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‘Quiet on Set’: quando essere un ‘child actor’ diventa un incubo

Un documentario fa luce su uno dei più grandi scandali della Tv americana: quello che ha coinvolto il canale Nickelodeon. E anche su cosa significa diventare star quando si è troppo piccoli. Vedi (anche) alla voce: Amanda Bynes

Foto: Chris Polk/FilmMagic via Getty Images

Quando si parla di Tv per bambini, nel nostro Paese, si pensa a Bim Bum Bam, a Solletico, alla Melevisione (non c’è millennial che non lo stesse guardando l’11 settembre 2001). I più moderni a quel piccolo capolavoro che è (era) Il collegio. Tutt’altra storia e tutt’altri budget sono chiaramente stati spesi negli Stati Uniti, dove le reti create per l’intrattenimento dei più piccoli hanno rappresentato un enorme business, soprattutto quando non avevamo Internet sul telefono. Tra la fine del vecchio millennio e l’inizio di quello nuovo, le varie Disney e Nickelodeon sono state le vere compagne di merende (scusate) dei ragazzini dell’epoca. Serie tv, comedy e game show che hanno fatto nascere uno star system parallelo, e che in alcuni casi è sopravvissuto anche all’età in cui si dovrebbe usare il Topexan: Lindsay Lohan, Ariana Grande, Zac Efron e tutti i protagonisti di High School Musical, e poi ancora Jamie Lynn Spears (sì, la sorella di), Amanda Bynes e molti altri.

Tutto bene se non fosse che, a distanza di anni, è iniziato anche il MeToo delle child star. Merito (anche) di Quiet on Set: The Dark Side of Kids Tv, nuovo documentario andato in onda negli USA su Investigation Discovery che raccoglie le testimonianze di ex attori e attrici (ma pure dipendenti) di Nickelodeon a inizio millennio. In particolare, al centro di tutto c’è Dan Schneider, showrunner raffigurato come vero e proprio burattinaio di quelli che erano i tanti show, principalmente sit-com, che hanno fatto impazzire i ragazzini di allora. Nel documentario, Schneider viene dipinto come una figura intimidatoria e tossica, sia nel rapporto con le piccole star (che, stando a quanto testimoniato, venivano spinte ad aggraziarsi figure come la sua per ottenere sempre più parti) sia dai suoi dipendenti, con particolare attenzione a come venivano trattate le donne.

Ma Quiet on Set è, purtroppo, anche altro. Sketch sessualizzanti che, rivisti ora, sembra impossibile siano andati in onda veramente, e in alcuni casi abusi fisici veri e propri. È quello che racconta per la prima volta l’attore e cantante Drake Bell, abusato sessualmente più volte da Brian Peck, attore e dialogue coach che lavorava a stretto contatto con lui e con altri bambini. Peck è stato arrestato nel 2003, ma nessuno fino a oggi sapeva chi fosse stata la sua vittima. Come passare dalla comedy all’horror.

Schneider, dal canto suo, ha risposto alle accuse mosse da ex attori e dipendenti in un video pubblicato su YouTube in cui si scusa per quei comportamenti ritenuti inappropriati. «Ora ci sono alcuni adulti che guardano gli show vent’anni dopo attraverso il loro punto di vista e dicono: “Non penso che sia appropriato per i bambini”. Non ho alcun problema a questo riguardo. Se qualcuno la pensa così, eliminiamo quelle battute dallo show, proprio come avrei fatto vent’anni fa. Voglio che i miei programmi siano amati. Più persone li apprezzano, più sono felice. Quindi, se c’è qualcosa in uno show che dev’essere tagliato perché disturba qualcuno, tagliamolo».

Ma il documentario si concentra anche un un altro aspetto, che come gli abusi “non si può semplicemente tagliare”. Quello spesso dibattuto che lega il concetto di fama a persone che non sono adulte, e quindi per niente pronte a gestire concetti come il successo o il fallimento. Sono molti gli attori e le attrici che raccontano di come si siano sentiti quando le luci si sono spente, e in Quiet on Set non si può non parlare dell’elefante nella stanza, della più grande star di Nickelodeon: Amanda Bynes.

Una carriera iniziata prestissimo e diventata sempre più grande, tanto da avere uno show che portava il suo nome quando faceva le scuole medie. Ma anche una carriera da “grande”, con diversi ruoli al cinema, vedi Hairspray – Grasso è bello accanto a John Travolta (2007) o Easy Girl con Emma Stone (2009). Non troppi, perché è stata proprio lei a voler chiudere col mondo della recitazione, annunciandolo con un tweet. Era il 2010: «Essere un’attrice non è così divertente come può sembrare. Se non mi piace più qualcosa, smetto di farlo. Non amo più recitare, quindi ho smesso di farlo». Negli anni a seguire, una serie di avvenimenti poco piacevoli. Abuso di droga e sostanze, problemi con la giustizia, conservatorship (sì, tipo Britney), ricoveri in strutture psichiatriche e tweet hardcore.

Dopo l’uscita del doc, c’è chi accusa Schneider di aver compromesso le condizioni psichiatriche dell’attrice (i due avevano un rapporto molto stretto). Lei non ha commentato, anzi, ha fatto sapere ai suoi follower di aver rifatto l’esame per avere la licenza per diventare manicurist: «La prima volta non l’ho passato, dovevo studiare di più». Non sappiamo se tutti i problemi che ha avuto Amanda siano solamente legati al suo lavoro da bambina, una cosa però forse sarebbe meglio tenerla a mente: i bambini sul set solo se ci sono le condizioni, altrimenti viva i cartoni animati.

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