste cose fuori di qui non le vedrà nessuno.