Volendo andare un po’ indietro nel tempo, si può considerare The Jolson Story, del 1946, come il primo biopic musicale di sempre: racconta la vita di quell’Al Jolson protagonista di Il cantante di jazz, che a sua volta era stato il primo film sonoro della storia. Questa dotta premessa serve per capire che l’invasione di biografie musicali degli ultimi tempi, sia sotto forma di documentario, sia di fiction – solo per dare qualche titolo: Love & Mercy (Brian Wilson), Montage of Heck (Kurt Cobain), Amy (Winehouse), Straight Outta Compton (N.W.A.), Janis (Joplin) – di sicuro non è una novità di questa stagione.
Ma il fatto che le uscite siano così ravvicinate – e sono in arrivo anche I Saw the Light (Tom Hiddlestone come Hank Williams), Miles Ahead (Don Cheadle come Miles Davis) e Born to Be Blue (Ethan Hawke come Chet Baker) – sembra indicare che la musica oggi si presta sempre di più a essere raccontata per immagini. Forse, banalmente, nella penuria di storie originali che affligge questo tempo, è più facile trovare materiale eccitante nelle vite (spesso avventurose, o perlomeno intense) dei musicisti. E la possibilità di cadenzare la narrazione con momenti puramente musicali è nella natura stessa del cinema. Un esempio su tutti: Il mago di Oz (1939), che pur angosciando da sempre grandi e piccini con recitazione sopra le righe e personaggi da incubo, ha regalato al mondo dei veri canoni pop.
Quello che è sicuro, è che praticamente ogni artista di successo, prima o poi – di solito avviene post-mortem, ma non è detto, vedi il già citato Brian Wilson – si porta in dote il suo film musicale dedicato. Gli può andare molto bene (Forest Whitaker in Bird), oppure può essere interpretato da Val Kilmer (The Doors, 1991). Anche se bisogna ammettere che il povero Val ce la metteva tutta, e non cantava neanche malaccio. Oggi anche i live diventano cinema: il mastodontico The Wall di Roger Waters, Jumper for Goalposts che celebra la carriera di Ed Sheeran (anche se ha solo 24 anni), e The Reflektor Tapes, film che racconta il processo artistico degli Arcade Fire. Nella categoria ibridi, poi, non possiamo non citare Gutterdämmerung, film muto, epico e matto con Iggy Pop, Grace Jones, Lemmy dei Motörhead e un sacco di altra gente fica.
Anche la tv ha sposato questo trend: già nel 2010 David Simon, con Treme, aveva legato strettamente il racconto della difficile ricostruzione di New Orleans post-Katrina con la musica jazz. E oggi è indicativo il successo di Empire, il drama che narra ascesa e caduta di una famiglia di sovrani hip hop in stile Jay-Z/Beyoncé: la prima puntata della seconda serie, trasmessa lo scorso 23 settembre, ha avuto più di 16 milioni di spettatori. Mentre il prossimo anno andrà in onda, sul canale statunistense HBO, Vinyl, serie creata da Terence Winter (Boardwalk Empire, The Wolf of Wall Street), diretta da Martin Scorsese e prodotta nientemeno che da Mick Jagger. Vinyl racconterà la scena discografica newyorkese anni ’70, immersa nella droga e nel sesso, agli albori di punk, disco e hip hop. In futuro, forse, l’importanza dei talent sarà così pervasiva che i musicisti si vedranno produrre il proprio biopic prima di pubblicare un solo disco. A pensarci bene, non è detto che non sia già successo.