In clima pre-elettorale, qualsiasi star americana che si è ritrovata di questi tempi a subire un’intervista, è stata costretta a fare il suo endorsement pro-Clinton e dire che Trump è un buffone pericoloso, con il corollario auto-flagellante: “Ma come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto!?” Poi però c’è uno come Viggo Mortensen, che al domandone Clinton vs Trump, si è preso non solo la briga, ma anche la responsabilità politica di andare un po’ più a fondo alla questione e rilanciare a modo suo. Ve lo anticipiamo qui (troverete l’intervista integrale sul numero di dicembre per l’uscita in sala di Captain Fantastic) perché da domani potreste vedere un’altra parte della storia, quella che i media – a detta di Viggo – hanno deliberatamente scelto di non raccontare.
Viggo Mortensen: I media in America sono abituati a trattare i movimenti come fossero fenomeni modaioli. Il fatto però è che le persone sono reali, e continuano a esistere, a scendere in strada, a fare politica, anche se le telecamere non le riprendono più. Prima della guerra in Iraq, ci sono state manifestazioni con milioni di persone, a Londra, New York, Washington… e il fatto che non siano servite – cioè il fatto che la guerra in Iraq c’è stata lo stesso – non vuol dire che quel movimento sia morto. Così, anche se Clinton o Trump saranno eletti, perché qualcuno dovrà essere eletto, tutte le migliaia di persone che si sono radunate attorno a Bernie Sanders, continueranno a esistere. E si è trattato di un movimento davvero unico in America, estremamente eterogeneo, non c’erano solo quelli Occupy, o di Black Live Matter o del Green Party. Alla convention democratica di Philadelphia c’erano migliaia di persone venute a manifestare contro la candidatura di Clinton. E quando Sanders ha detto che l’avrebbe appoggiata, centinaia dei suoi delegati si sono messi del nastro adesivo sulla bocca, si sono alzati e se ne sono andati. Ma i media non li hanno seguiti, nessuno è uscito a filmare quello che stava succedendo. Io ho una certa età, ma se invecchiando smetti di interessarti alle questioni basilari della politica, o ad avere una visione del mondo anche per chi verrà dopo di te, poi non ha senso chiederti: “Ma come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto?” C’è questo documentario, in sei brevi episodi, si chiama The Revolution Televised e mi hanno chiesto di fare la voce narrante. Fa vedere immagini che non sono state trasmesse da nessuno. Immagini che la gente avrebbe dovuto vedere, perché avrebbero avuto un impatto sulle elezioni. Non si tratta di un video di propaganda, e non cerca di convincere nessuno, mostra semplicemente quello che è successo, mostra un momento fondamentale e critico della storia democratica del Paese, mostra un movimento autentico e in continua crescita, che i media hanno deliberatamente ignorato.
Il primo episodio The Revolution Televisised andrà in onda la sera dell’1 novembre in USA, e i successivi a una settimana di distanza l’uno dall’altro qui.