Cinema Adriano, centro di Roma. Edgar Wright passa davanti a un Minion a grandezza naturale – che poi quale sarà la grandezza naturale di un Minion? mah -, sorride, mentre due sale si riempiono per vedere Baby Driver, ultima sua fatica di cui si fa un gran parlare da settimane. È di passaggio nella Capitale, poi arriverà a Venezia dove farà il giurato del concorso della Mostra d’Arte Cinematografica. Saluta il suo operatore italiano, Roberto – e lo rifarà pubblicamente, di fronte al pubblico -, entra nella sala 2 dove addetti ai lavori, colleghi registi e giornalisti spiluccano panini con l’hamburger che sono di gran lunga migliori dei buffet a cui sono abituati.
Già perché se pettegolezzi e film vi hanno abituato a scribacchini affamati che assaltano poveri camerieri e tavoli traballanti alla ricerca di un rustico della prima guerra mondiale o di un pasticcino coetaneo della Luisona benniana – geniale, in merito, il bellissimo corto Buffet di Santa De Santis e Alessandro D’Ambrosi -, la verità è che i poverini mangiano poco e male, precari come sono, e che evitano quei tavoli perché portatori insani di coliche e intossicazioni di vario tipo. A cascarci, al massimo, sono i colleghi contrattualizzati e più esperti (leggasi: maturi), forse muniti di stomaco corazzato, nonostante stipendi e buoni pasto consentirebbe loro ben altro desco.Qui invece tutto è commestibile e servito da graziose ed efficienti ragazze che indossano gli occhiali da sole e le cuffiette che Baby, il giovane autista protagonista del film, porta come un costume da super antieroe per tutto il film. Ci si siede dopo qualche minuto di oziosa indisciplina, Andrea Delogu – cinema (Stracult) e tv l’hanno vista diventare una star negli ultimi due anni, un volto e una testa che possiamo annoverare tra le poche belle sorprese del piccolo schermo – presenta il cineasta e poi si parte.
Colpo in banca, una coreografia di sgommate, inversioni a u e inchiodate, una sinfonia di musiche e rumori da strada, un piano sequenza. Non serve neanche che arrivino Kevin Spacey e Jon Hamm – per non parlare della splendida Eiza Gonzàlez – per scaldare il pubblico. Che a Egyptian Reggae batte il piede, che già prima comincia a ridere sotto i baffi e – giuriamo di averlo visto – si muove a tempo, come il buon Elgort. Con meno grazia, va detto. Chi mi siede vicino è talmente interessato a ciò che vede che ha persino mollato due dei tre astucci gadget che erano su ogni poltrona, con occhiali da sole alla Baby Driver (avrà pensato fossero originali) e cuffiette. Gadget predato appena entrato, ma immagini e musica vincono.
Il regista Edgar Wright presenta a Roma Baby Driver – Il genio della fuga! Sul palco un ospite a sorpresa: il premio Oscar® Kevin Spacey!
Dal 7 settembre al cinema #BabyDriverILFILM
Pubblicato da Baby Driver – Il genio della fuga su Martedì 29 agosto 2017
Ok, Edgar, se volevi l’attenzione di questi ragazzi l’hai avuta. E anche dopo, nel partecipato botta e risposta post proiezione, con tanto di aforisma per giovani cineasti da elargire generosamente. «Scelgo solo script che mi piacciono, che considero perfetti: il mio lavoro non è aggiungere, è interpretare». Praticamente l’adattamento del “sono nato pronto” di Kurt Russell in Grosso guaio a Chinatown. Poi si prende un’ironica rivincita sui produttori «Mi sono incaponito sull’inseguimento a piedi, volevano toglierlo per questioni di budget: ho detto che quei due giorni di riprese li avrei pagati io! Penso che potrò recuperare il mio denaro ora che abbiamo superato i 200 milioni di dollari!». E sulle musiche svela, col sorriso, che «sì, sono costate, ma meno di quanto possiate pensare: basta evitare Beatles, Led Zeppelin e Eagles».
A fine proiezione incrociamo diversi registi e artisti, capaci peraltro di mixare generi come ci ha abituato a fare Wright. Massimiliano Bruno, reduce dal successo di Beata Ignoranza e con altri due progetti in cantiere (uno che in autunno sorprenderà molti), è entusiasta. «Ottimo prodotto, con un paio di momenti pregevoli come il piano sequenza iniziale, davvero notevole. Baby Driver mescola il crime, il musical e il film romantico con bravura. E che dire, Kevin Spacey è sempre un attore eccellente. Spero vada bene». I complimenti a Kevin Spacey, neanche fossimo nella canzone di Caparezza, piovono ovunque. E quando compare l’attore, a Roma per girare con Ridley Scott (si era fatto vedere anche all’Olimpico con tanto di selfie con Totti), è ovazione. «Non ci speravo accettasse, quando un suo spettacolo teatrale è slittato abbiamo fatto coincidere i nostri impegni», racconta il regista. Kevin ride ancora e risponde con una battuta. «Aveva rifiutato George Clooney e hanno pensato a me». E poi sulle musiche svela, ridendo: «Avrei voluto Hotel California, ma sono contento che sia citata nei dialoghi».
Il suo Doc ha colpito l’immaginario di tanti, anche se Vincenzo Alfieri, regista de I peggiori – i suoi due supereroi sgarrupatissimi sono stati tra le cose migliori di questa stagione cinematografica – sottolinea “la grande performance di Jamie Foxx e Jon Hamm”. «In questo film i cattivi sono ottimi, parliamo di intrattenimento puro. Grande regia, ottimo montaggio, mi piacciono alcune delle scelte musicali. È un film molto estetizzante, con qualche ingenuità di troppo in sceneggiatura ma invidio, nel senso buono, la mano di Edgar Wright nelle scene d’azione: sa essere moderno e vintage allo stesso tempo e va visto al cinema per apprezzarlo pienamente. C’è da imparare, come in molti dei suoi film, non nego che da autore ho preso qualcosa da Scott Pilgrim e Hot Fuzz. Baby Driver nel suo genere quest’anno è secondo solo ad Atomica Bionda, che nello script e nelle scelte visive e musicali è ancora più coraggioso, ma Wright mi ha ricordato quei film di intrattenimento di quando eravamo piccoli e vedevamo spensierati».
E l’impressione, all’evento romano, è che molti si siano lasciati andare alla gioia della visione. A spiegarlo molto bene è proprio Andrea Delogu, che forse ci svela perché in un heist movie pieno di maschi alfa cattivi, di spari e di action, si siano divertite anche le donne. «Riesce a contenere sia la parte maschia di inseguimenti e morti ammazzati, sia quella dell’amore a prima vista. Non è Fast & Furious, dove la love story è a uso e consumo del trailer, al massimo, qui esiste e ha pari dignità rispetto al resto. E questa cosa mi ha affascinata molto». Entusiasti gli Actual, webstars che con i loro corti comici e le loro trovate che intervengono sull’attualità, sulle mode, sul cinema e sullo sport con ironia e arguzia, hanno conquistato la Rete. Chissà che non siano all’Adriano per “studiare” e che non cerchino l’ispirazione per fare il grande salto al cinema, come già fatto dai The Jackal e dai The Pills. «Divertente, musica clamorosa, Kevin Spacey su tutti: la sorpresa, però, è Ansel Elgort, che non conoscevo. E credo proprio che per inquadrature e montaggio Baby Driver – Il genio della fuga abbia detto qualcosa di nuovo» chiosa Leonardo Bocci. «Ma è il mix di generi – interviene Lorenzo Tiberia – a essere riuscito al meglio, così come il sincronismo tra musica e scene. E confermo che Spacey è pazzesco». Insomma, come al solito the winner is… KEVIN SPACEY.