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RIP

Addio a Giuliano Montaldo

È morto uno dei più illustri esponenti del cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta: aveva 93 anni

Foto di Elisabetta A. Villa/WireImage

Il regista Giuliano Montaldo, uno dei più illustri esponenti del cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta, è morto a 93 anni. Autore, tra le altre cose, di film come Sacco e Vanzetti, L’Agnese va a morire e Giordano Bruno, Montaldo nacque a Genova il 22 febbraio del 1930.

A soli 14 anni Montaldo venne rastrellato dai nazifascisti in Liguria e deportato sul fronte al sud. Riuscì a scappare per poi unirsi alla Resistenza nel Gruppo di Azione Patriottica (Gap) della sua città.

Iniziò la sua carriera nel cinema lavorando come attore nei film Achtung! Banditi! (1952) e Cronache di poveri amanti (1954), entrambi diretti da Carlo Lizzani. L’esordio dietro la macchina da presa avvenne nel 1961, quando debuttò come regista con Tiro al piccione. Quattro annoi dopo diresse Una bella grinta (1965) e, nel 1971, diede inizio alla sua esperienza nel cinema d’impegno civile, dirigendo la trilogia sul potere composta da Gott mit uns – Dio è con noi (1970) e dai citati Sacco e Vanzetti (1971) e Giordano Bruno (1973). Tre film con cui Montaldo analizzò nel profondo le tre dimensioni del potere: militare, giudiziario e religioso.

Qualche anno più tardi, Montaldo raggiunse il successo internazionale grazie al celebre kolossal televisivo dedicato a Marco Polo, trasmesso anche dalla rete americana NBC, oltre che in Francia e in Spagna, tra il 1982 e il 1983.

Dopo una lunga pausa era tornato alla regia sul finire del primo decennio del 2000, con I demoni di San Pietroburgo (2007), film incentrato sulla figura di Fëdor Dostoevskij. Quattro anni dopo diresse Pierfrancesco Favino ne L’industriale, mentre nel 2018 tornò a recitare in veste di attore in Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, che gli valse anche un David di Donatello al migliore attore non protagonista.

Nel 2021, nel suo libro autobiografico Un grande amore pubblicato da La nave di Teseo, il regista si raccontò intimamente, ricostruendo in modo molto avvincente oltre settant’anni di carriera davanti e dietro la macchina da presa, e insieme il profondo legame d’amore e di lavoro in comune con sua moglie Vera Pescarolo, da Montaldo definita «il mio migliore collaboratore». Sulla coppia sono stati realizzati vari documentari diretti, fra gli altri, da Fabrizio Corallo (Vera & Giuliano), Marco Spagnoli (Quattro volte vent’anni) e una serie di saggi, fra cui Dal polo all’equatore di Alberto Crespi.

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