Forse avrete notato, e certamente l’avrete fatto, negli ultimi mesi: Le donne di tutto il mondo hanno deciso di dire “#meetoo”, ovvero “anche io sono stata violentata, bistrattata, molestata, danneggiata, umiliata, sporcata nella mia innocenza” da un uomo. Questa rivoluzione è cominciata in California, le attrici di Hollywood sono insorte. Tutto è partito dall’inchiesta di Ronan Farrow, figlio di Mia Farrow e Woody Allen. L’uomo ha mantenuto il cognome della mamma, non del padre.
Questa rivoluzione culturale sta avendo effetti benefici sui luoghi di lavoro, dove si auspica che la ripartizione economica tra i due sessi sia più equa. Queste donne hanno parlato anche in nome delle “altre”. E questo è sacrosanto, granitico, e benefico per un equilibrio maggiore non solo tra uomo e donna, distinzioni relative perché “la nostra natura è divisa in egual misura tra uomo e donna”, (Platone) ma per chi soffre. Ma le donne, o gli uomini e le donne, sono più liberi dopo questi mesi?
Ogni rivoluzione, se tale sarà, e ho diversi dubbi a riguardo, fa cadere teste, e qui, a proposito di teste, ne sono cadute alcune che non dovevano cadere. E altre che cadono ogni giorno, meno note, ma altrettanto sensibili e degne di rispetto. Effetti collaterali. Quello qui sotto è il trailer di un film che forse non vedrete mai. il suo titolo è I love you Daddy.
Louis Ck è il più grande comico americano. In una società competitiva e di professionisti come gli Stati Uniti, essere il migliore lì significa essere il migliore al mondo. Louis Ck è il MIGLIOR comico al mondo. Un artista geniale, che nei suoi spettacoli viene applaudito per i suoi passaggi musicalmente matematici e perfetti nei temi di sesso, religione, parità tra sessi. Un “illuminato” della matematica della vita, tra l’”Of course!” “But Maybe!”, un letterato della disciplina della felicità altrui grazie al racconto della sua miseria.
Louis Ck ha scritto, diretto e montato un film su un suo possibile incubo, forse liberazione, un corto circuito in cui ogni uomo dotato di senno prima o poi incappa: “Mia figlia è una donna? Mia figlia è come tutte le altre donne? Un angelo? Una Prostituta? Una via di mezzo? Gli uomini sono tutti porci? Artisti? Mediocri?” Domande che l’artista si pone, sui conflitti eterni tra eros e logos. Un film dissacrante. Anche Stanley Kubrick sapeva che giocare su questi temi significa toccare le corde più profonde dell’esperienza umana.
Tre comiche professioniste, donne, hanno accusato Louis Ck di “molestia”, e lui si è ritirato dalle scene, al momento, e il suo ultimo film è stato letteralmente messo “al rogo”. Distribuzione cancellata, lotta agli Oscar svanita. Negli anni sessanta degli scontri per la parità razziale e la rivoluzione femminile, le pellicole e i libri scomodi sono sopravvissuti, in un modo o nell’altro, al rogo, inteso letteralmente come “bruciare fisicamente le pellicole”. Ma la rivoluzione culturale del Sessantotto era un inno alla libertà di espressione, comune.
Ultimo Tango a Parigi ad esempio fu condannato da una sentenza della cassazione il 29 Gennaio 1976, “alle distruzione di tutte le copie”. Le parole di Bernardo Bertolucci alla sentenza “Signori, magistrati, moralizzatori: vorrei sapere in quale forno crematorio sarà bruciato il negativo di Ultimo tango a Parigi. Con la vostra sentenza avete mandato in un campo di sterminio le idee al posto di alcuni milioni di spettatori adulti, gli stessi che si sono guadagnati il diritto di votare, di scioperare e di divorziare, colpevoli di aver amato, odiato o comunque di avere visto Ultimo tango. Ma non fatevi illusioni: nell’Italia del 1976 siete soltanto una minoranza in via di estinzione storica, naturale, biologica”. Si conta che Ultimo tango a Parigi sia il terzo film più visto della storia del cinema italiano.
Condannare Louis Ck al rogo da parte di un “organo di censura” sarebbe stato, seppur odioso, comprensibile, nell’esercizio delle proprie funzioni di potere. Ma qui? L’artista Louis Ck però, è diverso dal padre Louis Ck che è diverso dall’uomo Louis Ck. Il tribunale mediatico ha condannato al rogo non solo le opere di Louis Ck, ma anche la sua vita, il suo essere amorevole padre di due figlie, vittime di un tornado mediatico che segnerà loro per sempre. Il pubblico è stato privato dell’opera di un’artista da un tribunale precostituito, questa volta spontaneamente. Da noi stessi. Tutti i significanti e significati positivi delle opere di Louis Ck (una valga per tutte: “Mentre noi siamo in bagno, scrivendo un commento sarcastico su Facebook, qualcuno sta soffrendo miserabilmente per permetterci di farlo, costruendo telefoni come schiavo, dall’altra parte del mondo”) sono stati spazzati via. Messo nello stesso tritacarne di chi si presentava, lato Italia, nudo davanti ad attrici per un provino, o le violentava facendo credere che fosse una “esperienza artistica” e chi violenta senza nemmeno scuse o pretese artistiche. Sono tutti “violentatori” “molestatori”. I maschi, sono tutti uguali. E noi di converso “e le donne, sono tutte prostitute”. Stereotipi. Quanto vero? Quanto falso?
Ora, due sono le risposte. Proseguire in questa spirale e limitare sempre di più il “politicamente scorretto” a favore del “politicamente corretto”. Ma quante volte noi giudichiamo ogni giorno, su Internet, e lasciamo sfogo a ogni istinto? Se proseguiremo su questa nuova ondata di puritanesimo pubblico e di orrore privato (che Facebook rende pubblico) avremo sempre più libri come 50 sfumature di Grigio e sempre meno artisti come Stanley Kubrick, Louis Ck, Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Gianni Rodari, e film come Shakespeare in Love. Un comico dovrà pensare decine di volte prima di ledere l’immagine del potere, una donna dovrà stare più attenta al suo comportamento, o altrimenti sarà travolta da commenti e ingiurie, e al tempo stesso tutti perderemo un po’ di noi a favore di questo ordine politicamente ineccepibile. La prima censura sarà l’autocensura. Questo è il dramma peggiore. Condannare l’arte alla mediocrità e le persone a non esprimersi in libertà.
Nell’epoca del politicamente corretto tutto è in corto circuito. Se stiamo contenendo la pubblica decenza, ci stiamo trasformando in mostri sui social network. Liberi di vomitare ogni insulto, ingiuria, offesa. E’ plausibile offendere il Presidente della Camera o una giornalista, o un amico, dando loro della “puttana”, “idiota” “coglione” “comunista” “imbecille” “ripieno di liquido seminale” “maiale” “dovresti essere appeso a testa in giù“, atti che sarebbero singolarmente tutti perseguibili, e dovrebbero essere perseguiti per legge.
Nel nuovo sistema di politicamente corretto, in cui il film I Love you daddy non può essere visto, l’Italia produce capolavori artistici come Massimo Boldi che fa il cuoco, ma soprattutto è concessa libera licenza di umiliare uomini e donne pubblicamente in gironi infernali di commenti su Facebook. Reclamiamo ordine ma siamo i primi a offendere, i primi a giudicare, i primi a rivolgere orribili epiteti, ben peggiori di qualsiasi stupro, a donne, giornaliste, medici, meccanici, esseri umani colpevoli a loro volta di manifestare il loro pensiero, qualunque esso sia. Questa è l’arte e la civiltà che ci meritiamo nel ventunesimo secolo? E’ questo il nostro “perseguir virtude e conoscenza?” Massimo Boldi? I nostri insulti su internet? Le opere troppo ardite sono bandite. Gli argomenti “scomodi” sono censurati. L’insulto e l’orrore sono accettabili, ma non la rappresentazione artistica ed elevata delle miserie umane attraverso l’arte. Questa epoca è oggi. Se sappiamo qualcosa dell’universo, è che esso è matematico.
Un giorno vedremo I Love you Daddy. E con più arte, smetteremo di insultare e odiare il prossimo. Torniamo a credere nell’arte, ci salverà da ogni forma d’odio. La mamma di Ronan Farrow ha impedìito al proprio figlio di credere nel padre, gli ha insegnato l’odio, non tanto nei confronti degli uomini, quanto negli esseri umani in generale. Non è una splendida metafora? Odio porta odio.