Una coppia âgée si fa una foto in spiaggia. Lei dà un bacetto a lui, lui scherza: «Ci manderanno a Chi l’ha visto?…». Sono dentro una di quelle finte polaroid, sopra c’è scritto il notorious hashtag #lamialiguria. Dietro un altro hashtag gigante, #PESTO (“Masterpiece of Liguria”), e un mortaio, anch’esso gigante e gonfiabile, con le foglie di basilico e il pestello. Questo non è il Festival della canzone ma del food, l’importante è che siano entrambi italiani e così è. Tutti mangiano, a ogni passo c’è qualcosa. Già dicevo che Geolier ha una pizzeria a suo nome, ieri scopro che BigMama ha aperto una rosticceria, alla Noioteca di Angelina Mango invece ti danno i cappuccini.
Ora che il mistero del secondo allarme bomba, stavolta all’Ariston, è stato risolto – o così pare: hanno fermato, l’avrete letto, un cinquantaduenne “con interessi nell’ambiente musicale”, tra le risate e i “chi mai sarà” generali come tutto da noi, anche quando c’è un Unabomber in città – si può tornare a magna’. Sul lungomare s’intravede un trattore solitario, ma più che una protesta anche quello fa l’effetto del mercato a chilometro zero della Coldiretti. Su corso Matteotti, quello dove becchi piccole folle in fila per un selfie con Emanuela Aureli e la pseudo-miss loci con la facciata dell’Ariston dipinta sul vestito, sfila l’Unione Cuochi Siciliani, tra Antonella Clerici e The Bear.
Alla casa-museo di Paola & Chiara – che andrebbe poi trasferita così com’è a Milano, ha forse qualcosa da invidiare alla Boschi Di Stefano? – non si mangia ma si guardano i loro memorabilia; «le nostre reliquie», ridacchiano le amabili sorelle Iezzi. Paola dice una cosa giusta, la stessa che ha detto Giorgia in conferenza stampa; si vede che sono di quella generazione di donne che il pop l’hanno fatto e basta, e hanno stravenduto (lo dimostrano i dischi di platino qui appesi) senza troppe rivendicazioni e gnè gnè. Paola dice, in sostanza, che se quest’anno dopo dieci anni vincerà una donna come tutti dicono sarebbe bellissimo, ma non è così che si stabilisce il successo, le canzoni a Sanremo partono anche se non arrivano prime, e anche quelle delle donne. Guarda Furore.
E io mi aspettavo di sentirle già partite, queste canzoni, pensavo che tutti dal giorno 1 si sarebbero messi a spararle dalle casse per la strada, quando quando quando quando piango anche se a volte mi nascondo non mi sogno di tagliarmi le vene sto tremando sto tremando eccetera eccetera, invece niente, è tutt’una nostalgia, un guardare indietro sempre, possibilmente con un cuoppo in mano – dicono che in un barchino del porto li fanno bene.
Dopo aver pagato la doverosa tassa alla Vita in diretta, con Giuliano Sangiorgi in collegamento con lo studio che urla «ciao Ivaaaaaaaa», inteso come Zanicchi, dentro il microfono, i Negramaro improvvisano un concerto vista mare. Accennano la loro bella canzone sanremese ma poi la gente gli chiede Estate, Mentre tutto scorre, e come congedo Meraviglioso, ovviamente. Sono gli unici, o così pare, a non aver aperto un negozio di orecchiette to go (che comunque era un’idea), i soli a fare quello che dovrebbero fare tutti gli artisti qui presenti: suonare, cantare, e stop. (Giuliano lo rifarà la sera, in un’indiavolata jam di Open Machine conducted by Vittorio Cosma, all’aperitivo di Rolling Stone sulla terrazza dei Canottieri Sanremo, presidio musicale di questa food week; ma chiudo subito la parentesi, o altrimenti sembra che stiamo qui a cantarcela e a suonarcela da soli, peraltro letteralmente.)
Si torna verso casa, dobbiamo prepararci per la puntata. Non saremo come le signore in lungo che si avviano verso l’Ariston, ma per il Festivàl ci vuole il giusto decoro. C’è la solita radio locale che sta trasmettendo di fronte al Casinò, un papà impalla la ripresa e dice alla figlia di sei-sette anni «fai ciao», e lei, piccola Maria Cecconi, lo fa. Sono diretti verso uno stand che distribuisce coca cole, naturalmente gratis.