Per la chimica tra i due protagonisti
Bradley Cooper ha rivelato che avrebbe fatto il film solo se Gaga fosse stata la sua protagonista. Miss Germanotta ha detto sì. Lei ha dichiarato che lui ha una voce pazzesca. Lui la voleva struccata e lei ha obbedito, preparandosi anche la frasetta ad effetto che ha ripetuto in OGNI SINGOLA INTERVISTA rilasciata per il film e che è diventata un meme: «Possono esserci 100 persone in una stanza e 99 di queste non credono in te, ma quell’unica persona che lo fa, può cambiarti la vita. E questa persona è lui». Insomma, la stima professionale reciproca tra il golden boy di Hollywood e la popstar più star degli anni 2000 era già certificata. Cooper e Gaga però sono stati così abili (e furbi) da farci sospettare, pensare, perfino sognare che il loro feeling sullo schermo fosse reale. E, dopo la performance occhi negli occhi agli Oscar, il gossip non ha più avuto freni, figuriamoci quando la storia tra Bradley e la compagna Irina Shayk è finita. Oviamente di vero non c’era nulla, ma a riguardare Jackson (Cooper in versione sexy Eddie Vedder, che tanto figo mai) e Ally è facile capire perché A Star is Born è diventato un instant classic. Bravi tutti.
Per la regia di un esordiente di lusso
Come ereditare un film da Clint Eastwood e farla franca. Era il 2011 quando fu annunciato che il remake del classico hollywoodiano lo avrebbe firmato Mr. Million Dollar Baby (e che Beyoncé sarebbe stata la star del titolo). Ma pure la lista di divi che ambivano al ruolo del rocker alcolista era lunghissima: negli anni è stato offerto a chiunque, da Leonardo DiCaprio a Johnny Depp, da Will Smith a Christian Bale. Nel doppio ruolo di attore e regista, Cooper mette a segno un esordio che sbanca tutto, botteghino e critica. Secondo alcuni (anche lui stesso: viva l’immodestia) avrebbe meritato anche una nomination nella cinquina dei registi, ma gli è andata bene lo stesso: a causa del suo contratto, che prevedeva una percentuale sugli incassi, Bradley ha guadagnato dal film 40 milioni di dollari. E ora arriva l’opera seconda da au(t)tore, sempre a sfondo musicale e sempre ereditata da grandissimi di Hollywood (Martin Scorsese e Steven Spielberg): Maestro, biopic del leggendario direttore d’orchestra Leonard Bernstein. Academy, sei già avvisata.
Per quel «Tell me somethin’, boy» (e tutte le altre canzoni)
Avremmo potuto scrivere Shallow e chiuderla qui. In realtà il brano, Oscar come miglior canzone originale, è solo la punta di diamante di una colonna sonora tutta clamorosa, come al cinema non si sentiva da un po’. Grazie, direte voi: merito di Lady Gaga (e dei co-autori dei pezzi come Mark Ronson, Andrew Wyatt, Anthony Rossomando, Jason Isbell, Lukas Nelson). Certo che sì. Ma pure Bradley fa la sua parte, fin da quella rassegnata Maybe It’s Time nel drag bar dove incontra Ally, rivelando la voce fumosa e sofferta di Jackson e un’anima country-rock, persino blues. Poi, certo, arriva la ballad delle ballad, quel «Tell me somethin’, boy» che continuiamo a canticchiare a due anni e mezzo di distanza provando a imitare la voce di uno e dell’altra (vi vediamo). Ma Gaga ci regala anche eccellenti mood piano-bop come Look What I Found ed esplosioni alla Always Remember Us This Way. Fino al congedo dopo il fattaccio, con la bellissima e disperata I’ll Never Love Again.
Perché è un drammone come al cinema non se ne fanno più
Ok: la storia l’avevamo già sentita tante volte (le più famose: la versione con Judy Garland del 1954 e quella del 1976 starring Barbra Streisand). Niente di nuovo, ma anche per questo A Star Is Born è piaciuto così tanto: perché la parabola di caduta (dell’uno) e ascesa (dell’altra) è uno di quei drammoni Vecchia Hollywood come non se ne fanno più. Nell’era in cui gli unici veri eventi cinematografici sono i cinecomic, Cooper e soci sono riusciti a portare nelle sale uno spettacolone old style dall’effetto-nostalgia garantito. Il box office parla da solo: 436 milioni di dollari di incasso globale, a fronte di appena 36 di budget. Hai capito, il “vecchio” cinema…
Per la consacrazione di Lady Gaga a star del grande schermo
Le piume rosa sfoggiate all’anteprima alla Mostra del cinema di Venezia 2018 valgono anche più della nomination all’Oscar, come momento “making of a star” (del cinema). Lady Gaga era già una potenza mondiale, ovviamente, ma fino a quel momento sullo schermo non aveva mai sfondato: vedi le comparsate in film come Sin City 2 e serie come American Horror Story. A Star Is Born è la certificazione di attrice totale, e l’abito subito iconico di Valentino indossato al Lido uno dei migliori red carpet moments degli ultimi anni. Prossima fermata: Gucci, il crime di Ridley Scott in cui darà volto a Patrizia Reggiani (ruolo inizialmente offerto ad Angelina Jolie). Accanto a lei, un cast di nomi come Robert De Niro, Al Pacino, Jared Leto, Adam Driver e Jeremy Irons. Stefani non sfigurerà, ne siamo certi.