L’idea di un documentario su una mostra non è di per sé così allettante, perciò prima di recarmi all’anteprima per la stampa di David Bowie Is, racconto dell’omonima esposizione ospitata nel 2013 dal Victoria and Albert Museum di Londra, lo ammetto, ero un po’ perplessa. Ma sarà che il Duca Bianco è uno di quegli artisti che non ti stancheresti mai di ascoltare e nemmeno di guardare – non importa si tratti di foto, video, interviste o concerti, il suo modo di porsi davanti all’obiettivo e al pubblico ti inchioda allo schermo –, alla fine sono uscita dal cinema soddisfatta.
Dal punto di vista stilistico quello confezionato dal regista Hamish Hamilton è un approfondito servizio giornalistico su una mostra che ha avuto un successo incredibile (311mila spettatori in neanche cinque mesi), tanto da diventare un evento da esportazione (al momento è a Chicago, dopodiché approderà a Parigi, in Australia, in Olanda). Ciò che viene offerto allo spettatore è un viaggio attraverso le sale del V&A Museum in compagnia dei due curatori Victoria Broackes e Geoffrey Marsh, che nel ruolo di ciceroni illustrano la storia di alcuni dei più preziosi oggetti provenienti dal ricco archivio di Bowie: una fotografia di quando aveva appena dieci mesi; i costumi di scena con cui, negli anni, si è trasformato nei suoi vari personaggi e alter ego, dal Major Tom di Space Oddity a Ziggy Stardust; e ancora, i suoi dipinti (bellissimi), i bozzetti e gli storyboard che disegnava per i suoi video e tour, i suoi libri, i suoi film, i testi delle sue canzoni scritti a mano e completi di cancellazioni e correzioni. Oggetti che mostrano quanto David Bowie, specie negli anni ’70, abbia influenzato non solo il mondo della musica, ma anche quello dell’arte, della moda, del design, la società nel suo insieme.
Il trailer:
In tal senso è interessante ascoltare gli interventi di alcuni amici, collaboratori e ammiratori dell’autore di Heroes, intervenuti alla serata di chiusura della mostra a Londra: da Jarvis Cocker dei Pulp allo scrittore Hanif Kureishi, passando per lo stilista giapponese Kansai Yamamoto, che ricorda l’amore di Bowie per i suoi abiti da donna ispirati al teatro kabuki. Il tutto è arricchito da filmati d’epoca di concerti e interviste: c’è un giovanissimo Bowie ospite di Top of the Pops; c’è Bowie che canta Changes al Festival di Glastonbury del 2000; Bowie che spiega come mai si trasferì nella Berlino divisa dal muro; Bowie che descrive il software da lui utilizzato per scomporre e ricomporre le liriche dei suoi brani tramite una sorta di cut-up digitale. Un mosaico di materiali da cui emerge il mito di un ragazzino diventato popstar non per magia, ma con un duro lavoro su se stesso e sulla propria immagine, una cura per i dettagli maniacale, un’attenzione a tutti gli aspetti dell’essere artista, un individualismo estremo associato a una curiosità senza limiti che in passato lo ha spinto a stringere rapporti con grandi come Iggy Pop e Andy Warhol.
Estetica e contenuti si sono sempre intrecciati nella carriera del songwriter inglese, carriera che lo ha visto attraversare diverse fasi, tutte dominate da un desiderio: essere «un istigatore di nuove idee», per citare le sue parole. E si intuisce l’impatto che la sua figura ha avuto su generazioni di uomini e donne, di giovani e meno giovani, quando Hamilton, il regista del documentario, ci mostra i commenti dei visitatori della mostra allestita al Victoria and Albert Museum. «Chi e che cosa è David Bowie?», è la domanda. Risposte: «il camaleonte per eccellenza», «un pioniere», «un eroe», «tutti noi», «Dio». È sentendo quest’ultima definizione che mi sono ritrovata a pensare che David Bowie Is non è uno di quei documentari che ambiscono a premi Oscar e simili, ma è una riuscita celebrazione di un’icona che, nonostante i limiti legati al concept di base, merita una visione. Nei nostri cinema sarà proiettato in lingua originale con sottotitoli in italiano il 25 e il 26 novembre (elenco sale su Nexo Digital ); la sera del 24 anteprima al cinema Arcobaleno di Milano in collaborazione con Fashion Illustrated (info e prenotazioni su CineNauta).