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Ant-Man: quando una formica incontra una vespa

Questa volta il supereroe interpretato da Paul Rudd ha una compagna: The Wasp. Finalmente nell’universo Marvel arriva un modello per le ragazze di domani

Secondo capitolo di Ant-Man, prodotto dal Signore dell’Universo Marvel, Kevin Feige, (Iron Man, Thor, Avengers, Captain America, Guardiani della Galassia, Spider-Man, Hulk, Black Panther), alla regia Peyton Reed. Nel cast, accanto ai protagonisti Paul Rudd ed Evangeline Lilly, troviamo anche Michael Peña, Michael Douglas, Bobby Cannavale e Judy Greer. Tra le new entry, una “cattivissima” Hannah John Kamen, Michelle Pfeiffer nel ruolo di Janet van Dyne, Walton Goggins e Laurence Fishburne, che interpreta un vecchio socio del Dr. Hank Pym.

In Ant-Man and the Wasp vedremo Ant-Man/Scott Lang (Rudd) cimentarsi in una nuova missione, affiancato stavolta da Hope van Dyne (Lilly), nelle vesti di The Wasp. Entrambi dovranno sudare le proverbiali sette camicie contro l’inafferrabile Ghost (Hannah John Kamen), nel tentativo di salvare Janet van Dyne (Pfeiffer), madre di Hope, la prima Wasp. Durante il corso delle loro avventure, riusciranno a rivelarci qualche segreto di un passato misterioso. Il nuovo film Marvel è ambientato dopo gli eventi raccontati in Captain America: Civil War, e mentre gli Avengers combattono contro Thanos, in Avengers: Infinity War, Ant-Man è agli arresti domiciliari. NON DICO ALTRO. BASTA COSÌ. Se non che, visto che La Bestia appartiene alla generazione di Lost e aveva perso completamente testa, cuore e “testosteroni” per la Kate televisiva, quando se la trova davanti non se la fa scappare, quindi decido di fissare la mia attenzione principalmente su di lei. Siete d’accordo? Molliamo due domande a Paul Rudd e regista, poi sotto con la bellissima Evangeline.

Scott non vuole essere un eroe. Come fai a mantenerlo così umano?
Rudd: Prende molto da me, la mia vita è molto incasinata, creo sempre qualche problema anche quando esco a fare due passi. Mi piace l’idea di interpretare un super eroe che non ha niente di super, è una persona normale che si trova a risolvere problemi più grandi di lui. Mi piace il fatto di non sentire il peso di provare a qualcuno che sono the best, in questo lm cer- co solo di essere un bravo papà. Anche se non mi riesce molto bene.

Dopo aver collaborato alla prima sceneggiatura, quanto sei coinvolto con la seconda?
Rudd: Parecchio, l’Universo Marvel cambia continuamente e quindi bisogna adattare molte situazioni pensando anche al futuro degli altri filoni narrativi. Provo sempre a proporre nuove idee, ma se vedo che non funzionano non me la prendo. Anche se sono piccolo come una formica non ho una visione ristretta, anzi: noi formiche siamo molto brave a collaborare e pensiamo sempre al bene del gruppo.
Lilly: Paul è molto bravo a scrivere, e in questa sceneggiatura ha riscritto la maggior parte dei propri dialoghi, pensa che le battute migliori non sono nemmeno nella sceneggiatura, le ha improvvisate sul set! Michael Douglas è invidioso del suo senso dell’umorismo.

Il Regno Quantico. In Ant-Man and the Wasp, scopriamo che non aiuta a mantenerci giovani. Janet Pym è invecchiata. Come funziona?
Rudd: A quanto pare esistono vari livelli, in alcuni dei quali non si invecchia. Abbiamo deciso che le interazioni tra tempo e spazio non sono quelle che conosciamo nel mondo reale, e alla fine volevamo che la riunione di famiglia tra Michael Douglas, Evangeline Lilly e Michelle Pfeiffer fosse più emotiva e naturale possibile. Ma non ho niente contro le assurdità che esistono in molti mondi sci-fi, chissà: forse nel prossimo film saremo tutti ringiovaniti.

E le formiche? Hanno ancora un ruolo centrale?
Rudd: Sì, ne vediamo parecchie anche se, rispetto al primo film, abbiamo utilizzato specie diverse.

Quando hai pensato che Wasp avrebbe avuto un ruolo primario nel sequel?
Reed: Da sempre, anche se quando fai un film non pensi mai al sequel: non sai mai se fai abbastanza soldi e successo per fare un secondo film. Ma l’idea di Wasp come protagonista alla pari con Ant-Man è sempre stata una priorità, anche perché il titolo Ant-Man & The Wasp, esiste principalmente perché nei fumetti la loro relazione sin dall’inizio è alla pari, era importante anche perché i fumetti vengono letti da milioni di fan e volevo diffondere un messaggio positivo e attuale. E poi fa parte della storia, sin dal primo film è Hope van Dyne a insegnare i trucchi del mestiere a Scott. È una collaborazione alla pari, molto equilibrata.

Saresti interessato a un prequel?
Reed: Ne abbiamo parlato sin dal primo film. Quando ho mostrato a Michael Douglas la versione giovane di se stesso non ha smesso di ridere. Mi ha detto: “So che ho passato i 70 e non sono più giovane, ma così la mia carriera può durare altri 30 anni senza problemi!”. Lo scopo di noi registi/sceneggiatori del franchise è quello di esplorare le opzioni e le varie possibilità dell’Universo Marvel. Ci sono molte altre storie da raccontare, ma per me la serie di Ant-Man è un piccolo gioiello, un universo a se stante, capace di sostenersi indipendentemente dagli altri per anni a venire. Zero pressione dagli Avengers, almeno per ora.

Quando ero piccola le eroine erano pochissime. Oggi le bambine vogliono essere Wonder Woman

E com’è nata la scelta di Michelle Pfeiffer?
Reed: La ritengo una delle attrici più versatili e di talento del cinema americano. Può fare qualsiasi ruolo, commedie, drammi, suspence, thriller. Nel primo film si vede la Wasp originale in un flashback, non vediamo il viso ma solo i suoi occhi attraverso la maschera. Parlando con Sarah Finn, che si occupa del casting dei film Marvel, le dissi che mi sarebbe piaciuta una donna con gli occhi magnetici come quelli di Bette Davis o di ghiaccio come Michelle Pfeiffer. Mai mi sarei immaginato che avrebbe accettato. Sono sempre stato un suo fan dai tempi de I favolosi Baker e Una vedova allegra… ma non troppo, uno dei miei film preferiti.

Evangeline, nel primo film Hope ha uno spazio marginale. Sapevi che nel secondo avresti avuto un ruolo primario e una tuta speciale?
Lilly: Sì, è stato uno dei motivi principali per cui ho accettato il ruolo. Nel primo film scopriamo le dinamiche complicate della relazione tra Hope e il padre, e anche i motivi per cui Hank si è rifiutato di dare la tuta a Hope. Originariamente l’introduzione di Wasp era prevista in Captain America: Civil War, poi lo studio ha deciso di raccontare la sua storia, conoscerla meglio e creare un personaggio che potesse essere indipendente. Per me ovviamente era una grande idea, mi sono immedesimata subito in Hope, è la figlia di due super eroi, nata pronta per questo ruolo. La tuta se la meritava da un sacco di tempo. Finalmente ce l’ha fatta, era ora!

Quant’è importante questo ruolo da prima vera supereroina dell’Universo Marvel?
Lilly: È incredibile perché quando sono cresciuta le super eroine si contavano sulle dita di una mano. Ho amato Michelle Pfeiffer come Catwoman, mi è sempre piaciuta un sacco, personalità tosta e un costume meraviglioso, attillato, nero, luccicante. Quando giocavo con le mie sorelle spesso dicevo di essere un supereroe, ma fingevo di essere l’Uomo Ragno o Batman perché non c’erano altri esempi. Dopo il primo Ant-Man ho visto molti bambini maschi che si vestivano da Wasp. È uno shift culturale importante, molti amici dei miei figli sognano di essere Wonder Woman. Grazie a #MeToo e #TimesUp, è arrivato il momento di apprezzare le nostre differenze, come donne non abbiamo ancora gli stessi diritti ma esiste una conversazione, qualcosa si muove. Sono molto ottimista, e questo film mi dà un’occasione in più per celebrare.

A proposito dei personaggi femminili dell’Universo Marvel, chi vorresti vedere in un prossimo film?
Lilly: Tutte! Vorrei vederle in azione tutte insieme, so che molti fan hanno espresso questo desiderio. La mia preferita è Okoye, (interpretata da Danai Gurira, la Michonne in The Walking Dead, nda), capo delle Dora Milaje, guardia personale del Re in Black Panther, donne pericolosissime e letali. Non ha paura di niente, è il leader perfetto, la guerriera con cui Wasp può davvero spaccare il culo a chiunque.

Sei una fan dei fumetti Marvel?
Lilly: Mi piacciono i fumetti, ma non ho mai voluto recitare in un film di supereroi. Se devo essere sincera non mi sono mai piaciuti. Quando mi hanno offerto il ruolo, la mia prima reazione è stata di rifiuto totale, pensavo fossero dei film stupidi, non volevo lavorare su un progetto che non mi appassionava. Poi il mio agente mi ha detto che Edgar Wright avrebbe diretto il film (sostituito da Reed, nda) e che nel cast c’erano Paul Rudd e Michael Douglas. Wow. Mi sono davvero incuriosita e prima di rifiutare ho deciso di guardarmi qualche film Marvel. Mi sono resa conto che ero prevenuta, non conoscevo il lavoro incredibile che hanno fatto negli ultimi 10 anni. Ero rimasta al primo Iron Man, pensavo fosse un altro film di Robert Downey Jr. e non parte di un sistema più grande. Ogni film è un pezzo di puzzle, ed è fantastico come evolva in modo organico. Nessun personaggio prevale sugli altri.

E le vespe?
Lilly: Sono sempre stata una nerd che collezionava insetti. Ero quella che ti faceva trovare un insetto nello zaino o uno scarafaggio sulla schiena. Quando ero al liceo avevo la passione dei bruchi, sono cresciuta in Alberta, Canada, e in estate siccome fa caldo e c’è molta umidità, si copre di bruchi, sono dappertutto. Le vespe le ho sempre rispettate, bisogna fare attenzione. I miei figli hanno imparato ad amare e rispettare tutti gli insetti, non hanno scelta!

E finalmente… il costume!
Lilly: Yes! Sono contentissima, quattro mesi di lavoro, centinaia di ore di fitting. È stato modificato più di 30 volte, cambiando materiale e colore e alla fine è venuto esattamente come Peyton l’aveva immaginato. Alla Marvel sono davvero esigenti: ogni costume è molto tecnico, ha un’anima, come se fosse vivo. L’unico problema per me è che non posso indossarlo da sola, e quando devo andare in bagno è una tragedia (ride). Mi sembra di essere tornata bambina, alzo la mano e chiedo il permesso di fare pipì.
Rudd: Rispetto al primo film, il mio si è evoluto parecchio. Il design è ispirato alle tute in pelle dei motociclisti, soprattutto quelle cool degli anni ’60. Ma la pelle è pesante e rende difficili i movimenti, quindi hanno utilizzato dei materiali tecnici, che avessero look vintage e fattura moderna. La tuta è composta di centinaia di pezzi, tagliati al laser, molti dei quali si inseriscono sotto gli altri in modo da permettermi di essere agile in tutti i movimenti. È un’opera d’arte, solo per me ne hanno create 13! Ho chiesto a Kevin (Feige, nda) di regalarmene una, ma non mi ha ancora risposto.

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