C’è un’energia scabrosa, un black humor estremo, un mood punk e barocco in The Favourite, la bizzarra dramedy barocca di Yorgos Lanthimos, il regista greco di The Lobster e The Killing of a Sacred Deer. La vera storia di Sarah, Duchessa di Marlborough (Rachel Weisz), e della competizione con sua cugina Abigail, la baronessa Masham (Emma Stone), per i favori della regina Anna (Olivia Coleman) si sviluppa nella finzione in un orribile e disfunzionalissimo triangolo politico-sessuale, raccontato con un’eleganza selvaggia, quasi disumana. Alla sceneggiatura vivacissima e sboccata di Deborah Davis e Tony McNamara, Lanthimos aggiunge il suo gusto per l’assurdo e una totale disinibizione.
Quando pensi che Olivia Coleman non possa superare la performance in Broadchurch, la nuova Queen Elizabeth di The Crown ti tira fuori una regina Anna pazzesca, insicura, ferita, ma anche buffa e dagli appetiti insaziabili: «È una bambina un po’ viziata, una donna che non ha fiducia in se stessa e non sa se viene amata davvero per quello che è. Il mix tra politica e sesso è senza tempo, ed è stato molto bello farlo con Emma Stone» ride la Coleman. «Altrettanto» le fa eco la ragazza d’oro di Hollywood. E quando pensi che pure lei abbia raggiunto il suo apice con la Mia in Technicolor di La La Land, arriva con quegli occhioni e ti dipinge – spesso solo attraverso gli sguardi e i silenzi – una giovane cortigiana, spietata perché spezzata quando era solo una bambina: «È una ragazza che ha deciso di sopravvivere. Io poi ero l’unica americana nel cast, dovevo trovare il giusto accento british e con quesi costumi non era facile nemmeno respirare». Del trio, la sola assente in Laguna è Rachel Weisz, altrettanto brillante e terrificante nei panni della rigida Lady Marlborough.
Un film di donne in tempi di #MeToo, «il caso raro di un storia concentrata su tre protagoniste femminili che vengono presentate come tre essere umani, ben lontano da quello sguardo maschile sul cinema che le relega a oggetti del desiderio o casalinghe» spiega Lanthimos «Abbiamo cercato di dare un contributo facendo vedere che queste donne sono fantastiche e orrende come ogni altra persona».
Tutto quello che si apprende della politica e della guerra nel primo Settecento inglese è visto attraverso i loro occhi: «In base al loro umore, alla loro opinione, queste persone prendono decisioni che hanno effetto su migliaia di persone. E questo non ha tempo…» continua il regista, che sta sperimentando sempre più l’uso del grandangolo, «perché è importante dimostrare anche la contraddizione visiva tra queste figure solitarie e gli ambienti un po’ distorti». La claustrofobia è assicurata, così come le risate, tante, spontanee e nere, come il cuore di questo film.
Lanthimos non ama spiegare le sue opere, ma ha trovato il progetto ideale per il suo sguardo spietato e la sua severità formale e, quando non vuole essere troppo pretenzioso, centra il bersaglio con la stessa semplicità con cui il personaggio di Emma Stone impara a sparare alle anatre, schizzando profeticamente di sangue il volto della rivale Weisz. Pare che la corsa agli Oscar sia davvero iniziata.