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Con il Reply AI Film Festival il futuro del cinema è già qui

La prima edizione della competizione per autori di cortometraggi originali realizzati con l’intelligenza artificiale, svoltasi a Venezia e la cui premiazione è stata organizzata in collaborazione con Mastercard, ci dice che dobbiamo guardare da vicino quello che è già il presente della Settima Arte

Foto press

Il futuro non lo conosciamo e allora diciamo sempre che è lontano, per scansare o quantomeno rimandare il pensiero. Ma il futuro è presente, è adesso, e non deve far paura ammetterlo. Anche il futuro/presente del cinema è qui, e l’intelligenza artificiale ne fa parte. Lo scrivo senza maiuscole perché non è più lo spauracchio di qualche stagione fa, è anch’essa presente, e anzi fa sorridere che prima fosse scritta quasi con il nome proprio, di persona, anche da parte di coloro che dicono che spersonalizzerà tutto.

Alla proclamazione dei vincitori del Reply AI Film Festival (nel logo scritto anche Reply/AI, per ovvi motivi), ovvero la competizione per autori di cortometraggi originali realizzati con l’AI ideata da Reply, gruppo internazionale leader nella creazione di nuovi modelli di business abilitati dall’AI e dai Digital Media, di persone ne ho viste, tante, belle, da tutto il mondo. Dai vincitori – in ordine di podio: To Dear Me di Gisele Tong, One Way di Egor Kharlamov e Jinx di Mansha Totla, premiati da una giuria di cineasti e artisti tra cui Rob Minkoff, il regista di classici come Il re leone e Stuart Little che, in quanto ad avanguardia nell’animazione, ha battuto vari primati – ai semplici curiosi, venuti per vederlo negli occhi, questo futuro/presente. E sappiamo che tutte le cose, quando le vedi da vicino, fanno meno paura.

«È come quando, all’inizio della fotografia e del cinema, dicevano che catturava l’anima delle persone che venivano fotografate o riprese», mi dice Filippo Rizzante, CTO di Reply. «Siamo nel pieno di questa rivoluzione, e a noi è piaciuta l’idea di osservarla da dentro. E di raccogliere la sfida di questi tempi velocissimi, nel settore delle nuove tecnologie, anche quelle applicate al cinema. La trasformazione dei vecchi canali di broadcasting nelle attuali piattaforme sembra già superata. Le sale stanno diminuendo la loro portata. Nel futuro, mi immagino un’AI in sviluppo rapidissimo, che potrà consentire l’interattività che il prodotto audiovisivo per forza di cose passivo a cui siamo abituati, che si tratti di film o serie, non può permettere».

I vincitori con Rob Minkoff. Foto press

Il “festival nel festival” di Reply ha visto «una partecipazione globale: sono arrivati oltre mille film da qualsiasi Paese», mi dice Rizzante, «che è la cosa che ci ha sorpresi di più, e ci ha fatti più felici. Sono arrivati progetti di giovani aspiranti registi che spesso non hanno il budget per realizzare quello che hanno in mente: in questo senso, l’AI è un territorio di possibilità, che consente a chi vuole sperimentare di provarci. Poi, naturalmente, vogliamo salvaguardare la qualità, ma quella in questi progetti l’abbiamo già trovata, e sono sicuro che tra qualche anno sarà ancora tutto diverso, e di certo migliore. Non vogliamo respingere questa grande ondata che sta arrivando, perché siamo convinti che il futuro del cinema passi anche da qui».

Un futuro, come dicevo prima, che è già presente. Anche da noi, un sistema in cui, per i giovani autori, è difficile trovare finanziamenti per le opere d’esordio. La sfida del festival di Reply nasce, per così dire, “sul campo”. «La prima edizione l’abbiamo fatta come competizione interna a Reply, per stimolare le persone del nostro gruppo sperimentare queste tecnologie. Visti gli ottimi risultati ottenuti internamente, abbiamo deciso di aprirla all’esterno».

E ora “l’esterno” è l’approdo nel contesto di una delle più grandi manifestazioni cinematografiche su scala globale. Mi chiedo, e chiedo a Rizzante, qual è la reazione di un festival importante come la Mostra di Venezia di fronte a una scommessa come quella di Reply. «Abbiamo cercato varie “piazze” tra i grandi festival internazionali, e siamo felici di essere qui a Venezia con il supporto di Mastercard, che ha creduto moltissimo in questo progetto. Abbiamo sentito un grosso sostegno, una bella interazione con il festival».

Anche queste sono le anime “alternative” al glamour della Mostra, anche in un anno con un red carpet così affollato di star (e parlo con cognizione di causa). «I grandi divi e i grandi film resteranno: momenti come quello di George Clooney che fa quello show davanti ai fotografi e alla folla di fan sono irriproducibili da parte di qualunque tecnologia», commenta Filippo Rizzante. «Ma quello che conta, nel cinema come in tutte le cose, è l’emozione, il viaggio, la storia. E se qualcuno può aiutarci a raccontare storie nuove con nuovi mezzi, per me è una strada da percorrere e abbracciare».

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