«Sì, sono di estrema destra»: così rispondeva qualche anno fa Valerio Lundini alla domanda di un giovane liceale romano nel programma La conferenza stampa. Che cosa c’entra questo incipit per parlare di Lundini e del suo ultimo programma Faccende complicate (oggi su RaiPlay le ultime puntate, poi andrà su Rai 3)? Apparentemente nulla. Saremmo potuti partire dalla sua esperienza di attore, accanto a Sergio Castellitto, nel Più bel secolo della mia vita (qui la cover story che gli abbiamo dedicato), oppure da quella di autore per 610, il programma radiofonico di Lillo & Greg; o citare una delle sue canzoni scritte ed eseguite con il gruppo I Vazzanikki, o elogiare i suoi successi editoriali, i sold out nei teatri, Sanremo o le importanti fatture che ha evidentemente staccato, girando una serie di spot per diverse aziende italiane (Ray-Ban, purtroppo, non l’ha ancora contattato per quella storia degli occhiali persi). O Emanuela Fanelli: come dimenticare Emanuela Fanelli, sua compagna di viaggio in Una pezza di Lundini, conosciuta in tv a Battute?, e ora stella luminosissima del cinema italiano? E invece no, partiamo proprio da quella sua risposta («Sì, sono di estrema destra») andata in onda in un programma minore di Giovanni Benincasa (ripensandoci, forse è stata quella la causa della sua lunga assenza dalla Rai?), per entrare subito in sintonia con lo stile degli assurdi reportage di Faccende complicate, appunto: inchieste che spiazzano, ma soprattutto che disattendono ogni tipo di premessa.
Il nuovo format è infatti una serie di dieci puntate itineranti, registrate on the road e prodotte da Stand By Me, in cui Valerio Lundini indaga vari temi di interesse popolare, sovvertendo le premesse iniziali e inciampando in strani cortocircuiti. Una specie di Report al servizio della cronaca, ma più che altro al servizio dell’imprevedibilità e del carattere lunatico del suo stesso conduttore. «Non ho mai fatto programmi itineranti. Questo l’ho fatto per pigrizia mentale: ho pensato che avrei scritto di meno e improvvisato di più», ha raccontato Lundini in una recente intervista. «Durante le pause pranzo, appena vedevano un paio di telecamere capitava che le persone ci offrissero un amaro, un caffè, e per me era un sogno. Nonostante non beva neppure amari o caffè, vedere la generosità dell’Italia quando dici “siamo la Rai” è qualcosa di magico. Se l’azienda mantiene il suo lustro, potremo mangiare a lungo».
In effetti, se ai tempi di Una pezza di Lundini tutto era confinato in una parodia cinica dei più classici talk show, in Faccende complicate la scrittura della puntata si sviluppa attorno ai personaggi con cui, di volta in volta, Valerio entra in contatto, come un consumato cronista d’assalto, per approfondire e ribaltare alcuni luoghi comuni, mostrandoci i problemi di un’Italia al limite del credibile. Questo perché, ovviamente, lo stile è sempre quello di Lundini, che invade la realtà confondendo continuamente i piani del reale: come nel gioco napoletano delle tre carte, scene di fiction e non fiction si incontrano e sovrappongono nelle puntate, portando a galla quel tipo di humour inglese che lascia interdetti: prima di tutto i protagonisti degli episodi, e poi noi che li guardiamo.
Dicevamo che queste inchieste sovvertono le premesse iniziali, perché si sa come partono e non si sa come terminano. È il caso di Francesco Mesaki, vittima di discriminazione che, nella prima parte dell’episodio che inaugura la serie, non riesce a trovare una stanza in affitto a Napoli perché nero e omosessuale («Siamo ancora nel Medioevo», dice lui); ma poi viene condotto a una rievocazione storica a Volpiano, in Piemonte, per dimostrargli che il Medioevo non merita affatto la nomea di epoca buia. Di tutt’altro genere è, invece, la storia di Edoardo, campione di scacchi in carrozzina che per un errore di percorso viene iscritto a un torneo di scacchi-pugilato a cui evidentemente non intendeva partecipare, o del paninaro a cui chiede di sottoporsi a un esperimento di criogenia per rivivere gli anni Ottanta, ma nel futuro. Così come la puntata dedicata alle tradizioni culinarie italiane, che finisce per diventare un’indagine sul famoso “caffè sospeso” di Napoli quando ingaggia Petya, dalla Bulgaria, chiedendole di imparare la lingua napoletana per il solo scopo di andare a riscuotere tutti i caffè sospesi pagati negli oltre cento bar della città.
L’episodio più divertente di Faccende complicate sembra essere, tuttavia, quello che ha come protagonista Riccardo, un giovane ragazzo milanese che viene trasformato in un trapper con il nome d’arte Blessed, a cui viene domandato addirittura di tatuarsi la propria firma sopra l’orecchio. La canzone che producono viene realmente pubblicata da Danti dei Two Fingerz, con tanto di videoclip, ma grazie a un twist inaspettato è Valerio Lundini – o per meglio dire: il progetto musicale di Livia Del Runnio, originaria del lago di Bolsena – ad avere la meglio, con tanto di incursione meta-televisiva nel programma locale Voci in piazza di Antenna 3. Il successo della canzone Capelli d’argento di Livia Del Runnio feat. Blessed è il punto più alto del programma: ci svela i retroscena più opportunistici e meschini dell’industria musicale da una parte, regalandoci un ottimo momento di pura arte dall’altra, complice Lundini che canta e balla in abiti da donna (spoiler: Livia Del Runnio è lui) perché al giorno d’oggi sono tutti vestiti “un po’ così”. Il pezzo, in fondo, è anche molto orecchiabile e, al contrario di Mille di Fedez e soci, esalta di più l’anima da liscio romagnolo che l’innesto rap, ed già disponibile su tutte le piattaforme digitali. Non sappiamo che cosa ne sarà della carriera di Blessed, ma di sicuro attendiamo con ansia l’album di Livia Del Runnio, anagramma del conduttore. In rete c’è già chi la vorrebbe ospite al prossimo Festival di Sanremo.
Senza girarci troppo intorno: che cosa c’è di complicato, pardon, in queste Faccende complicate? Senz’altro è complicata la leggerezza con cui Lundini riesce a confezionare delle situazioni comiche partendo, questa volta, dai casi di vita vissuta (più o meno spontanea) per andare ad amplificare e, a volte, ribaltare i cliché della narrazione televisiva, mostrando come la tv influenzi a sua volta la società che racconta. Anche se lui non la pensa esattamente così, anzi. «Mi aspettavo che il pubblico mi scrivesse che era meglio Una pezza di Lundini, non me l’hanno scritto e quindi mi fa capire che il pubblico non è che abbia gran gusto. Una pezza era meglio, c’era la musica dal vivo, Emanuela Fanelli… Poi in Faccende complicate si vede la mia stanchezza dei viaggi in treno, ci sono puntate in cui ho l’occhio smorto», ha detto Valerio in un programma radio, probabilmente ancora molto provato dall’esperienza ma con una lucidità analitica che pochi posso vantare.
Al momento non è prevista una seconda stagione, anche se l’ultimo episodio getta un’ombra a dir poco sospetta sul futuro di Faccende complicate: con la scusa di promuovere il format sulle reti straniere, la puntata prevede che Valerio Lundini voli in Albania per girare, tra l’altro, un’inchiesta abbastanza marginale sul business del turismo dentale. Ma attenzione: non lo vediamo prendere l’aereo per tornare a Roma. E – immaginiamolo per un attimo – se davvero ci riuscisse, a diventare una star albanese alla stregua di Kledi Kadiu e un giorno tornasse in Italia, magari ospite della Toffanin? Chiamerebbe Lo Sgargabonzi per farsi fare la scheda dell’ospite realizzata da lui? O gli amici, purtroppo, ce li dimentichiamo in fretta, quando si raggiunge la vetta di questo marcio, dannato, fottutissimo showbiz.