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Tim Burton: «Sono sempre stato politically incorrect, non cambierò certo ora»

La passione per il disegno, lo scetticismo verso l'Intelligenza Artificiale e la crescente invadenza di una pregiudiziale ideologica nel mondo dell’arte. Il regista dark per definizione si è raccontato durante la presentazione della mostra dedicata al suo universo cinematografico e interiore, che sarà inaugurata domani al Museo del Cinema di Torino

Tim Burton. Foto The Weinstein Company INC. / IPA

Domani al Museo Nazionale del Cinema di Torino sarà inaugurata Il mondo di Tim Burton, una mostra dedicata all’immaginario oscuro e grottesco del regista dark per antomasia. Allestita all’interno della Mole Antonelliana, l’esposizione rappresenta un lungo viaggio nell’universo visionario e nella creatività di Burton. Il nucleo centrale si concentra sull’archivio personale del regista, e permette ai visitatori di entrare a diretto contatto con la sua produzione artistica sconfinata.

Il materiale è parecchio eterogeneo: documenti, scatti di Polaroid, sculture, ritratti, ma anche disegni e bozzetti con i temi e i motivi visivi ricorrenti da cui hanno preso vita i personaggi che caratterizzano i suoi mondi cinematografici distintivi. Un percorso che segue le orme del regista e l’evoluzione della sua singolare immaginazione visiva di artista postmoderno multidimensionale, in una sorta di autobiografia raccontata attraverso un processo creativo fluido e senza limiti.

Foto: A. Guermani

La mostra è divisa in più sezioni: dai disegni che Burton abbozza velocemente quando si trova a sedere in un bar alle foto scattate con la sua fedele Polaroid nel corso degli anni. Largo è lo spazio dedicato al suo universo cinematografico, in particolare agli schizi preparatori dei suoi personaggi più iconici, come Edward mani di forbice, Beetlejuice e la sua peculiare e cartoonesca versione di Batman. Una passione, quella per il disegno, che lo accompagna da molti anni: «Ho iniziato a scarabocchiare i fogli da bambino, e ho continuato per tutta la vita. Non ero bravissimo, però a un certo punto decisi che non me ne importava nulla. Oggi continuo a disegnare ovunque, dappertutto».

Foto: A. Guermani

E poi la vera chicca: la sezione dei progetti non realizzati, esempio macroscopico del fervore creativo di Burton, un regista che conserva al suo interno un numero sterminato di mondi. Un patrimonio inedito di città, oggetti, ambientazioni e animali antropomorfi mai mostrati al pubblico prima. 

Foto: A. Guermani

«Quando ho visto la mostra non potevo crederci», ha detto Burton durante l’incontro con la stampa. «Questa è una location incredibile, che unisce la magia dell’architettura a quella del cinema». Il regista è rimasto colpito dalla riproduzione del suo studio, allestita ai piani superiori della Mole: «Rappresenta perfettamente il mio immaginario, non poteva essere realizzato meglio». Parlando della seconda stagione di Mercoledì, ha rivelato che questo personaggio sembra «scritto appositamente» per lui. «Lo sento mio, tocca la mia parte di adolescente disturbato. Mi sento coinvolto nella Famiglia Addams».

Anche il cinema italiano ha avuto un peso nel suo percorso: «Per qualche strano motivo sono cresciuto con il vostro cinema, soprattutto dell’orrore», ha raccontato. «Adoravo i film di Bava, è stato il primo regista italiano con cui mi sono identificato. Amavo moltissimo anche Fellini, in particolare l’aspetto onirico che si può ravvisare nei suoi film. Mi sembrava di osservare da vicino un incubo».

Interrogato sul possibile impatto negativo che l’Intelligenza Artificiale potrebbe esercitare su un cinema d’autore e visionario come il suo, ha spiegato che «l’impiego di questa tecnologia ti dà una strana sensazione: è come se non fossi più nel tuo corpo. Tutto, però, può essere utilizzato per il bene e per il male, dipende da come lo si usa». La fantasia, però, rimane il motore fondamentale della sua attività artistica: «È sempre stata una componente fondamentale del mio cinema: dal mio punto di vista, realtà e finzione sono due elementi che si compenetrano. Ci sono cose che sembrano irreali anche se sono reali, ma la cosa importante sono le emozioni umane. A volte ottengo più realtà dalla fantasia, soprattutto quando attingo dal folklore e dalle favole».

E poi la vexata quaestio: il politicamente corretto e la crescente invadenza di una pregiudiziale ideologica nel mondo dell’arte. «È un dibattito difficile: oggi è orribile essere uno scrittore, un musicista, un comico, perché ci sono tantissime cose che non si possono dire. Sono sempre stato politically incorrect e non posso cambiare certo oggi. Spero si arrivi a trovare un certo equilibrio».

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