Insieme alla questione delle quote rose (ci sono solo due registe donne in concorso), l’inclusione nella competizione di J’accuse – An Officer And A Spy di Roman Polanski ha tenuto banco alla conferenza stampa di apertura di Venezia 76. Dopo l’annuncio dei titoli a fine luglio, la stampa USA in particolare aveva discusso la partecipazione del film del regista polacco accusato nel 1977 a Los Angeles di “violenza sessuale con l’ausilio di sostanze stupefacenti” ai danni di una ragazzina di tredici anni e undici mesi, Samantha Geimer.
“Non riesco a separare l’uomo dall’arte. Penso che nell’uomo emerga un aspetto importante del suo lavoro”, ha detto Martel. “La presenza di Roman Polanski in concorso, dopo ciò che ha fatto in passato, mi mette a disagio tanto che non parteciperò alla serata di gala in onore del suo film. Non sarebbe giusto nei confronti di tutte le donne che rappresento, delle donne argentine vittima di stupro”.
Martel ammette però di aver fatto ricerche sul regista: “Dalle informazioni che ho trovato mi sono resa conto che Polanski è stato condannato, ha scontato la sua pena e la sua vittima lo ha perdonato. Non mi congratulerò con lui, ma credo che Polanski meriti una chance perché il suo film è una riflessione su un uomo che commette un errore. È un dialogo importante oggi, perciò credo che sia opportuno che se ne parli e il suo film sia presente al festival”.
Il direttore della Mostra Alberto Barbera ha ribadito di essere “convinto che dobbiamo distinguere necessariamente l’artista dall’uomo. La storia dell’arte è piena di artisti che hanno commesso crimini di diversa natura, tuttavia abbiamo continuato ad ammirare le loro opere. Lo stesso vale per Polanski, che secondo me è uno degli ultimi maestri del cinema europeo ancora in attività”.