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Gary Oldman: «Ammiro Sorrentino da sempre, per lui avrei interpretato anche Babbo Natale»

Le dichiarazioni in un'intervista a Cannes, dove è stato presentato 'Parthenope'. La sua interpretazione in 'Harry Potter'? «Sono sempre iper-critico del mio lavoro. Se non lo fossi, per me significherebbe la morte»

Gary Oldman in ‘Parthenope’ di Paolo Sorrentino. Foto: Gianni Fiorito

«È un personaggio piccolo, ma toccante. È molto triste, malinconico, ubriaco». Questo, secondo Gary Oldman, il pitch che Paolo Sorrentino avrebbe fatto all’attore inglese per il personaggio di John Cheever, lo scrittore che vedremo interpretato (appunto, da Oldman) in Parthenope.

Le dichiarazioni arrivano in un’intervista rilasciata a Repubblica dal Festival di Cannes, dove ieri è stato presentato l’ultimo film del regista napoletano.

Continua poi, sempre parlando di Cheever: «Oggi io vivo un momento felice, ma ne ho vissuti altri che mi rendono facile comprendere la malinconia, la solitudine, l’autodistruzione e l’abuso di alcol che attraversano la sua esistenza. Avremmo potuto fare a gara di bevute con lui, e quel personaggio sulla carta l’ho riconosciuto d’istinto. Io non interpreto Cheever, ma la versione che ne dà Paolo». Infatti, aggiunge Oldman: «Ammiro Paolo Sorrentino da sempre, ha una capacità unica di racconto e sa trasformarlo in immagini. I suoi film sorprendono, con virate verso la bellezza o il grottesco. Sono pieni di spirito, umanità e umorismo». E per lui, giura l’attore, sarebbe pronto a interpretare anche Babbo Natale.

Sempre da Cannes giungono altre dichiarazioni da parte di Oldman, questa volta legate a precedenti commenti rilasciati alla fine dell’anno scorso circa la sua interpretazione come Sirius Black nei film della saga di Harry Potter. «Penso che il mio lavoro sia mediocre, davvero», aveva detto Oldman. «Forse se avessi letto i libri come Alan [Rickman], se fossi stato un passo avanti, se avessi saputo cosa sarebbe successo, onestamente penso che lo avrei interpretato diversamente».

Ora, l’attore ci ha tenuto a puntualizzare la sua versione dei fatti: «Quello che volevo dire era che, come poi qualsiasi artista o attore o pittore, sono sempre iper-critico del mio lavoro. Se non lo fossi, e fossi semplicemente soddisfatto di quello che faccio, per me significherebbe la morte. Il giorno in cui rivedrò una mia performance e penserò “Dio mio, sono fantastico”, ecco, sarà un giorno molto triste».

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