Ieri sera è andato in onda su Sky Atlantic il primo episodio di 1993, la serie che racconta gli anni in cui la politica italiana ha attraversato i suoi capitoli più oscuri, in un paese lacerato dagli scandali di Mani Pulite, il cui strascico aveva creato un vuoto di potere che sarebbe poi stato occupato dall’ascesa di Silvio Berlusconi.
Attraverso lo sguardo spietato di Leonardo Notte, il personaggio interpretato da Stefano Accorsi, si rivive una storia di intrighi e giochi di potere, tra le lotte di Antonio Di Pietro o gli esordi di un giovane Massimo D’Alema, il tutto filtrato dalle luci, e soprattutto dalle ombre, di un mondo, quello della televisione e dello spettacolo, che in quegli anni stava cambiando per sempre.
Ma nel romanzo politico portato in scena da 1993, quali sono i fatti storici realmente accaduti visti nei primi episodi andati in onda ieri?
Le monetine su Craxi
La serie si riapre da dove si era chiusa la stagione precedente, ovvero il 30 aprile 1993, quando una folla inferocita lanciò sciami di monete addosso a Bettino Craxi mentre usciva dall’hotel Raphaël di Roma, segnando così l’inizio della sua caduta con il coro “Vuoi pure queste, Bettino, vuoi pure queste”. Proprio in quell’hotel, la sera prima, una festa aveva accolto la decisione della Camera di negare l’autorizzazione a procedere per 4 delle 6 imputazioni a carico di Craxi chieste dalla Procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta su Mani Pulite. E tra soubrette, senatori, deputati e celebrità, c’era anche Silvio Berlusconi, all’epoca ancora ‘lontano’ dalla politica che, all’entrata principale e alle monetine, preferì defilarsi uscendo dalla porta sul retro dell’albergo.
Il cappio leghista
«Un amico alpinista confezionò il cappio e io lo misi in valigia», ha detto Luca Leoni Orsenigo, deputato leghista protagonista di uno dei gesti più eclatanti dell’epoca. Il gruppo della Lega voleva rubare la scena ai colleghi dell’MSI: l’obiettivo era colpire l’allora premier socialista Giuliano Amato. Il metodo? Il 16 marzo 1993 il deputato leghista decide di agitare un cappio di fronte a tutta l’assemblea. Orsenigo fu sospeso per due settimane, una imposta dall’allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano, l’altra dal leader del partito Umberto Bossi. Lui la prese come una specie di vacanza.
Milan vs Olympique Marsiglia
Il 26 maggio 1993 all’Olympiastadion di Monaco di Baviera, l’imbattibile Milan degli Olandesi e del grande ex Jean-Pierre Papin, affrontava in finale lo sfavorito Olympique Marsiglia, che già la stagione precedente aveva fatto soffrire i rossoneri guidati da Fabio Capello grazie alle giovani promesse del calcio francese che costellavano la rosa, e che avrebbero poi portato i Bleus al trionfo nel Mondiale casalingo del ’98. Le statistiche del Milan erano devastanti – 0 sconfitte, 23 gol fatti e 1 subito – ma in quella partita nulla andò come si aspettavano i tifosi: il Marsiglia, chiuso inizialmente in difesa, al 43′ riesce a portarsi in vantaggio – e poi a vincere la partita – con la rete di Basile Boli. Sempre meglio di quanto successo nel 1991 durante i quarti di finale di Coppa Campioni, sempre giocati contro l’Olympique Marsiglia. Dopo lo spegnimento di uno dei riflettori dello stadio, i rossoneri si rifiutarono di rientrare in campo per volere di Adriano Galliani e, pare, dello stesso Berlusconi: decisione che costò al Milan la sconfitta a tavolino per 3-0 e l’esclusione per un anno dalle competizioni internazionali.
Il processo Enimont
Il processo Enimont è uno dei pilastri fondamentali dell’inchiesta Mani Pulite: un gruppo di politici della Prima Repubblica avrebbe intascato una maxi-tangente di oltre 150 miliardi di lire, denaro utilizzato per finanziare illegalmente i principali partiti politici del periodo. La tangente fu pagata dal finanziere Raul Gardini per accelerare la conclusione dell’affare Enimont (la fusione dei due poli dell’industria chimica nazionale). Il processo – tra gli imputati Umberto Bossi, Bettino Craxi, Arnaldo Forlani e Claudio Martelli – è passato alla storia per aver dato popolarità nazionale al sostituto procuratore Antonio Di Pietro che, durante le udienze, utilizzò per la prima volta strumenti informatici.
L’attentato di via Fauro a Maurizio Costanzo
Il 14 maggio 1993 a Roma esplodeva un’autobomba in via Ruggero Fauro, vittima designata il presentatore Maurizio Costanzo, all’epoca in prima linea nel portare la lotta alla Mafia in televisione. Un attacco progettato sin dall’anno precedente, nella stessa operazione volta a colpire il giudice Giovanni Falcone, ma posticipata per ordine dello stesso Totò Riina: “abbiamo cose più importanti giù”, aveva detto il boss richiamando a Palermo i suoi uomini. A maggio dell’anno successivo, un gruppo composto da mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille, dopo giorni di appostamento preparò l’attacco dinamitardo, fallito solo per qualche istante di ritardo, dato che Costanzo e la sua compagna Maria De Filippi erano a bordo di un auto diversa da quella prevista dai sicari, rimanendo così illesi. Il bilancio fu, tuttavia, di 23 feriti.