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Ridate a Piero Angela il Telegatto vinto dalla Bignardi

Il premio partorito da 'TV Sorrisi e Canzoni' torna dopo anni di assenza e un bagno di sangue di ascolti. Una volta lo vinse anche David Lynch, ma nessuno batterà il record mondiale di Antonio Ricci.

Foto Fotogramma / IPA

Un tempo, parafrasando il Blasco, appena si accendevano le luci dei lampioni tutta la gente correva a casa davanti alle televisioni. Di solito il giovedì, quando Mike Bongiorno entrava dentro i salotti italiani gridando “ALLEGRIA !” con il braccio puntato verso il cielo. Non aveva mai grandi rivali, visto che le Coppe si giocavano il giorno prima, e stracciava chiunque in qualsiasi classifica d’ascolto o di gradimento. Quando si tratta di Telegatti vinti Mike è secondo solo ad Antonio Ricci, che lo batte 30 a 24, e dietro ogni statuetta una storia da raccontare, un aneddoto, una gaffe. Quest’anno, ad ottobre, la notte degli oscar della tele ritorna, tra squilli di tromba e rulli di tamburi, e pare che l’idea non dispiaccia affatto.

Il Premio Internazionale della Televisione nasce nei primi anni settanta, partorito dal settimanale con le classifiche dei dischi, TV Sorrisi e Canzoni, debutta sul piccolo schermo nel 1984 e tira avanti tra alti e bassi fino all’ultima edizione del 2008 quando, causa dati d’ascolto scadenti, viene abbassata la saracinesca. Ventiquattro edizioni, durante le quali la televisione è cambiata, così come è cambiata la nostra vita, ribaltata da Internet, YouTube e le dieci regole del successo di Flavio Briatore.

Gli anni ottanta avevano salutato l’ingresso nel tubo catodico di una vasta gamma di cartoni giapponesi, di Dallas e Dinasty, delle telenovelas, di Ok il prezzo è giusto, di Videomusic. Berlusconi dominava e fotteva i cavalli di razza a mamma Rai, che deteneva ancora il potere calcistico e dell’informazione giornalistica. Si rideva con Drive In, Ezio Greggio e Has Fidanken, Emilio Fede si infagianava in una losca vicenda di bische clandestine, il potere paninaro si era impossessato delle giovani menti che, in mezzo al decennio, dopo aver riposto Moncler e Timberland nell’armadio, rispolverarono l’eskimo dei padri per dare vita al movimento della Pantera.

Red Ronnie intervistava Simon Le Bon un giorno si e uno no, nei momenti liberi dai Duran Duran conduceva brillantemente Roxy Bar, dove spesso passavano per un caffè e un paio di ballads Gianni Morandi, Lucio Dalla, Jovanotti. Negli anni novanta la musica cambiò, non si cantava più sotto la doccia ma in piazza, dove un bel ragazzo moro e simpatico ti porgeva un microfono dentro al quale potevi scaricare le corde vocali per poi vomitare, in beata solitudine, all’angolo della via dove di solito pisciavano i cani senza essere notato, visto che tutti, ma proprio tutti, avevano occhi solo per Fiorello, straordinario fantasista creato dai villaggi turistici e da Radio Deejay.

Poi Maria De Filippi, che fece il suo esordio conducendo Amici quando era ancora soltanto la moglie di Costanzo. Pareva destinata a durare meno di un gatto in tangenziale, invece cambiò radicalmente usi e costumi del teleconsumatore abituale, favorì la ricerca dei quindici minuti di notorietà, assegnata a ogni membro dell’umanità da Andy Warhol, affinché si prolungassero all’infinito, in alcuni casi ci riuscì pure, in altri un po’ meno, sdoganò il pianto in diretta e l’innamoramento senile, ci fece conoscere Tina Cipollari, e di questo avremo fatto un po’ tutti volentieri a meno, e i tronisti bonazzi.

I Telegatti venivano assegnati senza particolari casini, finché, all’inizio del nuovo millennio, un olandese esportò in tutta europa un format che prendeva il nome da un romanzo di George Orwell e prevedeva la reclusione di alcuni volontari dentro una casa tappezzata di telecamere che riprendevano qualsiasi avvenimento 24 ore su 24, comprese le sedute giornaliere alla toilette, i coiti e i rutti. In Italia la cernita dei concorrenti portò alla ribalta dieci sconosciuti che non avevano né arte né parte, ma sfruttando l’innata voglia del popolino di farsi i cazzi degli altri, bucarono lo schermo e divennero famosi, tranne il pizzaiolo Salvo, che ricominciò a fare le pizze, e un cuoco di Verona.

Il problema vero ci fu quando, in maniera alquanto sconsiderata, la trasmissione condotta dalla brava Daria Bignardi vinse il Telegatto come migliore programma culturale, sconfiggendo neientepopodimenochè SuperQuark e Cecchi Paone, che si incazzò come una biscia sostenuto da Pippo Baudo. Fu uno degli ultimi sussulti, poi i dati d’ascolto sentenziarono la fine dei giochi e il Telegattone rientrò mestamente nei ranghi, un vero peccato, in fondo fa bella mostra di sé anche sul camino della casa di David Lynch, che lo vinse per Twin Peaks.

Lui mandò avanti gli attori e non cagò affatto il red carpet, che vide invece sfilare autentici mostri sacri dello spettacolo mondiale, e se penso a chi potrebbe toccare quest’anno mi viene voglia di regalare la televisione ai vicini e di iscrivermi a un corso di tombolo.

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