Gli abiti di lurex con le scollature profonde, le pettinature vaporose e i make-up iridescenti, con gli occhi allungati e gli zigomi scolpiti dal fard. Le prime discoteche con le strobosfere e Donna Summer ad aprire la pista, le righe di coca da tirare con i pezzi da cento dollari e il sesso promiscuo nei bagni dei locali. Se abbiamo una certa idea del glamour degli anni Settanta lo dobbiamo anche a lui, ad Antonio Lopez.
Nato a Porto Rico nel 1943 e cresciuto nella “Wild Side” di Harlem, era un ometto eccentrico – due baffi sottili e vestiti improbabili portati con fierezza – che si divertiva a disegnare le donne. Gli piacevano quelle che incontrava al Chelsea Hotel o al Max Kansas City, il night club frequentato dall’entourage di Andy Warhol: belle di una bellezza obliqua e sgualcita dalle sregolatezze, come Donna Jordan e Jane Forth, le due stelle della Factory. Oppure Tina Chow, moglie del ristoratore newyorkese Michael Chow, così androgina con i suoi capelli a spazzola.
Con pochi tratti ne abbozzava gli abiti e i lineamenti spigolosi, poi le faceva volteggiare in mondi di fantasia e le riempiva di colore tanto da farle uscire dalla carta. “Quando disegnava era come se emanasse un’energia magica” – dicevano di lui. Le sue illustrazioni raccontavano la scena underground di New York attraverso le sue eroine: sarà per questo che piacquero subito alle riviste patinate dell’epoca – da Interview e il New York Times fino a Vogue, Harper’s Bazaar e Elle – finendo per diventare il simbolo dell’estetica di quegli anni.
Affascinato dalle donne tanto quanto dagli uomini, nel 1969 decise di trasferirsi a Parigi con il suo compagno Juan Ramos. Qui conobbero un giovane Karl Lagerfeld ossessionato dal suo rivale Yves Saint Laurent. Fu lui a ospitarli in uno dei suoi appartamenti della Rive Gauche: ne nacque un’amicizia intensa nonché un rapporto intriso di sesso fatto di party selvaggi, viaggi all’estero e scorribande per la città. L’appartamento di Lagerfeld divenne ben presto il “the place to be” parigino, un luogo di perdizione abitato da personaggi bizzarri che fu raccontato da Andy Warhol nel film L’amour (1973).
Erano gli anni della nascita del ready to wear, la moda diventava democratica e gli stilisti si trasformavano nelle nuove rock star. Antonio Lopez era ormai conosciuto ovunque, i suoi disegni illustravano le più grandi riviste di moda del mondo. Trascorreva le serate al Club Sept, il locale più in voga di Parigi, in compagnia di Grace Jones, Jessica Lange e Jerry Hall, le “Antonio’s girls” come le chiamavano. Erano le sue muse, le donne che ispiravano le creature feline dei suoi disegni. Per Jerry Hall si prese una cotta talmente forte da lasciare Juan Ramos. Del resto, tra donne e uomini non riuscì mai a decidersi: li amava semplicemente tutti, in pieno stile libertino anni Settanta.
Oggi, a 30 anni dalla sua morte per AIDS, esce un documentario che ripercorre quegli anni: Antonio Lopez 1970: Sex Fashion & Disco. Diretto da James Crump, già famoso per aver girato il documentario Black White + Gray sulla relazione tra il collezionista d’arte Sam Wagstaff e Robert Mapplethorpe, è stato prodotto insieme a Ronnie Sassoon, vedova del celebre stilista e imprenditore britannico Vidal Sassoon. Il film ricostruisce la vita di Antonio tra il 1969 e il 1973 attraverso filmati d’epoca, fotografie e interviste agli amici storici tra cui il fotografo di moda Bill Cunningham. La soundtrack è tutta dedicata alla disco music, al soul e al funk, con brani di Donna Summer, Marvin Gaye, Evelyn “Champagne” King, Isaac Hayes, Curtis Mayfield, Chic and the Temptations.
Il documentario, presentato al London Film Festival il 5 ottobre, arriverà in Italia il 19 novembre in occasione dello Schermo dell’Arte Film Festival di Firenze.