«”Se ha l’umore girato, è perché in passato ha subìto qualche tipo di violenza”». Questo sarebbe, secondo Jodie Foster, il pensiero di molti sceneggiatori uomini nello scrivere personaggi femminili complessi. Lo ha detto l’attrice a The Hollywood Reporter in occasione di una tavola rotonda condotta insieme alle colleghe Nicole Kidman, Anna Sawai, Naomi Watts, Jennifer Aniston, Brie Larson e Sofía Vergara.
«Mi è successo per la maggior parte della mia carriera: ogni volta che leggevo un copione, tutta la motivazione del personaggio femminile si poteva ricondurre al trauma subìto da uno stupro. Sembrava che, per gli uomini, le donne potessero agire solo se motivate dall’abuso».
Foster ha continuato: «Lo stupro e l’abuso sembravano le uniche backstory possibili: squallide, emotive. Non me la prendevo sul personale, ma, dopo essermi fatta le spalle, be’, credo che ci sia una responsabilità, quella dell’alzare la mano e dire: “Magari non ti verrà mai il personaggio femminile perfetto, ma non pensi che ci siano modi in cui possiamo lavorare insieme e creare qualcosa di nuovo?”».
Ora, invece, l’attrice vista quest’anno nella nuova stagione di True Detective non si è mai sentita più libera nel suo mestiere: «Professionalmente, non sono mai stata più felice di ora che ho sessant’anni. C’è una specie di soddisfazione nel fatto che non sia più tutto attorno a me, nel poter arrivare sul set e dire: “Come posso aiutarti con la mia esperienza, o con qualsiasi tipo di forma di saggezza abbia accumulato?'”. Avere questa carta da giocarsi è divertente, è semplice, e ti libera. Lasci perdere l’ansia che provavi da giovane, come tutti i problemi che ti facevi una volta».