In un’intervista della CBS registrata a giugno 2020 in occasione dell’uscita della sua discussa autobiografia e andata in onda durante lo scorso weekend negli Stati Uniti, Woody Allen torna sul “caso Dylan”, la figlia adottiva che lo accusa di molestie risalenti ai primi anni ’90. E critica gli attori che hanno rinnegato i film girati con lui o che hanno dichiarato che non vorranno più lavorarci.
«Penso che lo facciano in buona fede, ma che siano degli stupidi», dice il regista di Manhattan. «Quello che stanno facendo è accusare una persona del tutto innocente, corroborando una menzogna». Tra i nomi a cui si rivolge ci sono Timothée Chalamet, Kate Winslet, Greta Gerwig, Colin Firth, e molti altri. Una sola grande star è sempre rimasta al suo fianco: Scarlett Johansson, diretta da Allen in Match Point, Scoop e Vicky Cristina Barcelona e rimasta negli anni un’amica fedele.
L’intervista a Woody segue la diffusione, su HBO Max, di Allen v. Farrow, la docuserie – realizzata in collaborazione con Mia Farrow e la figlia Dylan – che torna ad accusare il regista di abusi sessuali ai danni dell’allora bambina. «È un’accusa del tutto assurda, ma la macchia rimane», ha dichiarato Allen nell’intervista alla CBS. «E in tanti ancora oggi preferiscono aggrapparsi non alle prove relative al fatto che io abbia molestato Dylan, ma alla possibilità che io abbia potuto farlo. Niente di quello che è successo tra me e Dylan nella mia vita può essere interpretato in quel modo».
Woody Allen è già stato protagonista di due azioni legali all’inizio degli anni ’90: entrambi i procedimenti lo hanno riconosciuto innocente, e hanno invece trovato delle discrepanze nelle testimonianze di Dylan. L’ultimo film di Woody Allen, Rifkin’s Festival, non ha ancora un distributore statunitense. Dopo la première all’ultimo Festival di San Sebastián, era atteso lo scorso novembre nelle sale italiane (tra i co-produttori ci sono anche Lorenzo Mieli e Mario Gianani di Wildside), ma l’ennesima chiusura dei cinema ha rimandato l’uscita.