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Wes Studi, l’arte di fare l’indiano

Ha interpretato Geronimo e Nuvola Rossa, ha recitato in 'Balla coi lupi' e 'Avatar'. Ora è il protagonista di 'Hostiles', e incarna da sempre l'immagine dei nativi americani. Contro luoghi comuni e razzismo.

Alcune facce non te le dimentichi. Quei volti ti rimangono stampati nella mente, la memoria emotiva li rende vicini, iconici. Wes Studi è uno di loro. Da Balla coi lupi a Geronimo, incarna il nativo americano, al contempo ieratico e resistente. Cherokee tutto d’un pezzo, per tutta la carriera ha rappresentato un popolo. «Per me è un orgoglio, non un limite», ci ha raccontato durante la Festa del Cinema di Roma, dove ha presentato Hostiles, nelle sale dal 22 marzo. La sua intera vita è stata in difesa delle sue origini, «in Vietnam, a Wounded Knee, con l’Indigenous Language Institute, attraverso la musica e il cinema. Perché la lingua, come l’immagine e i suoni, sono elementi costitutivi dell’identità. Personale e collettiva».

Con quella faccia scavata dal sole, quella voce profonda che ti immagini in una ballata folk rock, senti dentro la forza delle sue posizioni, un carisma naturale. E anche il suo essere un intellettuale, senza fronzoli e con molta ironia. «Il cinema ha fatto tanto per noi, ma ci ha tolto anche molto: alcuni film hanno raccontato il nostro popolo e la sua tragedia, altri ci hanno descritto come selvaggi crudeli».

Hostiles, la sua ultima fatica, fa parte della prima categoria. È un affresco umano potentissimo, incentrato sui personaggi di Wes e Christian Bale, anime profonde di due popoli nella stessa terra, due anime sconfitte e contrapposte, che cementano nel sangue e nel dolore il senso profondo di un’unione inevitabile. «Scott Cooper è un cineasta sensibile e coraggioso: Falco Giallo è uno dei personaggi più belli e complessi che io abbia interpretato. Va oltre gli stereotipi, e pur raccontando una storia antica parla di oggi. Di questo mondo, della paura del diverso e della scoperta di sentimenti comuni. È anche un film sul terrorismo, sull’umanità lacerata dei giorni nostri». Sorride, amaro e divertito.

«C’è sempre un nativo, persino negli altri pianeti. Pensa ad Avatar, dove, però, il pianeta si schierava con gli indigeni. Pensa se noi avessimo avuto dalla nostra parte la terra, i bufali e le montagne. Ora sarebbe tutto diverso». Scandisce le parole, ti guarda negli occhi, ascolta con attenzione. «Il problema, e Hostiles lo racconta bene, è aver disumanizzato le persone, averle strappate a se stesse. Qui il corto circuito è che anche i bianchi vivono la stessa situazione, a causa della guerra: Bale come soldato, Rosamund Pike come madre». Ha lavorato con i più grandi: «Costner è un sognatore, Milius un uomo imponente, Mann meticoloso in modo ossessivo».

Dopo 86 film in cui è stato, tra gli altri, Nuvola Rossa, Cochise e Geronimo, un po’ gli sta venendo voglia di immaginare una sua pellicola? «Non mi dispiacerebbe: da attore devi sempre sposare il pensiero di un altro, una visione che puoi condividere, ma che non è tua. Sento di avere dentro qualcosa, ma allo stesso tempo apprezzo davvero tanto il lavoro altrui. Quando è ben fatto».

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