“Adesso è tutti contro tutti”. Comincia pressappoco qui 1993, con queste parole pronunciata dal Paolo Pierobon nei panni – difficili – di Silvio Berlusconi. Siamo al 30 aprile e si è appena consumato il lancio delle monetine contro Bettino Craxi. È il momento di massima debolezza di un paese lacerato da tutto il marcio venuto a galla con Mani Pulite, il maxi-processo che ha trasformato Antonio Di Pietro nel PM più famoso d’Italia. Come dice uno dei protagonisti durante l’episodio pilota «devi vivere davvero sotto una roccia per non conoscere Di Pietro».
1993 riparte da qui, da un’Italia in mutamento, e prova a farla rivivere. La serie TV produzione originale di Sky, realizzata da Wilside, torna per raccontare il secondo anno di quella che – nelle intenzioni degli autori – dovrà essere una trilogia che si concluderà nel 1994, anno della Restaurazione Berlusconiana, con Silvio Berlusconi che inaugurerà il suo lungo periodo alla guida del paese. Ed è proprio questo uno dei temi portanti della seconda stagione: Leonardo Notte (Stefano Accorsi) deve convincere il Cavaliere a candidarsi, a fondare un partito ed entrare in politica, sconfiggendo il PDS e tutti i demoni del passato dello stesso Notte. È il passaggio obbligato dell’”uccisione del padre” di cui parla Accorsi durante la conferenza stampa di presentazione di 1993, una sorta di rito d’iniziazione per tutti quelli che si avvicinarono alla politica negli anni ’70 e che si ritrovano negli anni ’90 a dover decidere le sorti del paese. Ma non solo: ci sono le ingerenze della Mafia, sempre più pressanti, sugli imprenditori del Nord, e c’è la televisione che lancia i suoi primi modelli italiani.
Un’Italia immersa nel terrore, nelle bombe e nello scandalo della Sanità. Partendo da questi presupposti 1993 si discosta leggermente da 1992, assume tinte più noir e riesce a concentrarsi meglio nel racconto del suo romanzo storico. Se 1992 doveva fare i conti con la difficoltà di integrare personaggi di fantasia con una realtà, quella politica, sempre molto delicata, 1993 ha la forza di non dover star a spiegare questo meccanismo, e per questo si permette maggiori licenze nella vita dei suoi personaggi, avvicinandosi sempre di più alle serie tv leader nel genere. E chissà che questa situazione non abbia giovato anche all’aspetto narrativo della serie: per stessa ammissione dei suoi autori infatti, l’intento delle trilogia è sempre stato quello di raccontare i personaggi chiave di quel periodo – anni fondamentali per la storia italiana moderna – senza alcuna pretesa di oggettività. È infatti attraverso Leonardo Notte che guardiamo all’ascesa di Berlusconi, ed è con Luca Pastore ci avviciniamo a Di Pietro. Questo ci permette di avere uno sguardo più intimo, caldo, sui grandi nomi degli anni ’90, ma anche di sdrammatizzarli e riuscire a capire tutto il fascino che esercitavano sull’Italia di quegli anni.
Attraverso questo processo è facile notare parecchie affinità con il presente, e la serie si incastra in maniera esemplare in una corrente moderna, sottolineando una volta di più – semmai ce ne fosse bisogno – la ciclicità della storia. Un grande imprenditore che diventa presidente (pur con tutte le differenze del caso) non è più una novità nell’era Trump, così come la comparsa dei populismi e della repulsione verso la classe politica che portano all’esasperazione delle attività della classe operaia. Ma anche i passaggi da sinistra a destra, la mercificazione della politica e l’ingresso nel periodo post-ideologico.
1993 non è una serie sulla politica, è una serie che usa la politica per raccontare le vicende umane, per raccontare l’amore in tutte le sue forme più contorte e perverse. I suoi personaggi sono costruiti come archetipi, pensati per tranquillizzare lo spettatore durante la visione. Non deve quindi meravigliarci la retorica della diva malinconica (Veronica) o quella del uomo puro che si lascia corrompere dal potere (Bosco), perché non sono altro che le chiavi di lettura di un romanzo pop ambientato negli strani anni ’90 italiani.
La nuova stagione si apre con una citazione dalla Rivoluzione Francese, il parallelo che 1992 segue per la sua evoluzione. Dopo la Rivoluzione viene il Terrore a cui farà seguito la Restaurazione, ed è da tutto questo fermento che si costruirà l’Italia di oggi, un’Italia che non era stata ancora del tutto raccontata. Prova a farlo 1993, con tutti i pregi e limiti del caso, con personaggi (Massimo D’Alema su tutti) e interpreti nuovi. Una serie più cupa, forse più adrenalinica e certamente più matura. Una storia imperfetta, così come quella del nostro paese.