"One More Time With Feeling”, il nuovo documentario su Nick Cave arriva a #Venezia73 | Rolling Stone Italia
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“One More Time With Feeling”, il documentario su Nick Cave arriva a #Venezia73

«Per me Nick Cave è un monumento. A Melbourne, già da quando ero giovane, era considerato come Gesù» abbiamo incontrato il regista e amico Andrew Dominik

Il nuovo documentario su Nick Cave uscirà nelle sale italiane il 27 e 28 settembre. Il film anticipa alcuni brani da “Skeleton Tree”, l’album in uscita il 9 settembre

Il nuovo documentario su Nick Cave uscirà nelle sale italiane il 27 e 28 settembre. Il film anticipa alcuni brani da “Skeleton Tree”, l’album in uscita il 9 settembre

«Per me Nick Cave è un monumento. Io vengo da Melbourne e, già da quando ero giovane, era considerato come Gesù. Ho sempre adorato la sua musica ma la cosa che amavo di più era pensare che, visto che lui ha circa dieci anni più di me, nei suoi testi ci fossero quasi dei consigli, degli inviti a guardare avanti nonostante tutto». Andrew Dominik, il regista di L’assassinio di Jesse James e Coogan – Killing Them Softly, inizia così una lunga conversazione con la stampa dopo la presentazione, alla Mostra del Cinema di Venezia, di One More Time with Feeling, documentario sul cantautore australiano che uscirà nelle sale italiane il 27 e 28 settembre. Il film, pensato inizialmente come una “semplice” esecuzione di alcuni brani di Skeleton Tree , il primo album (in uscita il 9 settembre) dopo la drammatica scomparsa del figlio quindicenne Arthur, è entrato poi nel vivo della scrittura e dell’anima del cantautore australiano. Il film di Dominik infatti alterna inizialmente momenti di vita privata, confessioni on the road, prove in compagnia dei suoi Bad Seeds e la voce fuori campo delle stesso Cave a commento di alcune immagini, per poi trasformarsi in un film-confessione dove il dolore di una tragedia indicibile lentamente riesce ad incarnarsi sullo schermo e ad acquistare la parola.

Girato in uno straordinario 3D, che amplifica le sensazioni ma che, al tempo stesso, diventa uno spazio intimo, una modalità di sottolineare la profondità del volto scavato dal dolore di Cave, One More Time With Feeling sceglie i chiaroscuri di un limpido bianco e nero, sfumature perfette per la musica di Nick, per poi abbandonarsi, per qualche breve istante, al colore, alla vita che sembra continuare, nonostante tutto. Come era facile prevedere, Nick Cave non è venuto al Lido ad accompagnare il film e le dichiarazioni del regista australiano sono state quanto mai chiarificatrici «L’idea del film è nata quando Nick si è reso conto che prima o poi avrebbe dovuto promuovere il disco e questo pensiero lo faceva star male. Parlare con la stampa, il pericolo di domande su Arthur, ecc ecc. Così, una mattina mi telefonò e mi propose di girare questo documentario, voleva una persona di fiducia, aprirsi un’unica volta e poi tornare alla sicurezza dei suoi affetti». Dominik e Cave infatti si conoscono già da parecchi anni dopo che Nick e Warren Ellis si occuparono della colonna sonora del secondo film di Andrew, L’assassinio di Jesse James, film nel quale Cave recitava anche in un piccolo ruolo. Per lunghi giorni, regista e “interprete” si sono interrogati su quali fossero i rischi e i confini “morali” di un’operazione simile ma Dominik ha spiegato che, nonostante il carattere introverso di Cave, l’accordo fra i due era di eliminare tutte le scene in cui non si sentiva a suo agio.

«Le riprese sono iniziate a febbraio di quest’anno» prosegue Dominik «pochi mesi dopo la morte di Arthur, ma non credo che il film sia stato in qualche modo terapeutico per Nick. Lui ha sempre avuto un’incredibile capacità di cristallizzare ogni forma di dolore nel lavoro e questo suo “nuovo” modo di comporre i testi, meno definiti narrativamente e decisamente più ermetici, sono stati molto più terapeutici, credo, di ogni possibile confessione davanti alla macchina da presa». One More Time With Feeling danza così, per circa due ore, fra vita e morte, pudore ed empatia grazie ai suoi carrelli circolari, che abbracciano microfoni e strumenti, e a una macchina da presa che sembra incarnare il dolore e trafiggere mattoni, palazzi e città per librarsi in cielo, lontano dalle bianche, tragiche scogliere di Brighton dove Arthur perse la vita. «Girando questo film ho imparato a fidarmi di più delle mie “pulsioni” visive» conclude Dominik «una lezione che terrò presente quando fra qualche mese comincerò il mio nuovo film su Marilyn Monroe, tratto dal romanzo Blonde di Joyce Carol Oates».