I registi dietro ai cinque film nominati nella categoria “Miglior film Straniero” degli ultimi Academy Awards si sono uniti per pubblicare un comunicato al fine di “esprimere la nostra empatia e unanime disapprovazione nei confronti del clima di fanatismo e nazionalismo che vediamo ogni giorno negli Stati Uniti.”
“La paura generata dal volerci dividere in generi, colori, religioni e sessualità è solo un mezzo per giustificare la violenza e distruggere le cose di cui abbiamo veramente bisogno – non solo come artisti ma come esseri umani: la diversità delle culture, la possibilità di essere arricchiti da qualcosa che sembra “straniero” e la convinzione che l’incontro tra esseri umani possa cambiarci in meglio,” hanno scritto i registi.
“Queste mura ci dividono e ci impediscono di provare qualcosa di tanto semplice quanto fondamentale: la sensazione che in fondo non siamo poi così diversi.”
Il comunicato arriva dopo che Asghar Farhadi, il regista Iraniano del film nominato agli Oscar, The Salesman, si Ë rifiutato di partecipare alla cerimonia di quest’anno a causa del controverso travel ban dell’amministrazione Trump contro alcune nazioni musulmane; al suo posto, ha svelato Farhadi lo scorso venerdì, ha inviato due importanti iraniani-americani, l’astronauta e scienziata Anousheh Ansari e l’ex direttore della NASA Firoux Naderi, come documentato da Variety.
Oltre a Farhadi, hanno firmato il comunicato Maren Ade (autore del film tedesco Toni Erdmann), Martin Zandvliet (del danese Land of Mine), Hannes Holm (dello svedese A Man Called Ove), Martin Butler e Bentley Dean (dell’australiano Tanna).
“A prescindere da chi vincerà l’Oscar come Miglior Film Straniero Domenica, ci rifiutiamo di dare importanza ai confini,” hanno scritto. “Crediamo che non ci sia una nazione migliore, un genere migliore, una religione migliore o un colore migliore. Vogliamo che questo premio sia simbolo dell’unità tra le nazioni e della libertà delle arti. I diritti umani non sono qualcosa per cui devi fare richiesta. Semplicemente esistono – per tutti.”
Il travel ban di Trump, inoltre, ha quasi impedito a due membri dei White Helmets, protagonisti di un cortometraggio nominato per il rispettivo Oscar, di partecipare alla cerimonia di Los Angeles. Il travel ban, tuttavia, è attualmente impantanato nel circuito giuridico federale, il che ha permesso la loro partecipazione.
Ecco il comunicato dei registi nominati:
“A nome di tutti i nominati, vogliamo esprimere la nostra unanime ed condivisa disapprovazione del clima di fanatismo e nazionalismo che vediamo ogni giorno negli Stati Uniti e in molte altre nazioni, in parte della popolazione e, sfortunatamente, anche in alcuni dei leader politici mondiali.
La paura generata dal dividerci in generi, colori, religioni e sessualità è solo uno strumento per giustificare la violenza e distrugge le cose di cui abbiamo bisogno – non solo come artisti ma come esseri umani: la diversità delle culture, la possibilità di essere arricchiti da qualcosa che sembra “straniero” e la convinzione che l’incontro fra esseri umani possa cambiarci in meglio. Queste mura ci dividono e ci impediscono di provare qualcosa di tanto semplice quanto fondamentale: la scoperta che, in fondo, non siamo poi così diversi.
Quindi ci siamo domandati: cosa può fare il Cinema? Non vogliamo sopravvalutare il potere delle pellicole, ma crediamo che nessun altro medium possa offrire uno spaccato così profondo di quello che accade alla gente o trasformare sentimenti di diffidenza in curiosità, empatia e compassione – anche nei confronti di quelli che vengono dipinti come i nostri nemici.
A prescindere da chi vincerà l’Oscar come Miglior Film Straniero, ci rifiutiamo di dare importanza ai confini. Crediamo che non ci sia nessuna nazione migliore, nessun genere migliore, nessuna religione migliore e nessun colore della pelle migliore. Vogliamo che questo premio sia simbolo dell’unità tra le nazioni e della libertà delle arti.
I diritti umani non sono qualcosa per cui devi fare richiesta. Semplicemente, esistono – per tutti. Per questa ragione vogliamo dedicare questo premio a tutte le persone, gli artisti, i giornalisti e gli attivisti che lavorano per promuovere unità e comprensione, e che combattono per la libertà d’espressione e la dignità umana – valori la cui protezione non è mai stata così importante. Vogliamo esprimere il nostro rispetto e la nostra solidarietà, per questo è a loro che dedichiamo l’Oscar.
Martin Zandvliet – Land of mine (Danimarca)
Hannes Holm – A Man called Ove (Svezia)
Asghar Farhadi – The Salesman (Iran)
Maren Ade – Toni Erdmann (Germania)
Martin Butler, Bentley Dean – Tanna (Australia)”