È pazzesco se si pensa che, nel secolo e più trascorso da quando Winsor McCay e il film francese Fantasmagorie resero per la prima volta dei disegni sullo schermo una forma popolare d’intrattenimento. L’animazione ci ha dato di tutto e di più, da topi che governano battelli a vapore e furbe volpi in stop-motion a, beh, qualsiasi cosa vi venga in mente: sette nani canterini, adolescenti giapponesi con poteri psichici, gatti sulla cresta dell’onda della controcultura, canterine gemelle francesi, classicheggianti satiri e demoni, robot che salvano l’umanità, famiglie di supereroi, la sfera emotiva di una giovane donna e un’adorabile quanto indefinibile creatura conosciuta come Totoro. Quella che una volta era considerata una distrazione cinematica per bambini è fiorita in un mezzo che si presta alla creatività e alle emozioni come qualsiasi live-action rivolto ad un pubblico di over 18 (o, nel caso di una gemma come Anomalisa, un sostituto incredibile per film “adulti” in cui recitano adulti veri).
Così elencheremo in ordine decrescente i titoli che abbiamo scelto come i migliori 40 film d’animazione — i film (e una manciata di corti essenziali troppo ben fatti per essere omessi) che hanno mostrato al pubblico cosa si può fare davvero con linee grafiche, pixel e pupazzi posizionati a mano. Esattamente quelli che ci spaventano, commuovono, fanno ridere a crepapelle e ci ricordano quanto sia divertente ed emozionante guardare cartoni, ecc. insieme al pubblico in sala.
40. “Rango” (2011)
Dopo aver finito con la saga de I Pirati dei Caraibi, Johnny Depp e il regista Gore Verbinski sono tornati a collaborare per questo western animato creativo e inusuale, che vede un camaleonte domestico catapultato in una cittadina nel deserto di cui diventa, suo malgrado, un eroe. Rango contiene riferimenti a diversi film da L’Uomo Senza Nome di Clint Eastwood e al Dr. Gonzo di Paura e Delirio a Las Vegas con lo stesso Depp, ma ciò che lo rende un’opera da vedere sono le gag surreali e l’umorismo all’inglese — è come la versione animata di una commedia dei fratelli Coen. NM
39. “Coraline e la Porta Magica” (2009)
Nightmare Before Christmas ha i suoi momenti inquietanti — ma l’adattamento di Henry Selick del libro di Neil Gaiman è assolutamente da brivido. Stanca dei suoi genitori distanti, il personaggio eponimo del film finisce in un mondo dove tutte le persone che conosce sono sostituite da copie più allegre, ma vuote, con bottoni neri senza vita al posto degli occhi. Con un altro medium, sarebbe un vero e proprio horror (immaginatevi una Invasione degli Ultracorpi per preadolescenti), ma la stop-motion di Selick, e il suo sapiente uso del 3D, ci concedono un distacco sufficiente da non farci guardare il film con leggerezza, senza comunque farci distogliere lo sguardo. SA
38. “La Tela di Carlotta” (1973)
L’apprezzato romanzo di E.B. White che narra di Wilbur il maiale e la sua amica Carlotta, trasformando la trama in un musical con pezzi orecchiabili dei Fratelli Sherman (Mary Poppins, Jungle Book): Templeton, il ratto che balla per la fiera ingozzandosi di rifiuti e cantando “the fair is a veritable smorgasborg-orgasborg-orgasborg!”, è indimenticabile. Si dice che, dal canto suo, White odiasse il film, eppure conserva gran parte dei toni gentili e malinconici del suo libro, una piccola storia d’incanto in un luogo inaspettato. AW
37. “Una Tomba per le Lucciole” (1988)
I più associano l’influentissimo studio d’animazione giapponese Ghibli al lavoro del suo leggendario co-fondatore Hayao Miyazaki. Tuttavia il suo partner Isao Takahata è a sua volta un formidabile regista, questo devastante dramma ambientato durante la Second Guerra Mondiale, in cui un adolescente e la sua sorellina devono imparare a sopravvivere quando la loro città viene distrutta dai bombardamenti americani ne è la prova. Una Tomba per le Lucciole potrebbe rappresentare l’apice dell’animazione per soli adulti: nonostante i protagonisti siano due bambini, si tratta di una storia di guerra e perdita assolutamente matura, con un’atmosfera generale di disperazione e rabbia. L’ultimo film Pixar vi ha fatto salire le lacrime agli occhi? Questo vi strapperà cuore ed anima. TG
36. “Il Pianeta Selvaggio” (1973)
Splendida e allo stesso tempo sorprendentemente violenta, questa allegoria psichedelica dell’animatore francese René Laloux ha ispirato molti, dall’eclettico Flying Lotus al famoso produttore hip-hop Madlib. Il design inquietante ed il caratteristico stile di animazione con sagome di carta ritagliate stupiscono ancora oggi il pubblico, mentre le composizioni di Alain Goraguer creano un tono inquietante di rado presente in una colonna sonora. Giganteschi alieni dalla pelle blu chiamati Traags tengono esseri umani come animali domestici e li maltrattano con leggerezza, le implicazioni dunque non sono molto velate. Tuttavia l’originale estetica basta da sola a far rientrare questo film in liste come questa. CB
35. “Brisby ed il Segreto di NIMH” (1982)
Abbandonata la Disney alla fine degli anni ’70 perché deluso dalla morente forza creativa della Mouse House, Don Bluth fece il suo debutto da regista con questa favola in cui una topina rimasta vedova deve spostare la casa di famiglia onde evitare che un contadino la distrugga. L’impresa la porta a scoprire cosa è accaduto all’amato marito, coinvolto in pericolosi esperimenti del governo sui ratti. Basato sul libro di Robert C. O’Brien, Brisby ed il Segreto di NIMH intreccia una critica alla crudeltà della sperimentazione animale ad una celebrazione del coraggio delle madri single in un’acuta trama ricca di azione ed avventura che ti prende e non ti lascia più, una pietra miliare (ma sottovalutata) per i ragazzini sensibili degli anni ’80. TG
34. “Up” (2009)
Cercate “strappalacrime” sul vocabolario: la prima definizione dovrebbe essere l’indimenticabile sequenza che dà inizio a questo film della Pixar — tutto il corso di un matrimonio, in poco più di quattro minuti. La storia di un’improbabile amicizia tra un ragazzino ed un anziano solitario (con una casa trasportata da migliaia di palloncini, cani parlanti ed un buon vecchio combattimento in dirigibile che non guasta mai) è un frammento di realismo magico che ben si addice al suo tema, ovvero che non si è mai troppo vecchi per un’avventura. Up si è guadagnato una nomination come Miglior Film ed è stato il primo film d’animazione ad aprire il prestigioso Festival di Cannes, e non è affatto una sorpresa, grazie ai toni vivaci dell’animazione ed alla profonda risonanza emotiva del film. AW
33. “Il Castello Errante di Howl” (2004)
Il maestro giapponese Hayao Miyazaki fonde brillantemente sensibilità orientale e occidentale in questo racconto contro la guerra, ispirato dal romanzo dell’inglese Diana Wynne Jones. Ne Il Castello Errante di Howl troviamo uno degli elementi di scena più creativi dello Studio Ghibli: un castello steampunk mobile alimentato da un sarcastico spirito del fuoco e governato da un mago bellicoso. Il film, che filtra l’estetica di un’Europa d’altri tempi attraverso una lente tutta orientale, è una storia d’amore visivamente spettacolare ma anche un’affermazione senza sconti dei danni che la guerra porta all’uomo e all’ambiente. Pete Docter (Pixar) ne ha diretto il doppiaggio in inglese, infarcendolo di straordinari talenti vocali come Lauren Bacall, Christian Bale, Emily Mortimer e Billy Crystal. JS
32. “Appuntamento a Belleville” (2003)
Da buon conoscitore delle performance dell’epoca d’oro del jazz e della commedia muta, il francese Sylvain Chomet ci ha dato dentro con un’atmosfera grottesca che sa di onirico e vintage per questa mirabolante storia che richiama i tempi andati e vede insieme gangster americani, ciclisti del Tour de France, e l’eponimo (nel titolo originale) trio di strambe sorelle impegnate a portare alla luce un giro criminale. La musica del film è accattivante e c’è un asciutto umorismo tutto fisico a non finire, ma la sua stravaganza più affascinante sta nella sua gioia nell’esibire le sue parti in movimento: un tapis roulant fatto in casa, le movenze di ogni giorno, una canzone. CB
31. “Fritz il Gatto” (1972)
L’adattamento della creazione di Robert Crumb — un tosto gattino con la passione per la droga, le resse con la polizia e sesso di gruppo che coinvolge pettorute studentesse — ad opera della leggenda cult Ralph Bakshi è il massimo manifesto sul grande schermo dell’amara e pungente satira dei comix indipendenti. (Sebbene l’artista non ne fosse, di per sé, un fan). Il fatto che sia stato il primo cartone per un solo pubblico maggiorenne fa passare in secondo piano le dimensioni più sovversive del suo sguardo antropomorfico all’Amerika di Nixon, ma l’allucinante cartone di Bakshi è tutt’altro che una vuota provocazione. Prendendo di mira tutti, dagli individui più abbienti (rappresentati come gatti grassi) ai progressisti più infervorati, quest’iconico film brucia come una Molotov, nel suo essere in parti uguali nichilista e di un edonismo irrefrenato. CB
30. “Persepolis” (2007)
La graphic novel di Marjane Satrapi è tra i grandi capolavori della storia del fumetto: uno sguardo sui generis che si volge all’Iran durante l’affermarsi del partito islamico fondamentalista, dal punto di vista di un’adolescente che ama il punk. La versione animata (realizzata in collaborazione con il francese Vincent Paronnaud) mantiene la stessa vivacità, seguendo l’eroina mentre si ribella e commette errori come ogni altro suo coetaneo, ma in un paese dove persino mettere il rossetto può mandare una giovane donna in carcere. Con la sua grafica monocromatica dalle linee spesse e l’illuminante storia dell’immigrazione di Satrapi in Europa, il film è una forza coinvolgente ed innovatrice tanto quanto il libro originale. NM
29. “Gli Incredibili – Una “normale” famiglia di supereroi” (2004)
Prima che i Batman di Christopher Nolan regalassero toni cupi ai film sui supereroi ed il Marvel Cinematic Universe li legasse a doppio filo alla mitologia, il ritratto che la Pixar riuscì a fare dei combattenti col mantello è ad oggi il più divertente ed innovativo che ci sia mai stato. Innumerevoli storie sui supereroi ci parlano di una società che s’indigna davanti a danni collaterali da loro provocati, ma lo sceneggiatore-regista Brad Bird (Il Gigante di Ferro) ricava una quantità infinita di gag da questi “supereroi” mentre cercando di inserirsi nella morigerata e normalissima società borghese. Quando vengono finalmente chiamati all’azione, non è solo salvando il mondo che gli Incredibili ci regalano momenti adrenalinici, ma anche con la libertà di essere se stessi. Ricordate: la famiglia che lotta contro i super cattivi insieme, resta insieme. ST
28. “I Pantaloni Sbagliati” (1993)
Il pignolo inventore Wallace ed il suo fedele cane Gromit sono un duo comico del grande schermo, e – insieme alle mani che con pazienza ne modellano i corpi in plastilina — danno il loro meglio quando affrontano un pinguino sociopatico con tanto di pantaloni robotizzati. (Non state a pensarci troppo su). Nick Park e la sua Aardman, autori anche del classico Interviste Mai Viste, in cui gli animali dello zoo discutono imperturbabili i vantaggi della vita dietro le sbarre, lavorano sodo sui più minuziosi dettagli del micromondo dei due, fino alla carta da parati nel loro accogliente cottage inglese. SA
27. “Valzer con Bashir” (20008)
Il documentarista israeliano Ari Folman era abituato a realizzare film girati dal vivo, eppure scelse l’animazione per esplorare la natura sfuggente dei ricordi, in particolare quelli che lui ed i suoi amici avevano represso dopo aver combattuto nella devastante guerra in Libano. Le conversazioni di Folman con i suoi amici e il lento dispiegarsi dei suoi ricordi si fanno sempre più sinistri col proseguire del film; essendo completamente animato, il solito metodo usato nei documentari dove si passa da un volto che parla ad una ricostruzione sfuma il confine tra passato e presente. Il risultato è surreale ed inquietante, un grido a pieni polmoni che mischia esperienze personali, protesta politica e poesia. AW
26. “Bambi” (1942)
Ci sono pochi momenti nella storia della Disney che sono indimenticabili — o famosi — come la scena in cui la madre di Bambi viene uccisa da un cacciatore, lasciando il dolce cerbiatto a cavarsela da solo. Quel che la gente potrebbe dimenticare, invece, è che Bambi è una celebrazione della vita carica di bellezza e poesia, che deve includere la morte, ma che lascia anche spazio all’amicizia, alla famiglia, ed alla gloria verdeggiante del mondo naturale. Aver perso la mamma rappresenterà forse la fine dell’innocenza per l’eponimo cerbiatto, tuttavia il film descrive la crescita, conoscenza, e la gioia di imparare a camminare con le proprie zampe come una preziosa virtù. ST
25. “South Park – Il film: più grosso, più lungo & tutto intero” (1999)
Il film con la tecnica più rozza di questa lista è anche uno dei più sofisticati. Trey Parker e Matt Stone amano l’animazione cruda e gli scherzi pesanti — il sottotitolo del film è forse la battuta fallica meno velata del mondo — ma sono anche abili satiristi con l’occhio fino ed una mira micidiale. Oltre a mostrare Saddam Hussein a letto con satana, il film sfoggia perfette pastiche del teatro musicale che hanno preceduto l’enorme successo broadwayano del duo: The Book of Mormon. Vive la résistance! (E non dimenticate il punch e la torta.) SA
24. “Le Avventure del Principe Achmed” (1926)
A quasi un secolo dalla sua uscita, la favola ultraterrena di Lotte Reininger lascia ancora a bocca aperta con la sua deliziosa fluidità. Le immagini sono state create con ritagli di carta, eppure scorrono come acqua, pura magia create con gli strumenti più semplici. I risultati ottenuti da Le Avventure del Principe Achmed diventano ancora più stupefacenti se si considera che Reininger ed i suoi collaboratori lavorarono senza linee guida. Non c’erano regole da infrangere, così per tre anni andarono ovunque li conducessero l’immaginazione e la voglia di sperimentare, creando uno dei primi lungometraggi animati, e tuttora uno dei migliori tra questi. SA
23. “Yellow Submarine” (1968)
Pochi film d’animazione calzano meglio la definizione di “spegni il cervello, rilassati e lasciati trasportare” dell’odissea psichedelica dei Beatles alla fine degli anni ’60, in cui John, Paul, Ringo e George devono salvare un’utopia subacquea dai tristerrimi Biechi Blu. Certo, è vero che i Fab Four non hanno prestato le loro voci ai personaggi, ma l’animazione visionaria di George Dunning insieme ai loro pezzi più psichedelici rendono comunque il film un memorabile esempio di Pop-Art. L’enorme successo di Yellow Submarine dimostrò al grande pubblico che c’erano altri modi, oltre a quello disneyano, di creare film a cartoni di successo. JS
22. “Toy Story” (1995)
La Pixar fece il suo ingresso nel settore con un film di debutto miracolosamente solido, già in possesso di quei temi, dell’umorismo e di quello stile proprio che l’avrebbe resa il simbolo del moderno cinema d’animazione di qualità. Fluente nel linguaggio rozzo ma toccante dell’infanzia. Il team della Pixar, rivoluzionario per i tempi, creò un cast di amabili giocattoli che ad ogni visione del film ci sembrano sempre di più dei vecchi amici. Woody e Buzz Lightyear (Tom Hanks e Tim Allen nel doppiaggio originale) sono un duo fantastico, e Hai un amico in me di Randy Newman ci commuove ancora. CB
21. “The LEGO Movie” (2014)
Dimostrando ciò che il mondo di Toy Story non aveva detto tutto quel che c’era da dire sul mondo segreto dei giocattoli per bambini, l’approccio gloriosamente buffo ai mattoncini da costruzione dei registi Chris Miller e Phil Lord ha reso Chris Pratt una celebrità, sfruttando sia la sua innata dolcezza che il suo particolare talento umoristico. La star di Parks and Recreation doppia Emmet, un Lego qualunque che scopre di essere il prescelto che dovrà salvare l’universo dal malvagio Lord Business (Will Ferrel). La storia dell’eroe che parte alla volta di qualche impresa è sicuramente un cliché – e solo uno tra tutti quelli che si trovano in svariati film d’azione – che questo spassoso film traduce ironicamente in parodia. Realizzare un film che sia una pubblicità-lungometraggio per l’eponimo prodotto sarebbe facile; realizzarne uno che sia vivace, accattivante ed immensamente originale proprio come l’eponimo prodotto è invece dannatamente difficile.