‘Baby Reindeer’ a processo, parla Richard Gadd: «Quegli anni di stalking mi hanno profondamente traumatizzato» | Rolling Stone Italia
Vero come la finzione

‘Baby Reindeer’ a processo, parla Richard Gadd: «Quegli anni di stalking mi hanno profondamente traumatizzato»

Nel corso della causa intentata dalla “vera Martha” nei confronti di Netflix per diffamazione, l’autore e attore ricorda i fatti reali che hanno ispirato la serie: «Soffrivo di attacchi di panico, temevo per me e per i miei cari»

‘Baby Reindeer’ a processo, parla Richard Gadd: «Quegli anni di stalking mi hanno profondamente traumatizzato»

Richard Gadd (Donny) e Jessica Gunning (Martha) in ‘Baby Reindeer’. Foto: Netflix

Foto: Netflix

Richard Gadd, il creatore e interprete di Baby Reindeer, ricorda gli anni di stalking «profondamente traumatizzante» da parte della donna che, ora, ha fatto causa a Netflix per il suo ritratto nella serie.

Durante un’udienza di lunedì scorso, Gadd è tornato sull’esperienza di vittima di Fiona Harvey, questo il nome della donna nella realtà, e ha affermato che Baby Reindeer è «emotivamente molto vera»; ma anche che non ha mai voluto fare «un resoconto dettagliato degli eventi reali».

Gadd ha conosciuto Harvey nel 2014, quando lavorava al pub The Hawley Arms di Londra. L’ha denunciata alla polizia nel febbraio del 2016, dopo due anni di molestie, mail sessualmente esplicite e note vocali da parte della donna.

Anche se la serie è aperta da un “cartello” che recita “Questa è una storia vera”, il che ha generato non poche controversie dopo l’uscita di Baby Reindeer, il ritratto di Fiona, che nella “finzione” prende il nome di Martha, è «un’iperbole», come ha detto Gadd a Piers Morgan.

Harvey ha denunciato Netflix lo scorso giugno per 170 milioni di dollari, accusando la piattaforma di diffamazione. Nella serie, Martha viene dipinta come una stalker arrestata due volte e condannata a un totale di cinque anni di carcere, mentre lei, dice, non è mai stata condannata per nessun crimine.

Se è vero che Harvey non è mai stata condannata, ha comunque ricevuto un First Instance Harassment Warning da parte della polizia londinese, e da quel momento, dichiara Gadd, ha smesso di mandargli mail e messaggi.

«[Quando lavoravo al pub] dovevo continuamente cercare di evitare le sue avance e suoi i contatti fisici non richiesti», ha dichiarato Gadd nella nota per l’udienza. «Ho pregato Harvey di lasciarmi in pace, ma lei ha sempre ignorato le mie richieste, e non ha mai smesso di avere quegli atteggiamenti nei miei confronti».

Nel 2015, Gadd ha discusso con Harvey dopo che la donna aveva detto a un cliente del pub di avere avuto rapporti sessuali con lo stesso Gadd, cosa non vera. Ma sono state molte altre, dice Gadd, le volte in cui Harvey ha “interferito” con il suo lavoro, costringendolo a un certo punto a rivolgersi alla polizia.

«Avevo paura, soffrivo di attacchi di panico», dice Gadd. «Non salivo sugli autobus e sulla metropolitana per paura di incontrarla, e più di tutto temevo che potesse fare del male ai miei genitori».

Netflix ha portato in sede di processo dichiarazioni di Craig Seymour, l’ex manager del pub The Hawley Arms, e Laura Wray, la vedova di Jimmy Wray, un membro del Parlamento scozzese anch’egli preso di mira da Harvey, che nei confronti di Laura Wray ha di recente ottenuto un “interim interdict”, ovvero il divieto di avvicinarsi a lei.

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