Un albergo termale lussuoso tra i panorami mozzafiato delle Alpi Svizzere e tanti ospiti obbligati a seguire senza sgarri il percorso benessere. Massaggi, fanghi, saune che sembrano più un girone dell’inferno dantesco piuttosto che un luogo dove vorremmo andare a riposare. È qui che si svolge Youth–La Giovinezza il nuovo film di Paolo Sorrentino presentato oggi a Cannes e sempre da oggi nelle sale italiane.
Youth, che segue La Grande Bellezza vincitore dell’Oscar come miglior film straniero, è il terzo film italiano in concorso insieme a Mia Madre di Nanni Moretti e al Racconto dei Racconti di Matteo Garrone ed è stato ricevuto oggi alla Croisette tra gli applausi e qualche fischio. Anche Paolo Sorrentino ha scelto di trattare temi universali, proprio come aveva fatto Garrone nel suo film, e li affronta senza risparmiare ansie e angosce allo spettatore.
Ospiti dello sfarzoso hotel sono, come è noto, due amici: Mick (Harvey Keitel), regista e Fred (Michael Caine), direttore d’orchestra. Entrambi sugli 80 anni e entrambi dalla carriera sfolgorante alle spalle, ma con un diverso atteggiamento sull’imminente futuro. Il primo, infatti, vorrebbe riuscire a scrivere insieme a un gruppo di giovani collaboratori la sceneggiatura di quello che lui vorrebbe fosse il suo film-testamento, mentre il secondo non è per nulla intenzionato a dirigere ancora l’orchestra, nemmeno per la Regina d’Inghilterra che glielo fa chiedere da un goffo e imbarazzato emissario.
Che cosa potrebbe esserci di più angosciante della fine dei desideri, delle aspirazioni e della voglia di vivere, dopo che si è vissuto tutto ciò che di meglio si poteva avere? Soddisfazioni pazzesche sul lavoro, concerti a Vienna, New York, Venezia, una bella famiglia, amanti in ogni angolo del mondo.
È chiara la riflessione sulla giovinezza e sulla vecchiaia, sul passato e sul futuro, e da queste scaturiscono quelle sui rapporti tra genitori e figli, sull’amore, sull’amicizia: su quello che rimane e su quello che riusciamo a ricordarci quando passa il tempo: Quanto rimane? Che cosa può esserci peggio della perdita di senso?
Ma non preoccupatevi: il senso non si perde, nemmeno nel film, anche se dovrete aspettare la fine e ritrovarlo nella coppia di due anziani coniugi che continuano a vedersi senza poter parlare ta di loro. E Sorrentino riesce ad alleggerire i temi con situazioni e personaggi che tengono alto il ritmo. Come quello di Lena (Rachel Weisz), la bella figlia di Fred, che si catapulta in Svizzera dopo essere stata miseramente lasciata dal marito invaghitosi di Paloma Faith (che interpreta se stessa). Oppure quello di Jimmy (Paul Dano), attore in cerca di ispirazione per il suo prossimo ruolo e che porta con sé una bella dose di frustrazione, come gli verrà rinfacciato da Miss Universo, o il sosia di Diego Armando Maradona, goffo e ingrassato, che si trova in situazioni tragico-comiche. No, a ben vedere nessuno è esente da una buona dose di tristezza e infelicità e forse in tutto questo il vero sollievo può venire dalla musica.
La musica è protagonista di Youth, come in tutti i film di Sorrentino che agli Oscar ringraziò Maradona (anche in questo film), Federico Fellini, Martin Scorsese e i Talking Heads. Anche La Giovinezza si apre con una scena corale-musicale, con un gruppo che canta You Got The Love proprio come La Grande Bellezza si apriva con la festa e i balletti esagerati sulle note di A far l’amore comincia tu della Carrà. E poi ci sono le composizioni di David Lang, brani di Sun Kil Moon (con Mark Kozelek che compare anche nel film), e Dirty Hair dell’amato David Byrne.
«La musica è meglio di tutto perché non ha bisogno delle parole né dell’esperienza», racconta Fred, il direttore d’orchestra, alla sua giovane massaggiatrice che concorda pienamente.
Youth è l’ennesimo sguardo impietoso di Paolo Sorrentino, solo a volte divertito e leggero, sui nostri desideri e sulle nostre paure. Punta in alto, spesso si compiace di sé, fa credere allo spettatore di affrontare un determinato tema ma in realtà sta parlando di altro. A qualcuno parrà fin troppo barocco ma Sorrentino è uno dei più grandi registi italiani e lo conferma anche questa volta. E non si uscirà dal cinema senza qualche domanda in più.