Che grande anno per la televisione, sicuramente una delle poche cose buone fatte dagli Stati Uniti in questo 2017 così difficile. Le produzioni statunitensi hanno alzato l’asticella ancora più in alto di quanto ci aspettassimo: dal ritorno eroico di David Lynch, e quello (decisamente meno epico, ma altrettanto godurioso) di Larry David, il piccolo schermo si è riempito di drammi incredibili, commedie da fattoni, festini liceali, draghi zombie, truffatori porno, gangster, artisti della truffa, hacker, supereroi psichedelici, viaggiatori del tempo animati e documentari incredibili.
20. “I Love Dick”
È il corpo che comanda la mente, o la mente a comandare il corpo? Questa è la domanda a cui vuole rispondere la serie satirica di Jill Soloway – basata sul romanzo di Chris Kraus del 1997 – dedicata alla distruzione della mistica machista. Kathryn Hahn è la protagonista, una regista in difficoltà che si ritrova bloccata prima in una cittadina del Texas, poi in un’ossessione sessuale per Kevin Bacon (come tutti noi). L’attore è grandioso nel ruolo del filosofo affascinante, uno scultore capace di affermazioni come “Io sono il post-pensiero”. È incredibilmente misterioso o solo un cretino? E, considerando la sua libido, dovrebbe importare a Kathryn? La Hahn è sopraffatta dalla lussuria, e Bacon riesce a regalarci un’interpretazione ricca di pathos, nonostante il suo personaggio sia il classico stallone imperscrutabile.
19. “Better Call Saul”
«Non sono tanto bravo a costruire roba, ma sono eccellente quando si tratta di distruggerla», parola di Jimmy McGill. Better Call Saul continua a disintegrare le aspettative, un prequel di Breaking Bad che è riuscito a trasformarsi in un dramma con una dignità tutta sua, e un Bob Odenkirk strepitoso nella parte dell’avvocato truffatore che sappiamo diventerà Saul Goodman. È doloroso vederlo diventare la versione peggiore di sé – soprattutto in quest’ultima stagione, caratterizzata dalla battaglia con il fratello Michael McKean.
18. “Legion”
Il premio per il trip supereroistico più assurdo dell’anno va a Legion, con Dan Stevens nella parte del protagonista David Haller, un mutante solitario incapace di capire se è benedetto da poteri straordinari o maledetto da una mente che non riesce a fare pace con la realtà. Il creatore dello show Noah Hawley fa con i mutanti Marvel la stessa cosa che ha fatto con Fargo; Aubrey Plaza è un villain strepitoso; Rachel Heller la coscienza della serie, interpreta la fidanzata di David (che si chiama Syd Barrett, e non diciamo altro). L’azione vera e propria, però, avviene tutta nella mente del protagonista.
17. “Riverdale”
Un applauso alle idee orribili che diventano grandi serie TV: Riverdale si è rivelata un assurdo festino liceale, una rilettura geniale della mitologia high school a stelle e strisce. Come dice Veronica, «non possiamo liberarci dalla solita dicotomia sportivo/artista? Non possiamo, in questo mondo post-James Franco, essere tutte queste cose insieme?». Anche il casting dei genitori è a suo modo una satira dell’iconografia teen – Skeet Ulrich è il papà motociclista di Jughead, e Madchen Amick è la mamma di Betty. Ma il vero colpo di genio sono i genitori di Archie: signore e signori, Luke Perry e Molly Ringwald.
16. “Curb Your Enthusiasm”
L’assassino sociale colpisce ancora. Larry David torna al ruolo di una vita, ringiovanito da tutte le imitazioni di Bernie Sanders. È assurdamente terapeutico guardare questo stronzo di nuovo all’opera – un bel modo per ricordarsi che c’è una linea molto sottile tra vecchi miliardari pericolosi e vecchi miliardari divertenti. Quando accoppia il nipote con una bella ragazza (una prostituta, poco male) e il giovane muore a Pamplona, Larry ci regala un epitaffio glorioso: «Tutto questo non è scioccante. Corri insieme ai tori; sarei scioccato se non fosse morto». Bryan Cranston si unisce alla festa nel ruolo dello strizzacervelli, ma è Larry che suona gli assolo più belli, come ha sempre fatto e come sempre farà.
15. “The Vietnam War”
I 10 episodi – 18 ore potentissime – sulla guerra del Vietnam girati da Ken Burns potrebbero diventare il documentario più incredibile dell’anno. Il regista racconta la disastrosa avventura americana nel sudest asiatico, mischiando immagini di battaglia con le testimonianze dei soldati (Americani e Vietnamiti), infermiere e guerriglieri. I momenti più forti dello show sono quelli dedicati al Presidente Johnson. The Vietnam War racconta di un disastro storico e di come l’America non abbia ancora imparato nulla.
14. “Better Things”
«La cosa peggiore del divorzio è doverne parlare di continuo!», rivela Pamela Adlon nella seconda stagione di Better Things. «Davvero, è pazzesco come nessuno si faccia problemi a tirare fuori l’argomento – a qualcuno frega se io ho voglia di parlarne? Non vorrei altro che riuscire a sentirmi normale, per un momento». Better Things è una guerra che vuoi combattere al fianco della protagonista, anche sa la normalità è solo un miraggio all’orizzonte. Adlon interpreta una ragazza madre, attrice incapace di gestire le figlie, la madre, l’ex-assente e il solito squadrone di flirt inutili. L’episodio dove mitraglia un tizio con un fuoco di “no” («Questo no è molto no») sembra l’epitaffio di tutto questo 2017. L’autrice e protagonista ha anche diretto tutti gli episodi, scritti a quattro mani con Louis C.K., e la sua presenza creativa aggiunge tristezza agli infiniti incontri della protagonista con uomini deludenti.
13. “Halt and Catch Fire”
La serie drammatica di AMC è cresciuta anno dopo anno: iniziata come racconto del mondo degli informatici dei primi anni ’80, con il tempo si è spostata nella Bay Area e negli anni ’90. Ma anche chi ha amato le prime stagioni non poteva immaginare quello che sarebbe successo a Halt and Catch Fire nel suo quarto (e ultimo) anno, dedicato al 1994 e alla nascita di Internet. La quarta stagione è stata un trionfo di grandi interpretazioni – soprattutto Mackenzie Davis nei panni di Cameron e Kerry Bishe in quelli di Donna – e di un uso geniale della musica, da Bikini Kill a Veruca Salt. Alla fine questa serie rappresenta per il mondo dei computer quello che Mad Men è stata per quello della pubblicità: una storia di personaggi spezzati che si ritrovano insieme a lavoro, perché lavorare è l’unica cosa che sanno fare davvero.
12. “Difficult People”
In questo 2017-spazzatura, mentre la nostra società toccava il fondo e continuava a scavare, Julie Klausner e Billy Eichner hanno usato la loro serie comedy per colpire forte e nei punti dove fa più male. La genialità cinica del duo ci ha regalato la stagione più divertente e disgustosa della loro carriera. Come dice Eichner, «da quando Trump ha sostituito il Dipartimento di Sanità con il blog di Jenny McCarthy, niente ha più davvero senso».
11. “Master of None”
Aziz Ansari ha davvero trovato la formula magica per la sua storia d’amore moderna, sì, e Master of None è pieno di momenti che ti rimarranno appiccicati al cervello e ti costringeranno a guardarlo di nuovo. Il suo Dev attraversa New York City per trovare la ragazza giusta e il tapas bar perfetto, cercando contemporaneamente di salvare la sua carriera di attore. A volte la commedia è pura sincerità, come quando mente ai suoi (veri) genitori a proposito delle sue abitudini alimentari. Altre, invece, è un calcio in faccia – guardate l’episodio dedicato al Ringraziamento, perfetta rappresentazione di quanto una cena con la mamma e la tua migliore amica può diventare un disastro imbarazzante.
10. “Game of Thrones”
Tutti noi fan di Game of Thrones facciamo ancora fatica ad accettare la fine imminente delle avventure ambientate a Westeros. Questa stagione, però, è riuscita a riassumere un’epica gigantesca in soli sette episodi: battaglie, tradimenti, draghi di ghiaccio, fuoco blu, Estranei e Arya Stark che vendica il Red Wedding. (Di cosa sa una torta ripiena della carne dei tuoi figli, Walder Frey?) Per non parlare dei fuochi d’artificio hot tra la Madre dei Draghi e il Re del Nord, anche se la prima dovrebbe essere la zia del secondo. Nessuno sa quanto ci toccherà aspettare per vedere gli ultimi sei episodi, e questo inverno potrebbe durare più del previsto.
9. “Stranger Things 2”
Contro tutte le aspettative Stranger Things tiene botta per un altro anno, con una seconda stagione benedetta da un cast che si è rivelato composto da veri attori – soprattutto la meravigliosa Millie Bobby Brown. Per quanto riguarda l’assurdo (e discusso) settimo episodio, tutto dedicato alla sua Undici, diciamo solo che merita un video dei New Radicals. Noi, comunque, pensiamo sempre a Winona. Sempre.
8. “Insecure”
Lo show di Issa Rae è esploso quest’anno, e si è trasformato nell’esempio migliore di quanto dovrebbe essere provocatoria una serie dedicata a giovani coinquilini: Insecure è un tour di disastri sessuali, almeno così dice la creatrice. Il suo personaggio riemerge dalla lunga relazione con Lawrence, il ragazzo con cui ha passato gran parte della prima stagione, e va a lezioni di dating dalla BFF Molly. Cerca di godersi la vita da single, si sveglia in posti assurdi e a volte torna tra le braccia dell’ex. La osserviamo avventurarsi in nuovi paesaggi emotivi mentre passa da un letto all’altro, poi litiga con le amiche su chi sia la “Michelle Williams” del gruppo. Tutti i passi falsi del personaggio di Issa Rae sono la cosa migliore dello show, la ragione del suo fascino vulnerabile e inspiegabile.
7. “Rick and Morty”
L’ultima frontiera della famiglia disfunzionale Americana: un professore sciroccato e il suo strano nipotino esplorano i limiti dell’universo e dello spazio tempo. Perché? Perché qualsiasi cosa è meglio che stare a casa. Il cartone fantascientifico di Dan Harmon e Justin Roiland è cambiato molto quest’anno, a tal punto che diventare un vero fan di Rick & Morty significa lamentarsi di Rick & Morty. I nostri eroi visitano luoghi distopici come la Cittadella, e anche case della cospirazione come i Kennedy Sex Tunnels, il Truman Cocaine Lounge, il McKinley Hooker Dump e il Lincoln Slave Museum. Ma non importa quanto esageri la serie di Adult Swim, c’è sempre quel cuore emozionante, questi due matti disposti a visitare qualsiasi mondo piuttosto che passare un altro minuto con la loro famiglia.
6. “Patton Oswalt: Annihilation”
Patton Oswalt torna in grande stile – a 18 mesi dalla morte di sua moglie – con uno spettacolo di stand up brutale, la migliore comicità dell’anno. Parla del lutto e confessa il suo lato oscuro: «Giuro, se solo un’altra persona viene qui ad augurarmi di essere “forte” nel mio “Percorso di guarigione”, riempirò palloncini di piscio e li tirerò in ogni singola finestra del pianeta». La prima parte dello spettacolo è classica comicità americana, una falsa sicurezza che ti fa pensare che forse non parlerà della sua tragedia. Nella seconda, però, la realtà arriva e trasforma tutto. L’ho guardato almeno una dozzina di volte, e come me hanno fatto tutti i vedovi e le vedove del pianeta. La morale della favola l’ha scritta proprio la moglie, l’autrice di romanzi gialli Michelle McNamara: «È tutto un caos. Sii gentile».
5. “The Deuce”
David Simon e George Pelecanos hanno creato un mondo intero a partire dalle intercettazioni dei criminali underground: The Wire. Ora sono tornati con The Deuce, una serie imbottita di performance stellari, soprattutto l’eccellente James Franco che fa del doppio ruolo un trionfo. Il cuore della storia, però, è Maggie Gyllenhaal, una prostituta che si lancia nel nascente mondo del cinema porno. La serie racconta di truffatori che diventano autori e di ragazze che si ritrovano a pensare, come tutti gli spettatori: «Pensavo di trovarmi di fronte qualcosa di artistico, ma con un sacco di cazzi».
4. “The Good Place”
Quando Eleanor (Kristen Bell) muore, si ritrova nel Good Place, un aldilà pieno di frozen yogurt e attraversato insieme a Ted Danson. Eleanor era una persona orribile sulla Terra, e si convince che il suo arrivo lì sia una specie di errore burocratico. Questa meta-sitcom, inventata dal creatore di Park and Recreation Michael Schur, si è presentata subito come un trionfo di assurdità. Ma dopo un paio di twist cosmici, la seconda stagione si è lanciata verso territori inesplorati. The Good Place si dedica a tutti gli indovinelli esistenziali a disposizione, ma ancora non riusciamo a capire che ci faccia una serie così coraggiosa nella programmazione di un grande network.
3. “The Leftovers”
Quando è cominciata la messa in onda di Leftovers, nel 2014, la serie sembrava un classico trip sulla morte – cosa succede a una cittadina americana dopo la scomparsa improvvisa del 2% della popolazione mondiale? Nella sua terza e ultima stagione, però, lo show HBO è esploso definitivamente, mescolando storie diverse su timeline diverse. Damon Lindelof (Lost) trasforma il romanzo di Tom Perrota nella storia del legame tra due persone: Justin Theroux e Carrie Coon, una coppia di sopravvissuti incapaci di lasciar andare la loro vita passata. Il finale è un addio meraviglioso fino agli ultimi, indimenticabili secondi.
2. “The Young Pope”
Non c’è un momento di The Young Pope che non sia meravigliosamente sopra le righe – esattamente quello di cui avevamo bisogno quest’anno. Jude Law si divora il ruolo della sua carriera, un giovane Papa immerso negli intrighi del Vaticano e negli incubi della fede Cattolica. Il suo Pontefice è un ragazzo di Brooklyn che si comporta come una rock star – ha occhi da pazzo, veste di bianco e riempie di urla chi non conosce i Daft Punk. «Non voglio nessun fedele part-time!», urla ai Cardinali. «Voglio grandi storie d’amore! Voglio fanatici di Dio!» Il suo è un uomo complicato, e nessuno lo capisce, a parte forse la meravigliosa Diane Keaton. Paolo Sorrentino ha girato una delle serie più stilose dell’anno. Preghiamo.
1. “Twin Peaks”
L’Agente Dale Cooper è vivo. Anche Audrey Horne. E sì, anche David Lynch, che torna alla sua serie tv leggendaria e alla pacifica cittadina che ha lasciato nell’ormai lontano 1991. Twin Peaks poteva essere il solito reboot sentimentale – l’ennesimo “rimettiamo insieme la vecchia banda”. Ma il regista non si limita a tornare ai fasti dell’originale, lo completa. Nessuno poteva immaginarsi una serie così. La città fantasma è piena di volti familiari – Kyle McLachlan, Laura Dern, Sherilyn Fenn, Trent Reznor – e facce nuove. Ci sono attori morti poco dopo aver girato le loro ultime scene (riposa in pace, Signora Ceppo), e attori che se ne sono andati un poco dopo, come il grandioso Harry Dean Stanton. Un brindisi a Showtime per aver creduto in Lynch, per aver permesso a lui e a Mark Frost di girare le 18 ore di serie come desideravano. Non c’è mai stato – e non ci sarà mai – nulla come Twin Peaks: The Return. Questa è l’acqua e questo è il pozzo.