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I figuranti di Sanremo Giovani e altri animali

Poche creature televisive ci ricordano, con la loro precarietà mediatica, della caducità della nostra esistenza come i concorrenti di talent show e i figuranti Rai. Il programma che seleziona gli “under” del futuro Festivàl unisce queste due categorie come nessun altro. Noi c’eravamo: una cronaca semiseria

Alessandro Cattelan e Carlo Conti a Sanremo Giovani 2024. Foto: Rai

Poche creature televisive ci ricordano, con la loro precarietà mediatica, della caducità della nostra esistenza come i concorrenti di talent show e i figuranti Rai.

L’occasione di osservare da vicino le più recenti evoluzioni delle due categorie ci è stata servita su un piatto di carta monouso dall’invito, giuntoci dalla Rai, ad assistere alla registrazione della prima puntata di Sanremo Giovani 2024. La nuova edizione del concorso per apprendisti concorrenti di Sanremo è stata immaginata da Carlo Conti – e condotta, impeccabilmente, da Alessandro Cattelan – come un mini talent statale. Immaginate X Factor come una Hogwarts pre-Umbridge e Sanremo Giovani come un istituto comprensivo intitolato al maestro Manzi.

Da una parte: quinte semoventi, tempestate di video installazioni immersive generate in tempo reale; corpi di ballo da scena di battaglia degli Anelli del Potere; giudici-star; Giorgia in persona usata a mo’ di usciera. Dall’altra: un format semplicissimo, fatto in casa Rai; una commissione esaminatrice composta da soli conduttori radiofonici, per giunta competenti (più il Maestro Cremonesi e il figlio di Dodi Battaglia); un’ora secca a puntata; no televoto, no perditempo.

È piacevole e quasi liberatorio l’esercizio di scovare il talento dei concorrenti quando è isolato, in purezza, nella disadorna ma concreta semplicità scenografica della storica Sala A di via Asiago a Roma; nelle stringatissime sintesi dei profili biografici dei concorrenti; nella presentazione appena accennata dei loro potenziali psicodrammi, che non troveranno comunque mai sfogo in gara o post-gara, se non altro per motivi di tempo. Così concepito, Sanremo Giovani non fa rimpiangere il gioco a nascondino della stoffa dei concorrenti nel contesto certo più altospendente, ma anche più evanescente, di qualunque colossale Allianz Cloud.

In questa piccola Sanremo pop-up ricostruita nel quartiere Delle Vittorie si arriva sul palco, si viene presentati da un minuto esatto di RVM, si canta, si passa il turno o si esce di scena. Non ci sono alternative. Per un talent show sarà anche il minimo sindacale, ma per il destino di un talento è anche il massimo dell’onestà intellettuale.

Guardando e ascoltando Tancredi o Mazzariello, vincitori – per motivi e capacità differenti – delle loro rispettive sfide, è subito evidente come la vita mediatica possa sembrare loro un tappeto rosso da srotolare sotto piedi in grado di calcarlo con eleganza e sicurezza (Tancredi) o con apparente trasandatezza e, dunque, ancora più sicurezza (Mazzariello). Per altri, come il timido e introspettivo italo-senegalese Sidy o l’energetica ma derivativa Angie, lo showbusiness può apparire, invece, come un vicolo stretto e recondito, da percorrere solo con difficoltà, cercando – spesso invano – di lasciare un segno.

Martedì nessuno era più vicino a Sidy e Angie dei giovani figuranti che occupavano la prima fila della platea. Questo sia fisicamente – per la ristrettezza della sala – sia moralmente – per il parallelismo delle loro succedaneità. All’ombra dei riflettori, a pochi centimetri eppure a un mondo di distanza dai concorrenti destinati alla sopraffazione, di tanto in tanto il primo piano di un commissario rendeva possibile, sullo sfondo, la fugace apparizione di alcuni esemplari della più recente generazione di figuranti televisivi. La loro era una presenza silenziosa: talvolta donavano l’accenno di un sorriso a chi cantasse particolarmente bene o si muovesse particolarmente male; più di frequente vendevano a poco prezzo una voce che restava muta anche quando avrebbe voluto urlare.

Per certa televisione i figuranti costituiscono un asset tradizionale che, nonostante gli avanzamenti tecnologici, continua a fare la sua parte e a evolversi. Un tempo era la figurante-massaia-fatale – fiera, bellicosa, dall’intensa espressività mimica, posturale e, tavolta, perfino vocale – a fare da padrona di casa per il pubblico televisivo italiano da studio. Ha signoreggiato sui colleghi figuranti ininterrottamente dagli albori della televisione di realtà fino alla sua età dell’oro, sancita da trasmissioni come Al posto tuo di Alda D’Eusanio o Forum. Colpita e quasi affondata dall’avvento dei reality in senso stretto, che hanno posto al centro della scena sue versioni più o meno dilettantesche, la figurante-massaia-fatale resta ancora in sella solo nel settore dell’infotainment di Stato, ma è chiaro che ha i giorni contati.

Oggi, infatti, è stata sostituita quasi in toto dalla figurante-ingénue. Di giovane età, di bell’aspetto e priva di astuzia (almeno in favore di camera), domina solo numericamente l’ambiente in cui svolge le sue mansioni: un presepe vivente under-30 in cui ciascun pupo, a grandezza naturale, ripete all’infinito il gesto o l’atteggiamento che lo associ al profilo psico-attitudinale o piano studi richiesto dall’ispettore di produzione. Nel bestiario di ciò che la televisione ritiene sia opportuno rappresentare della società giovanile contemporanea, per attrarre il pubblico a essa correlato, ci sono personaggi come il disadattato gentiluomo, il calciatore mancato, il pasionario conciliante. Colpisce per la complessità il figurante studente di università privata che nasconde, ma non troppo, dietro le gambe, sotto al sedile, un vero zaino della Luiss come unico materiale scenico di un’interpretazione muta altrimenti magistrale (non meno di quella che realmente esegue ogni mattina, nella vera facoltà di Giurisprudenza della vera Luiss, mentre sogna di trascorrere più tempo, e non solo un martedì pomeriggio, tra lenti di Fresnel e paillettes).

Il segreto dell’ingénue è simulare di non sapersi mai osservata, pur sapendolo benissimo. Sa restituire l’impressione, se inquadrata, di essersi accorta solo in quell’istante non solo di essere inquadrabile, ma di esistere. Tutta compresa dallo sforzo di mostrarsi piacevolmente avvinta dal programma che si svolge davanti ai suoi occhi, riesce nella sua missione perché concentrata esclusivamente sul momento in cui sarà rilasciata, firmerà il foglio delle presenze e ricomincerà a far lavorare, fino alla prossima trasmissione, il muscolo dell’avvedutezza.

Ma ecco un colpo di scena. Alcuni giornalisti invitati alla registrazione, come noi, sopraggiungono in ritardo e la produzione decide di farli accomodare comunque, appena chiuso un segmento, proprio in prima fila. Con un solo schiocco di dita il pasionario, il luissino e la nostra ingénue devono lasciare il posto ed essere sostituiti da quei figuranti improvvisati. Con che calma olimpica la fanciulla affronta i pochi passi che la fanno uscire di campo! È il cerchio della vita in tv. Non è serena solo perché sa che la sua presenza, interrotta in modo così precoce, sarà comunque rilevante ai fini della paga. Sa, soprattutto, che la sua professionalità sarà valutata anche in base alla sua capacità di sparire, al momento opportuno.

Siamo grati ai concorrenti sconfitti e ai figuranti eclissati di Sanremo Giovani, travolti dal solito destino in questo ormai buio teatro di novembre, perché ci hanno saputo ricordare che per ogni uomo o donna di spettacolo cui il destino sorride, come un distributore automatico di gioie, ce ne sono cento per cui esso ha il volto meschino di un parcheggiatore abusivo di speranze.

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