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Viaggio nella scuola di Amici di Maria

Dedicato a tutti quelli che pensano che quello inventato da Maria De Filippi sia solo un talent show. E non si sono accorti di avere davanti un autentico romanzo italiano

Viaggio nella scuola di Amici di Maria

Martedì 10 febbraio, a Mattia Briga, sdraiato su un divano della sala relax della scuola di Amici, arriva un sms. Si alza, lo legge ad alta voce: “Preparati, tra mezz’ora dovrai sfidare un esterno”, e commenta: «Beh rigà, peggio per lui».

Mattia Briga è il più noto tra i concorrenti della scuola di Amici 2015, un girone di qualificazione a forma di imbuto in cui sono entrati 43 ragazzi (selezionati tra casting infiniti) e da cui usciranno in 12 – che, divisi in due squadre, si sfideranno nelle puntate serali del programma, da metà aprile. È insomma un pre-Amici, che procede in un modo che è naturale solo per chi se ne intende. Se è la vostra prima immersione in Amici, attrezzatevi o rischierete di perdervi in un groviglio di professori, giudici, confessionali, felpe e magliette di troppi colori. È un insieme di regole, nomination e cavilli, che serve soltanto a una sola cosa: garantire la purezza di un’emozione. Vi sembrerà un paradosso, ma datevi tempo, parliamone dopo.

Dietro le quinte della Scuola di Amici di Maria

Dietro le quinte della Scuola di Amici di Maria


Torniamo sul martedì pomeriggio di Mattia Briga, 26enne rapper dall’aria sfacciata, fiero figlio di Roma nord, che sa scrivere, cantare e che di sé dice (convinto): «Sono una sorta di Kanye West». Oggi è in sfida, cioè rischia di uscire dalla scuola in cui studia da tre mesi, se il suo avversario, che arriva da fuori, saprà conquistare il giudice (un esterno). Nella vita prima di Amici, Briga aveva già pubblicato due dischi. Stava per pubblicare il terzo, Never Again, ma poi è entrato nel talent di Maria De Filippi – e quando si scollina nel pop non si torna indietro. Tra mezz’ora si gioca tutto, nel pomeriggio di un ordinario giorno feriale.

Quando entri ad Amici, capisci che non hai più amici. Fin dal primo giorno nella scuola, a metà novembre, viene detto chiaramente: al programma vero e proprio si arriva in 12. E per arrivare al serale ci sono tre modi: essere scelti dal direttore artistico, essere promossi dai professori all’unanimità o sfidare tre compagni di scuola. Se li batti tutti e tre (lo decide anche qui un giudice esterno), entri al serale e decidi chi mandare a casa dei tre che hai battuto.

Quando entri ad Amici capisci che non hai più amici.

Mattia Briga ha pochi minuti per prepararsi, perché deve essere sempre pronto (estote parati): ha un suo bagaglio di canzoni (che cresce di 2-3 pezzi a settimana) e deve saperle cantare in ogni momento. Non ci sono discussioni su questo, perché ad Amici la disciplina è presa molto sul serio. A fine gennaio un concorrente, Esteban Morales, è stato dichiarato “inschierabile” (la pena peggiore, sei costretto “in panchina”) perché è stato sorpreso a navigare su Internet con il cellulare – il telefonino in dotazione è una novità di quest’anno, per via dello sponsor (Vodafone), ma non lo si può usare per navigare o contattare l’esterno. Mattia Briga è già stato messo in sfida (e quindi ha rischiato di andare a casa) una volta, perché non indossava correttamente l microfono. Quindi è meglio rispettare regole e orari: tutti a letto entro le 23, dalle 7.30 i ballerini sono già in pista per fare un’ora di palestra e poi passare alla lezione di classica – i cantanti se la prendono più comoda, iniziano alle 9, fanno un’ora di palestra e poi hanno 2-3 lezioni da 45 minuti. Nel tempo libero si sta nell’area relax, a riposarsi e a studiare. «Insomma», mi dice il (fieramente) temuto professore Rudy Zerbi, «il bello è che alla fine questa è davvero una scuola».

Mattia Briga e il suo sfidante

Mattia Briga e il suo sfidante

Amici è un romanzo di formazione 2.0. È una trasmissione chi si infila in quel punto complicato in cui i desideri diventano aspettative e le possibilità di successo sono sempre più scarse. «È una situazione che fa o ha fatto parte della ita di tutti, non è un artificio televisivo. Per questo abbiamo scelto di raccontarla», mi dice Mauro Monaco, autore del programma fin dalla prima edizione (nel 2001, e questa è la 14esima). «Una lezione su come si tiene il vibrato interesserà solo agli addetti al settore. Invece il percorso formativo di un ragazzo che si chiede: “Devo fare di testa mia o ascoltare chi in teoria ne sa più di me per crescere?” ci interessa, perché è un dilemma che abbiamo dovuto affrontare tutti».

Finché non inizierà il programma serale, i provini resteranno aperti. «I ragazzi devono sapere che possono essere mandati via in ogni momento. Vedi queste tre ballerine? Due sono entrate nell’ultima puntata», mi spiega Sacha Amorotti, produttore esecutivo del programma. Siamo in un corridoio buio che passa tra le stanze della scuola. Le ragazze le vedo eccome: una, Virginia, 18enne di Catania, si specchia proprio davanti a me, senza saperlo. Non sa che dietro quel vetro a specchio ci siamo io e una telecamera. È un po’ come un Grande Fratello musicale: nella scuola ci sono tre sale di canto e una di incisione, tre palestre, una sala relax e tra un ambiente e l’altro, dietro ai vetri a specchio, ci sono le telecamere.

Virginia Tomarchio, ballerina, 18 anni

Virginia Tomarchio, ballerina, 18 anni

C’è anche un confessionale. Briga ci entra prima della sfida: «Chi vincerà la sfida? Io… perché sì». In regia ridono: «I ragazzi sono così, non recitano. Sanno che ogni giorno devono dimostrare qualcosa e si comportano di conseguenza». Mi ripetono più volte che Amici offre «un percorso formativo, un’opportunità. Molto è cambiato quando le prime case discografiche e le prime compagnie di ballo si sono fatte avanti a offrire contratti ai vincitori o ad altri concorrenti. Ora presentarsi ai casting è come candidarsi al mondo del lavoro». A preparare i concorrenti al “mondo là fuori” ci sono otto professori, quattro per il canto e quattro per la danza. «Li abbiamo scelti molto diversi, perché volevamo differenti punti di vista. Così il programma non deve raccontare una storia costruita a tavolino, ma è costretto a seguire quello che succede davvero», racconta Mauro Monaco.

Il meccanismo cambia di anno in anno, in base ai talenti che si selezionano ai casting. «Se ti arriva un rapper come Moreno, tu ti chiedi: come faccio a far venir fuori l’artista che c’è in lui?». Per questo, negli ultimi anni, un programma che era nato per talenti completi (in Saranno Famosi dovevano saper cantare, ballare e recitare) ha portato sul mercato anche un rapper (Moreno, 2013) e un gruppo musicale (i Dear Jack, 2014). La situazione, in questo momento, è fin troppo liquida: «Le previsioni che fai sono stravolte da quello che succede ogni giorno», dicono. E aggiungono di non sapere nemmeno quanti ballerini e cantanti ci saranno nella fase serale. Basta che la somma sia 12.

Questo articolo è stato pubblicato su Rolling Stone di aprile.
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Mattia Briga entra in studio, davanti al giudice (per l’occasione è Claudio Buja, presidente di Universal Music). Canta un inedito e una versione tutta sua di La nuova stella di Broadway di Cesare Cremonini. Lo sfidante, che canta suonando il pianoforte, è diplomato al Conservatorio, ha l’accento veneto e una voce limpida, tecnica, leggera. Ma quando gli chiedono «chi vincerà?», lui esita e poi dice «io». Perché? Dopo 10 secondi di imbarazzo risponde: «Perché mi sembra di cantare in maniera più raffinata». Poi tocca a Briga. Prima di esibirsi, fa l’occhiolino del predatore al suo avversario. Il rapper si comporta come se il verdetto non potesse che essere quello che poi sarà: Briga vince, resta nella casa, continua la sua corsa verso il serale. Esulta come un calciatore, stringe la mano allo sfidante come un tennista a inizio partita e se ne va, battendosi le mani da solo.

Sabato 7 marzo, pochi minuti alle 15. «Pubblico avvisato, mezzo salvato», dice un tecnico al microfono, in piedi al centro dello studio. Manca poco all’inizio della diretta del sabato, la puntata più importante della settimana, e lui scalda il pubblico ricordando che in studio è vietato usare il cellulare – no foto, no video, lasciate stare i social network. «Ma ora facciamo un bell’applauso, ci sono dei ragazzi che stanno vivendo un’esperienza speciale e noi li sosteniamo per permettergli di dare il massimo». Si provano due applausi. «Possono entrare i professori!». Ancora non si vedono, ma il coro per il tecnico (uno spontaneo «Pietro, Pietro, Pietro») è già diventato un assordante «Rudy, Rudy, Rudy». Entrano i quattro professori di canto più i quattro di ballo e si siedono ai loro posti. Degli otto c’è ancora chi arrossisce un po’ quando il pubblico lo acclama e chi, come Francesco Sarcina, entra come se fosse a Rock in Rio.

Tutti pronti, applauso, entra Maria. Raccoglie un cd dalla sedia. «Ecco qua, Il mio blu, Grazia Di Michele». La professoressa si alza. Entra Mauro Coruzzi, un filo intimorito dalla padrona di casa («ci sono donne che mi mettono soggezione e altre con cui trovo un accordo. Con te Maria venirne fuori sarà dura»). Se la cava girandosi verso gli studenti: «Venite a capo dei vostri sogni, provate a farli diventare realtà, ce l’ho fatta io che ho quasi 60 anni».

Da sinistra, Virginia, Simone e Shaila

Da sinistra, Virginia, Simone e Shaila

Le luci si fanno soffuse e parte Io sono una finestra, il brano che Grazia Di Michele e Coruzzi hanno portato a Sanremo. È la stessa interpretazione intensa e sofferta che abbiamo visto al Festival, a cui Coruzzi cambia qualche parola nonostante abbia davanti un gobbo («Vedi che ce la faccio ancora a sbagliare il testo?», le dice a metà canzone). Quel gobbo è l’unico schermo che chi è in studio vede – a parte quelli, sullo sfondo, che trasmettono le grafiche. Vedo le telecamere, ma non cosa sta andando in diretta nazionale. Non c’è rischio di irrigidirsi in quella posa che scatta automaticamente quando sai di essere inquadrato. Basta distrarsi un attimo e si rischia di essere davvero quello che si è. Maria propone a Mauro Coruzzi di fermarsi in trasmissione con l’aria di chi chiede a un amico di rimanere per cena. «Basta che ci sia uno strapuntino che mi regga», dice lui, che apre un siparietto sul peso che poi chiude con una battuta: «Ma ragazzi, ora basta, sembra la pesa delle vacche». Si sistema su una poltroncina bianca, del tutto diversa dalle altre, come se fosse la prima trovata dietro le quinte. Si fissa: «Sto guardando i ragazzi da vicino».

Amici di Maria

Si parte con la prima sfida. Simone, ballerino, vuol provare a entrare al serale con il metodo più brutale: sfidare altri tre concorrenti, uno dopo l’altro. Mentre Simone si prepara, vengono trasmessi video registrati in confessionale durante la settimana, in cui si concede giudizi gentili sulle compagne di scuola («La sua non è danza, è una serata in discoteca finita a bicchieroni»). Batte Virginia (anche perché Simone, com’era suo diritto, le ha assegnato una coreografia che la mette in difficoltà), ma viene sconfitto nella seconda sfida da Shaila, una 18enne napoletana che ha l’aria di una con cui non vorreste avere conti in sospeso. Tornano tutti al posto. Maria nota che è la seconda volta che Simone prova questa strada e viene respinto. Pubblicità.

Elisa Toffoli ad Amici guida la squadra blu. Qui era in piena "campagna acquisti"

Elisa Toffoli ad Amici guida la squadra blu. Qui era in piena “campagna acquisti”

Entrano Emma Marrone ed Elisa, le due direttrici artistiche di questa edizione, che si siedono ai lati opposti dello studio. Stanno formando le due squadre che si sfideranno nel serale, i bianchi e i blu. Per capirci: stanno facendo una campagna acquisti per il programma in prima serata, audizione dopo audizione.

Tocca ai The Kolors, band di campani nata a Milano – sono stati la resident band di un locale storico, Le Scimmie. Hanno vinto una sfida lo scorso sabato, li vogliono sia Emma che Elisa e oggi devono decidere quale delle due offerte accettare (spiega Maria, che in ogni snodo chiave ricorda il regolamento). Lo farà per loro Antonio “Stash” Fiordispino – ciuffo emo, un filo di matita sugli occhi –, un frontman che parla già un po’ troppo al singolare. Suonano l’inedito Love e io non ballo, ma il mio culo sì, perché le ragazze del pubblico fanno oscillare le tribune da tanto battono i piedi.

Tutto si regge su un solo punto fermo: la capacità di Maria di cogliere l’attimo.

Applausi e poi silenzio. È il momento della scelta. Stash si pianta al centro dello studio, si abbassano le luci e si punta un occhio di bue su di lui, che ora deve prendere una decisione. Parte la musica, sale la tensione, il ritmo si fa incalzante e poi stacco, silenzio. Stash sta per parlare, ma interviene Maria: «Sai che è la prima volta che ti vedo teso?».

Maria ha rovinato tutto. «Ho fatto la cosa più assurda che chi fa televisione possa fare», spiega ai ragazzi, divertita. «Tutti gli autori televisivi ti avvisano: “Adesso c’è il jingle dove tutti sono tesi e poi lui a quel punto dice il nome”. E invece io ho rotto l’incantesimo. Perciò lo rifacciamo dall’inizio, per gli autori che prendono lo stipendio ogni mese». E si rifà tutto davvero: di nuovo luci basse, musica, crescendo. Finalmente è arrivato quello che avete atteso fino ad adesso: ecco il retro di Amici. L’impalcatura. Ve l’ha fatta vedere Maria. «Noi tendiamo a costruire una struttura, perché dobbiamo tenere in piedi il palazzo», mi spiega l’autore Mauro Monaco, «lei poi entra nella struttura e ci si muove liberamente. Può seguirla, raccontarla o decostruirla. Ci gioca in base alle esigenze del momento. Ma non racconta niente di falso: ci sono dei ragazzi che devono fare delle selezioni e, se uno ha un infortunio, ce l’ha davvero».

I The Kolors

I The Kolors

I The Kolors scelgono Elisa perché «il blu sfina e perché il suo percorso parte dall’inglese e potrebbe darmi tanto. Io con Broken ci sono nato». Elisa, da brava timida in via di scioglimento, è a tratti ingessata e a tratti sopra le righe. Zerbi nel frattempo manda una mail.

Ora tocca alle direttrici artistiche. Stanno facendo le due squadre per il serale, perciò chiamano gli studenti a cui sono più interessate, per poi decidere se offrir loro un posto o se rimandarli a sedere. Emma chiama Cristian, ballerino, e lo spreme chiedendogli una serie di coreografie in successione. Lascia che ne parta una, aspetta qualche decina di secondi e lo ferma all’improvviso per fargliene fare un’altra, pescandola dal repertorio che il ballerino deve essere sempre pronto a eseguire. Lo fa per cinque volte e lo incalza: «Vai, vai, su. È una prova, insomma!». Alla fine, Maria De Filippi chiede silenzio e più volume al microfono di Cristian, che vorrebbe nascondere il fiatone, ma non ce la fa. Passa qualche secondo ad ansimare in diretta tv, è disorientato. Non contenta, Maria si alza e gli punta il microfono sul cuore: «Si sente?», dice rivolta a Emma. «Ma finché batte è tutto a posto», risponde lei.

Amici un vero dietro le quinte non ce l’ha. È un sistema complicato ma non rigido.

È la classica deviazione di questa trasmissione senza liturgia. Maria può entrare a gamba tesa quando vuole, perché è la padrona di casa, ma anche perché sa bene ciò che fa: conosce le condizioni di ogni ragazzo, perché parla spesso con loro. Passa dalla scuola di Amici ogni volta che può, sente le richieste di tutti e sceglie una scaletta di massima della puntata, da cui devia quando serve, senza preavviso. A volte ha più elementi dei suoi collaboratori, perché, dicono loro stessi, «per i ragazzi parlare con lei è un po’ come trovare una valvola di sfogo. Noi siamo il meccanismo, lei invece è una che mostra curiosità e vero interesse».

Per Cristian il momento di imbarazzo, in cui si ritrova in mezzo a uno studio tv a torso nudo con un microfono puntato al cuore, finisce bene: Emma gli chiede di entrare nella sua squadra e così fa anche Elisa. Va a sedere, farà la sua scelta sabato prossimo. «I posti disponibili al serale sono ancora sei, no? E voi siete ancora uno, due, tre, quattro… dodici. Ne entrerà la metà, cavoli», dice Maria, seduta in un angolo, col microfono in mano, ma come se stesse parlando tra sé e sé. È il suo stile discreto, fatto di accenni, punte di colore, considerazioni laterali. Narra coi silenzi, senza dover forzare, perché ha già costruito le condizioni in cui il romanzo non può che sbocciare da sé. Per questo il programma non ha il ritmo serrato del varietà. Ha il passo del maratoneta, quello che permette a Maria De Filippi di essere in tv quasi tutti i giorni, con i registri più diversi (il romanzo di formazione di Amici, la lotta di Uomini e Donne, la richiesta di perdono di C’è posta per te – e poi l’agonismo di Tú sí que vales). Maria gestisce, non strappa, controlla la corsa come fanno quelli di alta classifica: pedalando in mezzo al gruppo.

Amici di Maria

Elisa chiama Mattia Briga: «Fammi sentire la tua Sei di mattina». Tutte le presenti in studio (genitori compresi) si alzano e la cantano fino all’ultima sillaba. Urlano così forte che nemmeno Briga, che ha il suono in cuffia, riesce a sentirsi. Gli lanciano fogli arrotolati e infiocchettati, un cuore, un orsacchiotto. Finisce la canzone, pubblicità. Pausa sigaretta. Ma non per le fan, che non smettono di urlare. Cantano: “Sai / perché / mi batte il corazón / ho visto Mattia Briga / ho visto Mattia Briga / ohi mammà innamorata son”. Fanno tutto da sole, in questo studio in cui il pubblico applaude, grida e canta quando e come gli pare.

Insomma, è ora che lo capiate: vi abbiamo fregato. Avete dovuto leggere quasi tutto questo articolo sul dietro le quinte di Amici per scoprire che Amici un vero dietro le quinte non ce l’ha. È un sistema complicato, ma non rigido, che si regge su un solo punto fermo: la capacità di Maria De Filippi di capire il momento e di scegliere a cosa dare risalto.

Mattia Briga in studio

Mattia Briga in studio

Si torna in onda, ma non ci sono sorprese per Briga: deve tornare al suo posto. Segue un’altra audizione, una breakdance improvvisata. Emma richiama Briga: «Tu hai Incantevole dei Subsonica nel tuo repertorio, giusto? Hai 15 minuti per scriverci una parte rap». «Non sarà troppo poco?», si inserisce Maria. «Senti, io Amami l’ho scritta in 3 minuti alle 5 di notte». «Forse avevi fatto qualcosa fino a quell’ora che ti ha portato a scriverla in 3 minuti». «In fascia protetta non si può dire», chiude Emma, «ma non fatevi condizionare dal titolo».

Amici è la parte iniziale del grande romanzo italiano che Maria De Filippi scrive settimana dopo settimana. È come quelle storie che iniziano con molti personaggi, di cui fatichi a ricordarti i nomi finché, dopo vicende alterne, la narrazione si fa personale, un affare di una manciata di protagonisti. Chissà se nei prossimi capitoli vedremo ancora Shaila e Virginia, che ballano la stessa coreografia divise da una rete, ma vengono rimandate al posto. O cosa ne sarà di Davide e Silvia, che si sfidano su Calling You di Barbra Streisand e devono tornare a sedere – mentre dal pubblico qualcuno lancia a Davide un peluche.

La sfida tra Davide e Silvia

La sfida tra Davide e Silvia

Tocca a Michele, ballerino, e si capisce che finirà male. Tra gli insegnanti è sostenuto solo da Garrison. Dice che è ad Amici per rendere orgogliosi i suoi genitori. Balla. Per Elisa ed Emma va bene così. Per Kledi Kadiu, professore di danza, «in discoteca si balla meglio». Michele sta per tornare al posto, ma Maria lo ferma: «Cosa c’è, Michele?». Pausa. Silenzio. Pianto. «È sempre così, ci arrivo quasi e mai ci riesco». «Ridimensiona la tua delusione», osserva lei, «Elisa ti ha detto “ti considero molto”. Una cosa che non le ho sentito dire né a Virginia né a Shaila». Pubblicità. Pausa sigaretta.

È ora che Mattia Briga torni in studio. «Emma, dai, guarda che t’ho scritto ‘na bella cosa», dice Briga, arrivando con esibita calma. Stona nel ritornello e fa un rappato non indimenticabile. Ma «dopo questa potresti anche venire nella mia squadra», gli dice Emma. «Non credo che tu sia un rapper, ma quello che fai è bellissimo, ti vorrei anche io», rilancia Elisa. Mattia Briga sorride beffardo. Piega il foglio con le rime scritte a penna e lo regala a Emma. Dopo quattro mesi di scuola di Amici è arrivata la promozione. Sigla.

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