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Effetto Jonathan Glazer: cos’è Cinema for Gaza, e perché Hollywood si sta mettendo all’asta

Tutto è partito dal discorso del regista inglese agli Oscar. Cresce il numero di artisti che donano oggetti e offrono esperienze da condividere col pubblico (gli ultimi sono Paul Mescal, Spike Lee e Olivia Colman), e finora sono stati raccolti oltre 100mila dollari da destinare ad aiuti umanitari nella Striscia

Foto: John Shearer/WireImage via Getty Images

Molte star e personaggi celebri del mondo di Hollywood hanno messo all’asta delle esperienze da condividere con loro o degli oggetti con l’intento di donare i soldi ricavati a Cinema for Gaza, un’organizzazione fondata per aiutare Medical Aid for Palestinians (MAP) a portare cibo e medicine dentro la Striscia. Tra gli ultimi arrivati a contribuire alla raccolta ci sono Spike Lee, con un poster da lui firmato di Malcolm X, Paul Mescal, anche lui con un pacchetto “manifesto+autografo” di Aftersun, e infine Olivia Colman, che ha messo all’asta un video messaggio personalizzato.

Ma ancora più interessanti sono le esperienze “in vendita”: da una tazza di tè su Zoom con Louis Theroux al tutorial su come preparare un buon porridge tenuto da Josh O’Connor. Fino a Tilda Swinton, che si offre di leggere le favole della buonanotte ai bambini, e, non da meno, la possibilità di parlare con Susan Sarandon del tuo film preferito (più un Rocky Horror Picture Show firmato). Finora sono stati raccolti oltre 100mila mila dollari. Questo è il cinema che si mobilita per Gaza: ma come mai adesso?

Forse a scuotere Hollywood è stato il regista Jonathan Glazer quando sul palco del Dolby Theatre, con in mano la statuetta per La zona d’interesse, ha pronunciato il suo discorso: «Il nostro film mostra dove porta la disumanizzazione nella sua forma peggiore. In questo momento, siamo qui come uomini che rifiutano che ci si appropri del loro essere ebrei e dell’Olocausto da parte di una nazione, quella israeliana, che sembra puntare al suo stesso sterminio». Un’esplicita condanna alla guerra tra Israele e Hamas da parte di un regista che, ricordiamo, è ebreo.

Da quel momento, c’è stata una scossa che ha diviso Hollywood. Da un lato un vortice di polemiche e critiche verso le parole usate da Glazer, vedi la lettera firmata da più di mille cineasti e artisti ebrei contro il suo discorso. Dall’altro espressioni di solidarietà: a quasi un mese dalla notte degli Oscar, sono emerse delle voci a supporto del regista britannico e oltre 150 star di origine ebraica hanno firmato un’altra lettera aperta, pubblicata su Variety, a sostegno di quelle parole. «Ho firmato per denunciare il silenzio dell’industria intorno a questa guerra», ha detto Ilana Glazer, moglie del regista. Tra le firme, i nomi di note personalità come Joaquin Phoenix, Elliott Gould, Chloe Fineman, Debra Winger, Tom Stoppard e il regista Todd Haynes.  

In seguito a questa mobilitazione è nata Cinema fo Gaza. Le offerte per le singole esperienze e i vari oggetti si sono aperte il 2 aprile, e Glazer non poteva mancare. Il regista ha partecipato quasi subito donando alcuni degli articoli più richiesti del momento, cioè sette poster di La zona d’interesse (offerta attuale: circa 3.000 dollari l’uno) e una selezione di poster del suo film del 2014 Under the Skin. I poster saranno firmati da Glazer, il produttore James Wilson e dalla compositrice Mica Levi, autrice delle musiche di entrambi i film. 

«Non è mai stato così vitale raccogliere fondi per l’urgente lavoro umanitario condotto da Medical Aid for Palestinians (MAP)» sono le parole dei fondatori di Cinema for Gaza, un gruppo di giornalisti e registi tra cui Hanna Flint, Julia Jackman, Leila Latif, Sophie Monks Kaufman e Helen Simmons. L’asta si chiuderà il 12 aprile e tutto il ricavato servirà ad aiutare i civili palestinesi rimasti senza cibo e medicine. Dopo il recente attacco aereo alla ong World Central Kitchen (Wck), in cui hanno perso la vita sette operatori umanitari che avevano appena distribuito circa 100 tonnellate di cibo nel centro della Striscia, la paura che le organizzazioni umanitarie possano correre un rischio maggiore è aumentata. «Gli sforzi degli operatori umanitari non sono solo essenziali ma anche salvavita, dato che i bombardamenti di Israele hanno cancellato le infrastrutture sanitarie di Gaza». Per il cinema, soprattutto adesso, è necessario aiutare chi aiuta.

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