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The Sanremo Dispatch, giorno 1: Allarmi bomba (finti) e altri disastri (veri)

Il presunto ordigno a una festa in villa era solo un “al lupo, al lupo”, o così pare. Ma ci sono altri drammi: i cronisti senza buffet, i quotidianisti senza più la prima fila in sala stampa, i milanesi che (come sempre) lavorano troppo. Per fortuna sulla nave si sco*a

«Attenti però che non finisca come con “al lupo, al lupo”, che a furia di dire che non c’è poi il lupo arriva davvero». È la mattina del primo giorno di gara e le sciure in pasticceria commentano l’allarme bomba della sera prima. Al mio far notare che è proprio quando vengono annunciate che le bombe non scoppiano mai, viene fuori la cosa del lupo. Ma è un attimo, nessuno vuole che gli siano levate le canzonette, e in attesa di ascoltarle si gioca coi lupi intesi come cagnolini. Una signora ha una simpatica barboncina che elemosina briciole di pain au chocolat, un’altra mostra le foto del suo, che ha lasciato a casa perché «ha 23 anni», urca, «mi hanno anche chiesto l’intervista». Immaginiamo l’abbiano chiesta a lei, ma non si sa mai: a Sanremo in effetti si potrebbero chiedere le interviste pure ai cani, o forse lo si fa già.

Dunque niente bomba, almeno per ora, si rischiava di passare da Gazzelle a Gaza (scusate) invece tutto è rientrato, a rimetterci è stata solo Mediaset col suo villozzo di rappresentanza, per tutto il primo giorno di Festivàl rimasto ancora evacuato causa bonifiche (presunte) degli artificieri.

Si sa che lo spettacolo a Sanremo è sempre fuori, in particolare quest’anno, o così sembra. «Ci sono troppe canzoni, non ci sarà tempo per nient’altro. Amadeus ha tolto la tv da Sanremo, non ci sono più i comici, i monologhi, ormai lo si potrebbe ascoltare tranquillamente dalla radio», lamentavano i cronisti in cerca di titoli, diciamo così, politici. Che però si sono fatti soffiare il titolo politico vero dal solito Lucci di Striscia che, l’avete visto, ha fatto cantare Bella ciao a Ama e Mengoni, e apriti Meloni. Si sa anche che la nostra è una Repubblica fondata sul varietà, e ogni volta ne abbiamo la riconferma; il collega del Gabibbo, anzi, lo sa pure meglio degli altri, e ha evitato che l’unico argomento forte, diciamo così, restasse il “preserbacino” (cit.) sul palco della puntata 1.

Faceva peraltro strano vedere quel plexiglass tra le bocche del front row nell’anno in cui – dicono qua – il Covid è stato definitivamente dimenticato. Fino all’anno scorso la sala stampa era ancora al Casinò, fantasma dei tamponi passati e soprattutto grande affronto per i quotidianisti, da quest’anno invece è tornata all’Ariston. E sono tornate le ammucchiate: «Ma si mangia?» è la domanda ricorrente dei giornalisti senza nota spese in cerca di buffet. «Hanno detto che ci sarà un aperitivo rinforzato, forse una lasagna, una pasta al pesto», ma poi il rinforzo non arriva mai, e li vedi fuggire affranti verso la sala stampa per la visione della serata, digiuni però in prima fila. Sitting che ha provocato un’altra piccola indignazione di categoria: i quotidianisti sono stati sbattuti dietro «i siti», qualunque cosa significhi nell’epoca in cui tutto è sito, ma non importa.

Chi resta ai party fa sostanzialmente pr, perché qui, dicevo, è tutto molto Milano dunque molto corporate, come si dice in città. Si sentono un sacco di «buon lavoro», perché non ci si dimentica mai che siamo qui per lavorare, ognuno a dire quante poche ore dormirà, quanto lavorerà più degli altri.

Alcuni, come evasione anche se è passato meno di un giorno, addirittura sognano la nave attraccata poco più in là, sembra il relitto della Concordia ma, pare, è l’unico posto in cui si scopi. Gira lo screenshot di una chat degli imbarcati fatta appunto «per scopare», dove spuntano nomi che lasciano poco margine di dubbio: “Sventrapapere”, “Sbobbo twink”, “Hot massage for [emoji di donnina bionda]” e il più suggestivo “L’ultimo spenga la luce”.

L’ultimo a spegnere la luce per quelli rimasti a terra è Fiorello, che alle tre di notte trasmette fuori dall’Ariston con la solita calca che non molla davanti al green carpet. Ma noi andiamo a casa, domani c’è un’altra bomba da sventare, un altro buffet da cercare, un altro cane da intervistare.

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