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6 film per i 60 anni di Sharon Stone

'Basic Instinct' sì, ma pure Martin Scorsese e Woody Allen.
Foto IPA

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Dicono che i 60 siano i nuovi 50, i 50 i nuovi 40 e così via ma, nel giorno in cui spegne 60 candeline, sembra che Sharon Stone ne abbia esattamente la metà di anni: «Penso di invecchiare, ma mi sto godendo il processo. Quando sei “di mezza età” hai la possibilità di una seconda carriera, un altro amore, un’altra vita». E a vederla sulla spiaggia di Miami in bikini con un ragazzo misterioso, il messaggio è chiaro: l’icona sexy per eccellenza del cinema ha intenzione di godersela. Bella, con un quoziente intellettivo da record ma soprattutto tenace: è stata colpita da un devastante aneurisma nel 2001, che l’ha costretta a imparare di nuovo a leggere, a scrivere, persino a parlare, e da un infarto nel 2004. Ma poi è tornata: sì, con il sequel di Basic Instict, che anche no, ma pure con una pellicola di Jim Jarmusch, un film italiano, Un ragazzo d’oro di Pupi Avati, e una serie, Mosaic, diretta da Soderbergh. Abbiamo scelto sei film per ripercorrere la sua carriera.

“Stardust Memories” di Woody Allen (1980)

Stardust Memories segna il debutto sul grande schermo della Stone a 22 anni. Dopo aver fatto la modella negli USA, Sharon si trasferisce in Europa, dove la nota un certo Woody Allen: «Era solo una piccola parte e non ho avuto la possibilità di parlare, ma sentivo di essere in un vero film e di andare verso dove avevo sempre desiderato». Nel titoli della pellicola, che si ispira fortemente al capolavoro di Fellini , è accreditata come “Pretty Girl on Train”, che schiocca un bacio a distanza dal finestrino al protagonista: «Ho tirato fuori il mio colpo migliore per sciogliere quel fesso».

“Atto di forza” di Paul Verhoeven (1990)

Atto di forza è la prima grande occasione hollywooodiana per Sharon Stone, che con questo sci-fi, diretto da Paul Verhoeven e tratto un racconto breve di Philip K. Dick, entra nella serie A dello show-biz al fianco di Arnold Schwarzenegger, che fu colpito dalla dedizione dell’attrice al punto da soprannominarla “Female Terminator”. La Stone si allenò così tanto per la parte di Lori Quaid da essere inserita nell’associazione Stunt Woman come membro onorario: il ruolo è un mix riuscito di ragazza dei sogni, moglie gelosa, agente doppiogiochista e macchina per uccidere. E l’interpretazione dell’attrice è perfettamente in armonia con il marchio di fantascienza alla Verhoeven, al tempo stesso fumettistico e straordinariamente satirico. Il regista rimase fulminato dall’abilità dell’attrice di cambiare registro e la volle un paio di anni dopo come protagonista femminile di Basic Instinct. In occasione dell’uscita di Atto di forza, Sharon Stone ha posato nuda per la rivista Playboy mentre faceva arti marziali.

“Basic Instinct” di Paul Verhoeven (1992)

Sulla più sensuale accavallata di gambe della storia del cinema ci sono versioni opposte. Verhoeven la racconta così: «All’università avevo conosciuto una ragazza che non portava le mutandine e faceva continuamente questo gesto. Ne ho parlato con Sharon e abbiamo filmato la sequenza a fine giornata in dieci minuti». Per la Stone le cose sono andate diversamente: il regista le avrebbe chiesto di togliere la biancheria per esigenze di luci e inquadratura e le avrebbe promesso che non si sarebbe vista alcuna nudità nel girato. Ma tutti sappiamo com’è finita. È il 1992 e la Stone diventa una leggenda. L’investigatore Nick Curran, interpretato da Michael Douglas, e il pubblico impazziscono per quel “troppo” rivelato alla telecamera, ma la complessità di Catherine Tramell, scrittrice enigmatica, killer spietata, bisessuale, piace parecchio anche agli addetti ai lavori. Miss Stone, con la sua acconciatura alla Kim Novak e quell’assertivo senso di mistero, aggiorna il paradigma bionda glaciale con il giusto tocco di calore inquietante. Vince il Golden Globe e diventa un’icona sexy.

“Casinò” di Martin Scorsese (1996)

Martin Scorsese affida a Sharon Stone un ruolo centrale in uno dei suoi film più complessi: il thriller Casinò, considerato il terzo capitolo della trilogia sulla mafia iniziata con Mean Streets e continuata con Goodfellas. Se Robert De Niro e Joe Pesci fanno rivivere Quei bravi ragazzi nei panni di Asso e Nicky, con l’interpretazione della splendida Ginger McKenna l’attrice ruba la scena, vince un altro Golden Globe e riceve la sua prima (e unica) nomination all’Oscar. Ginger è una prostituta che pensa di aver vinto il jackpot quando sposa il capo del casinò impersonato da De Niro: la sua missione nella vita è il denaro. Senza scadere nell’eccessiva psicologizzazione, la sua rappresentazione collega le diverse sfaccettature del personaggio, convincendoci che la regina del casinò possa rimanere schiava di un pappone raccapricciante e possa perdere nella vita, scommettendo tutto sul matrimonio con Asso e finendo per essere dipendente dalla cocaina e dall’alcool. Ginger è forse il miglior personaggio femminile di Scorsese e sicuramente la migliore performance della Stone.

“La dea del successo” di Albert Brooks (1999)

Nella sua carriera la Stone ha anche interpretato una divinità in carne ed ossa ne La dea del successo. Quando uno sceneggiatore degli studios esaurisce le idee, stringe un patto con una Musa scesa direttamente dall’Olimpo, che aiuta gli artisti a ritrovare la loro vena creativa in cambio di vitto, alloggio, autista e assistenza telefonica 24 ore su 24. Tra abiti pastello e pixie cut, Sharon cavalca la linea tra misticismo e follia con tempi comici impeccabili, dando una deliziosa vivacità a questa giocosa parodia dell’età d’oro di Hollywood.

“Broken Flowers” di Jim Jarmusch (2005)

Jim Jarmusch, il maestro del minimalismo poetico indie, vuole Sharon Stone in questa commedia che mescola deliziosamente humor e malinconia, Gran Premio della giuria al Festival Cannes nel 2005. Bill Murray è un anziano don Giovanni che si imbarca in un viaggio per rintracciare quattro delle sue ex amanti, dopo aver scoperto di avere un figlio grazie ad una lettera anonima. La Stone interpreta Laura, la prima donna che visita e praticamente l’unica che è felice di vederlo: l’attrice dà una dolcezza senza complicazioni alla vedova di un pilota di corse che sta crescendo una figlia adolescente dal nome che è tutto un programma, Lolita, ma anche picchi di dolore quando tiene stretto Murray e butta giù il suo rosè.

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