Mr. Brian De Palma non ha dubbi: «La partitura di Blow Out è quella che preferisco. Il tema principale è molto commovente, soprattutto l’aria sui titoli di coda, dopo la dissolvenza in chiusura con John (Travolta, nda) che si tappa le orecchie». È solo un frammento iper-cinematografico, oltre che iper-musicale, tratto dal libro Come sinfonia di Pino Donaggio e Antongiulio Mancino (ed. Baldini+Castoldi). Ovvero l’affresco di una vita in musica, una vita in arte cinematografica, ma non solo.
«Lassù sento gli angeli che cantano per noi, dolcemente / è un canto fatto di felicità» recitava Donaggio – che il 24 novembre compie ottant’anni – nel celebre singolo Come sinfonia, interpretato anche da Mina. Sembra quasi che gli angeli abbiano davvero avuto un ruolo determinante nella vita del musicista. «Un critico cinematografico amico di Brian (De Palma, nda), passando da Londra all’aeroporto, aveva visto, acquistato e portato in America l’LP di Don’t Look Now (il titolo originale di A Venezia… a dicembre rosso shocking, nda). […] Brian gli aveva esposto i problemi che stava incontrando nel cercare un valido sostituto di Bernard Herrmann. E l’amico: “Guarda, quando sono tornato da Londra ho preso il disco di Don’t Look Now. È di un compositore nuovo”. […] Perché parlo sempre di destino? Quella copia sarà stata una delle ultime in circolazione, perché anche la casa discografica inglese era intanto fallita».
È solo l’inizio di una delle collaborazioni musicista-regista più significative della storia del cinema, Pino Donaggio-Brian De Palma, che sarebbe cominciata con Carrie – Lo sguardo di Satana (1976) e proseguita per otto film, fino a oggi, con Domino (2019), passando per capolavori come Vestito per uccidere (1980), Blow Out (1981), Omicidio a luci rosse (1984) e Omicidio in diretta (1998). Quel giornalista che, grazie al destino (gli angeli?), trovò la partitura di Donaggio per A Venezia… un dicembre rosso shocking (1973) di Nicolas Roeg, era Jay Cocks, all’epoca critico cinematografico per il settimanale Time, poi co-sceneggiatore di Scorsese.
Come sinfonia è un’opera-fiume di pagine sentite, cesellate, ricche di trame, sotto-trame e aneddoti. Sulla prima partitura per De Palma il musicista ricorda come la scena al cimitero sulla tomba di Carrie abbia fatto «saltare sulla sedia George Lucas durante una proiezione». Il libro di Donaggio-Mancino è molte cose insieme, proprio come l’artista al centro della storia, compositore, violinista, cantautore, cantante. È racconto, sinfonia in parole (si compone di un’introduzione/ouverture e quattro capitoli/movimenti), saggio di musica e cinema, romanzo di avventura, autobiografia e biografia. L’infanzia di un monello per le callette veneziane, fino a oggi.
Di Donaggio si parla in terza persona, come del protagonista di un romanzo di una vita incredibile e “da cinema”. Il suo parlato è riportato tra narrazioni e passioni, dall’adolescenza alla contemporaneità pandemica. Un flusso di coscienza in parole, frammenti di dialogo tra Donaggio e Mancino, definito dal musicista «uno che di Venezia non capisce niente». Monologhi di Pino e ritagli di vecchi scritti. Una mail di De Palma a Donaggio in cui il regista nota: «Scrivi melodie incantevoli, musica sensuale, suspense e semplici frasi emotive strazianti che portano lacrime agli occhi degli spettatori. Sai anche come scioccare e stupire un pubblico. Insieme, abbiamo sempre trovato il pezzo musicale ideale per accompagnare i miei elaborati set».
Lo stile del testo, come quello musicale dell’artista, è al contempo melodico, destabilizzante, preciso e difforme alla contemporaneità, a tratti barocco, poetico, struggente. Non si limita ovviamente alle partiture per De Palma, ma contiene tutto l’arco delle esperienze e delle opere personali. Dalla formazione (famiglia di musicisti) alla vita privata, dal cantautorato pop (le canzoni memorabili, come Io che non vivo, portate a Sanremo negli anni Sessanta) ai pezzi reinterpretati da altri come Jannacci (Mario) e Mina, fino al cinema.
Un lungo elenco di successi: il sorprendente e sperimentale score per Don’t Look Now, la collaborazione con Dario Argento (Due occhi diabolici, Trauma), Non ci resta che piangere di Benigni e Troisi, Don Camillo e l’incredibile popolarità della melodia Why per Terence Hill, Così fan tutte per Tinto Brass, fino a Don Matteo sempre con Terence. Donaggio pare avere solcato con la medesima professionalità il cinema popolare e quello d’autore, esattamente come fin da bambino – in una famiglia di musicisti – non ha mai fatto distinzioni fra musica classica e canzoni.
Scrive proprio Hill nella breve ma poetica prefazione al testo: «L’indiscussa qualità di questo compositore è nota a tutti. L’affetto del pubblico per Don Matteo è dovuto alla sensibilità e allo spessore della sua musica. Essa trasporta lo spettatore in un mondo rarefatto dove il desiderio del trascendente diventa, anche se solo per un attimo, una realtà». Per dirla con la madre di Pino, forse l’insegnamento fondamentale nella vita, magari per trovare l’aiuto del destino o degli angeli, è: «Butite nel mar grando!».