“Facciamo sempre l’errore di considerare il male come qualcosa di molto distante, come il mostro inarrivabile, evitando così di affrontarlo”. Se vi stavate chiedendo perché da quasi dieci anni Elio Germano e Teho Teardo girano l’Italia con la loro versione di Viaggio al termine della notte di Cèline il motivo è proprio nella frase di Elio in apertura: il grande sbaglio dei media contemporanei è quello di trattare l’errore umano come qualcosa di disumano, evitando “di capire perché certi soggetti agiscono così”. Il loro “passaggio dentro Cèline”, l’immedesimazione nella voglia di uccidere, nel suo riconoscere la bellezza della guerra poco dopo averla descritta come una delle più grosse cazzate mai fatte dal becero uomo contemporaneo, serve ad arrivare a un’analisi, che sia personale o generale, di come alcuni di noi continuino a sbattere lo stinco sullo stesso spigolo.
Elio Germano e Teho Teardo sono due figure rispettabilissime del panorama cinematografico e musicale italiano. Quello che fanno, fuori o no dai titoli di coda, rappresenta una militanza celata volta a dar voce alle minoranze e a districare il groviglio sociale che Céline aveva descritto con un realismo, a volte distopico, ancora attuale. La sua critica alla società e ai suoi uomini, noi, incastrati nel “luna park del dolore” (le leggi, secondo Céline), devoti al denaro, e al capitalismo “sfolgorante nelle réclames ammiccanti e pustolose”, e alle guerre, che si ripetono da tempo immemore come se ogni volta ne avessimo dimenticato il dolore. Leggere il Voyage è come trafiggersi lentamente con frecce avvelenate mentre qualcuno ti fa il solletico. Partecipare allo spettacolo di Germano e Teardo è invece come immergersi nella furia del medico francese lasciandosi destare o tediare da amabili musiche ipnotiche, quelle della chitarra e dei live electronics di Teho e del trio d’archi composto da Laura Bisceglia al violoncello, Ambra Chiara Michelangeli alla viola ed Elena De Stabile al violino, che agiscono direttamente sull’interpretazione percuotente di Germano, un Bardamu che entra e esce dal suo-nostro inconscio. «L’idea originale era una sorta di lettura ma ora non lo è più», dice Teardo, «è un passaggio dentro Céline. Non è neanche un’interpretazione teatrale: tutto succede in una forma di concerto dove la giustificazione del testo arriva passando per il suono». Saranno all’Auditorium Parco della Musica di Roma il 19 dicembre, al Teatro Nuovo di Pisa il primo febbraio, al Teatro degli Impavidi di Sarzana il 2 febbraio, al Teatro Secci di Terni il 3 febbraio e il 7 aprile al Teatro Rendano a Cosenza.
Li abbiamo incontrati nello studio di Teho a Roma, dove computer e strumenti stranissimi lasciano spazio a pareti di dischi punk, hardcore, jazz, un cd di Angela Davis e tanta altra roba che avremmo voluto fregare.
In un’intervista Elio ha detto che volevate parlare di temi che ci aiutassero a superare determinati ostacoli. Quali sono?
Elio Le dittature, la distruzione, la gioia di distruggere, ce ne sono tanti. Quello di Céline è un discorso “di pancia”, e raccontando le cose dall’interno permette l’immedesimazione del lettore. Continuiamo a trattare gli episodi che hanno fatto esplodere il male giudicandoli dall’esterno e, facciamo assolutamente bene a credere che siano mostruosi ma, dovremmo ricordarci che fanno parte dell’umanità perché si ripetono da secoli e tornano proprio perché non li sappiamo più riconoscere, l’abbiamo solo allontanati da noi. Ogni volta che accendo il computer vedo notizie di sparatorie, di stragi, una costante guerra. Tutte queste forme di ricordo legate ai telegiornali e ai film a cosa servono se non riconosciamo che c’è sempre un’esaltazione dietro l’odio, un piacere? E’ questa la chiave, la gioia della follia, l’apertura del caos che in qualche modo, di rimando, sprigiona. Per questo poi è importante la cultura. Perché uno ne parla sempre? Queste energie, soprattutto oggi, disperse nell’individualismo sempre più chiuso, evitano il confronto sociale, creano delle derive mostruose su vari livelli, che sono anche quelli fuori dai canoni prestabiliti dei fucili e dei carrarmati: guerre fratricide tra condomini, tra zii e parenti, tra insegnanti e studenti. Come se stessimo precipitando in una follia a cui ci abituiamo.
Cèline non si fidava delle istituzioni, Shakespeare degli attori, Bollani non si fida dei talent show. Voi di chi non vi fidate?
Teho Devo dire una cosa orribile sugli attori, posso?
Elio Certo.
Teho Nell’antichità gli attori venivano sepolti fuori dalle città. Ora, tu che fai l’attore, spiega perché?
Elio Io sto cercando di prenotare il mio posto a Piramide.
Teho Guarda, è pieno.
Elio Ma anche nel “soppalchetto”(ridono, ndr)! Non ci fidiamo di nessuno, ormai. No, scherzo. Va ristabilita la linea di fiducia che non riguarda solo le professioni: in qualsiasi ruolo, dal cuoco, al giornalista, all’artista, si rende sempre più evidente chi lo fa con sincerità e chi con lucro per altri motivi. Noi ci fidiamo delle persone che credono nel loro mestiere e resistono contro chi vorrebbe fargli passare la voglia di farlo.
Teho Te la sei cavata bene, un po’ da paraculo (ridono, ndr). È stata una curva notevole.
Elio Va be’ ma che devo dire?
Teho I musicisti non sono mai stati sepolti fuori dalle città.
Elio E che c’entra? Hanno sempre suonato per il Papa, per la chiesa… (Ridono, ndr). Purtroppo gli attori hanno avuto questa considerazione per via degli americani che hanno creato il divismo, ma prima l’attore era il figlio di nessuno che non aveva fissa dimora, che fuggiva dagli errori e si imbarcava in questi carrozzoni per girare l’Italia a rappresentare sempre la stessa cosa. Non era assolutamente un mestiere edificante.
Teho Te la sei cavata bene pure adesso (ridono, ndr).
Elio Tanto stiamo tornando a quel livello lì quindi non c’è problema. Il cinema italiano fa dei numeri sempre più bassi, nonostante siano prodotti film più interessanti. Noi ci inventiamo tanti modi per risparmiare, i film costano sempre meno, ma quando viene lasciato tutto all’abbandono sono favorite le produzioni più potenti e prodotte solo per business da persone di nessuna competenza. Vengono premiati film leggeri e non quelli un po’ più di ricerca, di cui siamo sempre pieni, che se non hanno un aiuto statale o un giro di visibilità da un’altra parte non ce la fanno. Ci sono tantissime belle idee e molto poco sostegno.
Teho È un momento storico in cui è tutto votato all’intrattenimento ma fine a se stesso, vuoto e velocissimo. Io non credo alle categorizzazioni, alle distinzioni come possono essere, ad esempio, quella tra main stream e underground, credo piuttosto nella qualità. La distinzione tra questi due mondi è un’immagine fasulla, ci sono troppi alibi nel parlare delle cose così, credo molto di più nel lavoro che hanno fatto artisti come i Fugazi che non si sono posti il problema di dove stare ma hanno cercato di costruire un nuovo spazio e lo hanno fatto con la loro musica, un mondo inclusivo legato a chi era in sintonia con quella visione, dove conosci persone che arrivano da ogni parte del mondo e che si riferiscono alla stessa cosa nello stesso momento.
Prima con Teho parlavamo degli ultimi scandali nel mondo del cinema.
Teho Ne usciranno altri credo, proprio perché la violenza trova sempre il modo di contagiare. Stando a contatto con determinate dinamiche alla fine diventi violento anche se non lo sei.
Elio Assolutamente. Siamo immersi nella violenza. Che cos’è la dignità? È un sistema di valori a cui ti appoggi e che dà spessore alla tua vita evitando di mercificare il tuo corpo. Quando si allontanano i valori e le qualità della nostra esistenza, quando mancano queste entità che ti proteggono, che possono essere quella sociale, statale o quella che vuoi, finisci nel sistema della lotta animale, senza nessun tipo di difesa, dove vince il più forte. Questa è solo l’apice della punta dell’iceberg, è evidente che il fenomeno coinvolge tutti, le forme di violenza sono molteplici anche quando non riguardano la sessualità. Un’altra è quella che stiamo cercando di evitare con Artisti 7607, provando a capire che fine hanno fatto alcune somme di denaro relative ai diritti d’autore. I miei colleghi non hanno idea di quali siano le loro regole sul posto di lavoro, sono alla mercé di qualsiasi ricatto o paga perché non esiste nessun tipo di tutela, e sono spesso costretti a fare i baristi o a emigrare all’estero. Poi ci sono le violenze su Facebook, su Whatsapp, quel sistema di giudizi nel quale siamo incappati, che riguardano le vite di qualsiasi persona, da cui nascono poi forme di bullismo. Potrei continuare per ore, vogliamo poi parlare delle pistolettate che ogni giorno si danno negli Stati Uniti e che fanno molti più morti dell’Isis? Il male qual è? È un continuo inventare dei demoni e ogni volta ripetere lo stesso errore: i mostri non sono Harvey Weinstein, no, non c’è il mostro. Quello che cerchiamo di riprodurre con questo spettacolo è quella gioia che è dietro la violenza e il male e il percorso di colui che la prova. Ecco, in questo senso non ricadiamo nell’errore di allontanare, di pubblicizzare il male. Dovremmo cercare di riconoscerlo in tutte le dinamiche a cui siamo assolutamente assuefatti e abituati.
Teho Nel libro di Cèline, la parte che affrontiamo è soprattutto quella della guerra. Uno dei motivi è perché continua a ripetersi e, nonostante nel libro la sua follia e totale stupidità siano raccontate nel modo più efficace che io abbia mail letto, quanti fronti ci sono ancora aperti? Continuiamo a perpetuare lo stesso errore e Cèline ha dei modi per dirlo che, ogni volta durante lo spettacolo, quando Elio attraversa quelle parti lì, io mi dimentico di stare sul palco e sto ad ascoltare lui.
Anche se il mondo è sempre più orientato verso la discriminazione razziale e l’intolleranza.
Elio Sì ma è la stessa voglia di trovare la soddisfazione, che secondo me non esiste più nel lavoro, cercando di distinguersi in questa pappa omogenea che fa sì che siano inutili le vite di ognuno di noi. Quindi, si cerca di esserci nella maniera più violenta possibile. La comunità non è più un valore, siamo cresciuti, in questo senso, sulla competizione, sul pensare agli altri come a un ostacolo. Il fatto che in molti proprio dall’Europa vadano a trovarsi la gloria nell’Isis o in qualsiasi altra forma di terrorismo ne è una prova.
Prima con Teho parlavamo delle serie tv crime come Gomorra e Narcos, che ripercorrono fatti realmente accaduti esaltando però il ruolo del cattivo, rendendolo, volenti o nolenti, fico. Elio, pensi che possano portare lo spettatore a volersi riconoscere nel cattivo emulandolo?
Elio Premetto che io non guardo né ho mai visto le serie, ma se si pensa che una serie possa influenzare lo spettatore vuol dire che siamo messi male perché lo Stato ha perso tutti gli strumenti e ha lasciato alla televisione il compito di educare i propri cittadini. Su internet ci sono tante cose più diseducative delle serie.
se si pensa che una serie possa influenzare lo spettatore vuol dire che siamo messi male perché lo Stato ha perso tutti gli strumenti di educare i propri cittadini
Perché non ti piacciono?
Elio Non parlo del lavoro, ho anche fatto delle serie. Dico sempre che non mi piacciono le serie perché preferisco le spiritose (nessuno ride, ndr). Chiaramente è una cagata (ridono, ndr). In realtà quando ho tempo preferisco vedere un film, ne ho talmente tanti arretrati che non mi posso permettere di sprecare tempo con una serie. Cioè, è troppo lunga.
Parlando dei vostri due background musicali, Teho ha un pantone di colori infinito, dalle colonne sonore di Salvatores e Sorrentino, alle collaborazioni con i Meathead, Blixa Bargeld, e l’ultima con Enda Walsh. Mentre Elio è la voce delle Bestierare, spesso definite elettro rap. Come vi siete combinati musicalmente?
Teho Tu sei elettro-rap!
Elio (Ride, ndr) Non me le merito certe cose.
Teho Per me Elio non è solo un attore ma un musicista e nei monitor ho bisogno di sentire molto alta la sua voce, come se fosse il cantante in un gruppo. Queste sue due figure artistiche portano la sua interpretazione da un’altra parte. Nello spettacolo non c’è una vera sceneggiatura, nel senso che abbiamo preso le parti del testo senza elaborarle e, dato che ha una dimensione musicale molto forte, dal vivo ci presentiamo con un trio di archi che suona con noi. È come se fossimo dei musicisti jazz o blues che improvvisano e non provano, abbiamo tutta una rete di punti in cui ci incontriamo, però poi c’è una quantità di improvvisazione che è determinante e che credo riesca a giustificare la vita dello spettacolo in quasi dieci anni di esistenza.
Elio Questa forma di concerto permette un ragionamento collettivo, mancando la personificazione del teatro, non credi sia solo l’attore il protagonista di quelle esperienze. I primi anni del secolo scorso di cui parla Céline sono simili, in molti versi, ai primi anni del 2000, e forse è per questo che lo spettacolo non si esaurisce, riguarda anche tutte le persone che ci vengono a vedere. Quando decidemmo di realizzarlo ci trovammo in una stanza con dei libri che per noi erano dei rifermenti. L’unico che avevamo entrambi era questo di Céline. Con Teho è nato subito un rapporto incredibile. Ogni volta che siamo sul palco ho la possibilità di immergermi in una profonda emotività che per me è molto rara da trovare e condividere. C’è questa sensazione di essere nello stesso posto. Ho già fatto delle letture accompagnato dalla musica ma questa è tutt’altro, è un altro linguaggio forse inesplorato dove la voce suggerisce degli ambienti, delle temperature create dalla musica. È una formula nuda, ci presentiamo sul palco coi cavi in vista, non nascondiamo niente, c’è una carnalità, in quello che facciamo, senza maschere. Anche se a volte sono successe delle cose terribili, come quando è andata via la luce, o è morto il computer… (ridono, ndr).
Teho Noi ricominciamo. Tra l’altro a teatro se si rompesse un mixer o il computer salterebbe lo spettacolo.
Torniamo alla questione del situazionismo, eh Teho?
Teho Sì (Elio ride, ndr). Per me il situazionismo è un elemento fondamentale della musica e dell’arte in generale, e anche di questa parte del nostro tempo.
Elio Faremo adesso, se riusciamo, una versione a 360° con la nuova tecnologia dei video per fare un pacchetto che si possa vivere in un altro tipo di forma.
Non avete mai pensato di scrivere un film insieme?
Elio Non so perché mi volete tutti regista. Quando faccio teatro le mie scritture sono abbastanza di follia, non ho ancora quell’organicità. Sono anche contrario alla metodologia, forse è la grande libertà che mi consente di non fare questo per mestiere. Come dice Teho rispetto al musicista, è come se vivessi tutto fuori dagli spartiti e probabilmente riesco a concedermi quella libertà espressiva proprio perché vengo da un altro ambito.
Quali sono i vostri eroi artistici?
Elio Non saprei, sono abbastanza onnivoro, come al solito il discrimine è più sulla sincerità, sulla verità, riconosco subito se c’è puzza di commercio dietro. Mi piacciono le cose più sincere, spesso quelle che vengono dal basso, meno spinte.
Teho Ho un po’ di eroi, uno di questi è Alessandro Portelli, un insegnante dell’Università di Roma che già negli anni Sessanta scriveva dei libri incredibili sul blues e che ha pubblicato Il calendario civile, un libro, per me fondamentale, che scandisce gli anni in base agli eventi civili e non quelli religiosi. È anche un grandissimo esperto dei movimenti del ’68 in Italia così come della Resistenza a Roma. Altri eroi? Uno qualsiasi a caso dei The Cramps, Lux Interior, Poison Ivy, chi ti pare va sempre bene in qualsiasi formazione. È rock’n’roll, veramente!
Elio A ‘sto punto voglio sparare un Totò, così per sparigliare.
Teho È un colpo notevole (ridono, ndr).
Elio E Tomas Milian pure dai, mettiamocelo.