Stamattina Moses Farrow, figlio adottivo di Mia Farrow e di Woody Allen, ha difeso il padre con un lungo post sul suo blog dal titolo A son speaks out. Quello che ha portato Moses Farrow a esporsi pubblicamente raccontando gli aspetti più oscuri della sua famiglia è dichiarato nel dirompente inizio del post: I can no longer stay silent as he continues to be condemned for a crime he did not commit (Non posso più stare in silenzio mentre lui (Woody Allen) continua a essere condannato per un crimine che non ha commesso).
Dopo mesi, Moses risponde quindi alle accuse di molestie che la sorella Dylan, anche lei adottata dalla coppia, aveva lanciato al regista nel gennaio 2018 durante un’intervista alla CBS. Il fatto sarebbe accaduto nell’agosto del 1992, quando Dyaln aveva sette anni, nella casa di campagna di famiglia in Connecticut (fatti già raccontati anche in una lettera pubblicata dal New York times).
Le dichiarazioni sono arrivate nel pieno dello scandalo legato Weinstein, messo in luce proprio dal fratello Ronan Farrow sul New Yorker, alimentando così il discredito sulla vita privata del regista (che, lo ricordiamo, ha sposato la figlia adottiva Soon-Yi, quindi sorella di Dylan e Ronan). A venire colpiti all’epoca da Dyaln non fu solo il padre, ma anche tutti quegli attori che pur dichiarandosi a favore della campagna #metoo o #timeup non prendevano le distanze da Allen, come ad esempio Justin Timberlake.
The saying means, for example, you can’t support #TIMESUP and praise sexual predators at the same time. You can’t retain your credibility as an activist (i.e. – retain the cake) and, at the same time, praise a sexual predator (i.e. – eating the cake).
— Dylan Farrow (@RealDylanFarrow) 23 gennaio 2018
Al centro del post di Moses c’è quindi quello che è successo (secondo Dylan) o non è successo (secondo Moses) il 4 agosto del 1992: Moses dichiara – senza fraintendimenti – l’estraneità del padre alla vicenda e ci restituisce l’immagine di Woody Allen che passa la giornata guardando Chi ha incastrato Roger Rabbit.
Prima di arrivare a quel giorno, però, ci viene descritta la vita all’interno della famiglia Farrow, una vita che nella quotidianità è lontana anni luce dalla cartolina che l’attrice vuole trasmettere ai media. Ad esempio Moses riporta quando suo fratello Thaddeus, paraplegico per via della polio, è stato obbligato dalla madre a passare una notte in un capanno dopo aver commesso una sciocchezza (“She even shut my brother Thaddeus, paraplegic from polio, in an outdoor shed overnight as punishment for a minor transgression“). Thaddeus morirà nel settembre 2016, suicida.
Nel ’94, a soli 19 anni, a suicidarsi è stata un’altra figlia di Mia Farrow, Tam. Tam era cieca ed era stata adottata dopo la fine del rapporto con Allen e secondo Moses, oltre a combattere contro la depressione per quasi tutta la vita, ha dovuto affrontare anche il rifiuto della madre di aiutarla definendola “lunatica” (Most media sources claim my sister Tam died of “heart failure” at the age of 21. In fact, Tam struggled with depression for much of her life, a situation exacerbated by my mother refusing to get her help, insisting that Tam was just “moody”.)
Un altro racconto vede al centro lo stesso Moses che, dopo aver semplicemente modificato “artigianalmente” dei jeans appena comprati è stato sculacciato e obbligato a stare nudo di fronte ai suoi fratelli. (Once, when I was given a new pair of jeans, I thought they would look cool if I cut off a couple of the belt loops. When Mia saw what I had done, she spanked me repeatedly and had me remove all my clothing, saying, “You’re not deserving of any clothes” and making me stand naked in the corner of her room, in front of my older siblings who had just returned from dinner with their father André).
Ma è sui fatti dell’agosto del 1992 che si concentra Moses ribadendo l’estraneità del padre agli abusi verso la sorella e confermando che le sue dichiarazioni seguivano il copione scritto dalla madre per provare la sua lealtà alla famiglia (“I was forced to follow my mother’s script to prove my loyalty”). Proprio sul piano di una presunta lealtà famigliare si muovono le accuse che il fratello Ronan ha mosso a Moses nel corso degli anni, definendolo “traditore” per non confermare la versione di Mia Farrow dei fatti.
Il post si chiude con Moses che si rivolge direttamente a chi è convinto della colpevolezza del padre, agli attori che hanno ripudiato i lavori con Allen (“You have rushed to join the chorus of condemnation based on a discredited accusation for fear of not being on the “right” side of a major social movement”) alla sorella Dylan e alla madre da cui si aspetta una feroce campagna mediatica che denigri la sua testimonianza. Ma – come dice in chiusura – è un fardello che Moses è pronto a sopportare.