«Esiste in Italia una legge che non permette a un figlio/a non riconosciuto di conoscere le proprie origini. Norma entrata in vigore il 4 maggio del 1983. Per tutti coloro che ne subiscono le conseguenze, è stata da sempre considerata come una vera e propria presa in giro», racconta il regista Alessandro Bardani.
D.L. n.196 (…) Nel caso di figlio non riconosciuto alla nascita, chiamato anche N.N., le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite all’esercente soltanto dopo il compimento del centesimo anno di età (…).
«Avete capito bene! Questa legge (unica in Europa) vieta a più di 400.000 persone di sapere la loro storia se non al compimento dei cento anni. Ovvero: MAI».
Il più bel secolo della mia vita (al cinema dal 7 settembre distribuito da Lucky Red) racconta l’incontro tra un centenario proiettato nel futuro e un giovane ancorato al passato e del loro viaggio alla riscoperta delle proprie origini.
«La pièce teatrale nasce nel 2015 in questo caos legislativo. Senza lasciare spazio a nessun buonismo e retorica immerge personaggi tipici della Commedia all’italiana in atmosfere che si ispirano attraverso dialoghi serrati e puramente spietati a film d’oltreoceano come Clerks di Kevin Smith», spiega ancora Bardani. «Lo spettacolo ha riscosso un fortissimo successo di pubblico e questo mi ha spinto ad andare ancora più a fondo nell’affrontare una storia come questa attraverso il mezzo cinematografico che permette una assai maggiore libertà e un abbattimento dei naturali limiti scenici e narrativi che impone il teatro. Allargando la lente d’ingrandimento abbiamo messo a fuoco ancora molte più sfaccettature essenziali per sviscerare questa narrazione».
Giovanni (Valerio Lundini, protagonista della nostra cover story) che Gustavo (Sergio Castellitto) infatti sono figli non riconosciuti, ma si trovano ai due antipodi dello stesso problema. Giovanni è un membro dell’Associazione dei Figli Adottivi e dei Genitori Naturali che avrebbe una famiglia adottiva, ma l’ha rinnegata in nome di quella biologica che, probabilmente, per via della legge, non conoscerà mai; Gustavo, invece, cresciuto in orfanotrofio, ha appena compiuto i fatidici cento e ha dunque in tasca la soluzione al problema di Giovanni, ma di conoscere il nome della sua mamma se ne infischia bellamente.
Gustavo è un centenario sporcaccione e picchiatello, ma in fondo relativamente sensibile e assolutamente saggio, che impiega sì la maggior parte del metraggio a sua disposizione cercando di portare Giovanni fuori dalla retta via – che poi sarebbe il tratto autostradale più breve da Bassano del Grappa a Roma — ma che infine si rivela portatore sano (si fa per dire) di verità più profonde di quelle che sia noi che lui avremmo mai immaginato.