Non ci girerò troppo intorno. Da The Voice Senior Ter (sì: nell’assoluta assenza di promozione, il talent è ricominciato dal 13 gennaio su Rai 1) non mi aspettavo niente di più e niente di meno della solita festa in balera: carina, trash free ma, insomma, sempre quella roba lì. Invece, signori e signori, qualcosa è cambiato. Alla terza edizione, il talent torna più arzillo che mai e, nel suo essere nato vecchio, tradisce una giovinezza da dare dei punti a Case, Isole e Caserme. Ecco cosa è successo – di nuovo – nella puntata d’esordio, che ha portato a casa la bellezza di 3,7 milioni di spettatori e il 23,3% di share.
La nuova frontiera del nepotismo
Dopo ieri sera, gli americani mi fanno quasi tenerezza: Oltreoceano si stanno accapigliando, ormai da mesi, sullo scandalo dei nepo baby. Passano al setaccio gli attori “figli di…” con tanto di lista dei prescritti hollywoodiani da sbattere in prima pagina. Novellini. Noi, qui in Italia, siamo andati ben oltre: con The Voice Senior siamo al nepotismo 2.0. Più visionario. Creativo. Ieri, per esempio, abbiamo fatto la conoscenza di tre tipi di parentele: basica, ribaltata e d’adozione. Il primo tipo di nepotismo, chiamiamolo basic, è incarnato dal 61enne Luciano: arriva a The Voice portando O’ sole mio. “È napoletano, ci sta”, pensi tu. Invece, sul palco, lui spiazza tutti dichiarando, come un James Bond qualunque: “Mi chiamo Luciano. Luciano Capurro”. Esatto: è il pronipote di Giovanni Capurro, autore della canzone. Ovviamente vince: intasca tre “sì” e sceglie il team Ricchi e Poveri. Dopodiché è la volta di Paolo: ex infermiere, non è figlio di ma “padre di”. Il suo è un nepotismo ribaltato: a essere famosi, sicuramente più di lui, sono i suoi figli, tutti con una propria orchestra. I nostri presenziano a bordo pista e consolano il padre quando non ottiene nemmeno un sì. Evidentemente su questa tipologia bisogna ancora lavorarci, ma è un fenomeno sociale che potrebbe prendere piede, ne siamo certi. Sicuramente è vincente il nepotismo d’adozione: una frontiera fino a ieri inesplorata, alla quale ci ha introdotto Lisa. Insegnante di canto, reduce dalla morte di uno dei suoi figli, porta a The Voice la canzone Almeno tu nell’universo di Mia Martini. Sulla carta, una scelta suicida: si sa che Loredana Bertè tende a cassare chiunque si cimenti con i brani di sua sorella e, per solidarietà, gli altri giudici non si girano se non lo fa lei. Ebbene, a sorpresa Bertè pigia subito il bottone rosso, commuovendosi durante l’esibizione. “Ho sentito il dolore nella tua voce”, spiega. In quell’esatto istante capisci che Lisa è entrata di diritto nella famiglia Bertè: un’adozione artistica che vale tanto, tantissimo, soprattutto se stai partecipando a un talent show musicale. Lisa ovviamente sceglie Bertè come coach ed è chiaro che la vedremo in finale. Rispetto agli altri concorrenti ha una carta esclusiva, senza pari.
Famolo strano
A proposito dei concorrenti: c’è stata una sorta di evoluzione della specie. Se la prima edizione promuoveva infatti gli “over 60” che non avevano mai calcato il palco mentre la seconda puntava sulle meteore ormai attempate, qui si sperimenta il famolo strano. Non che le prime due tipologie siano sparite, anzi: in quota esordienti assoluti milita per esempio l’insegnante Lisa (“Cantavo solo a scuola, The Voice è il mio primo palco”), mentre tra coloro che hanno alle spalle una carriera, magari non lunghissima, nel mondo dello spettacolo c’è il 65enne Marco, in arte Daniel Danielì, che fece Sanremo Giovani; la brasiliana Clara, voce delle sigle Lady Oscar e Tigerman (prende zero sì, e un epico “Non canti a tempo” da Gigi D’Alessio), nonché tale nonna Amelia, che canta nel gruppo delle Sister Queen. In questa terza edizione si è però deciso di osare aprendo le porte anche ai (non sappiamo come altro chiamarli) “soggettoni”. Un nome su tutti: la medium e sensitiva Laura, meglio nota come la Contessa di Cagliostro. La nostra sostiene di sentire la voce del Conte Cagliostro (no, Lino Guanciale non c’entra: si riferisce al celebre veggente del ‘700). È il suo spirito guida che le parla tramite le carte, la scrittura e il canto. Proprio Cagliostro le avrebbe suggerito di andare su Rai 1 per “portare l’anima a The Voice”. Evidentemente anche gli spiriti evolvono: da fantasmi a impresari. L’effetto è un po’ alla Wanna Marchi e, onestamente, non sappiamo quanto sia consono al ruolo di servizio pubblico della Rai. In ogni caso, tutti sorridono, lei prende due sì e sceglie i Ricchi e Poveri. Dopodiché è il turno di Diego Vilardo, che ha probabilmente scambiato il talent della Clerici con Carràmba! Che sorpresa. Il nostro arriva, porta Purple Rain e la Bertè si gira “sulla fiducia, perché la canzone è troppo bella” (dice proprio così…). La nostra rimane però fregata: Diego sceglie di entrare nel suo team ma solo per allungarle “una canzone che ho scritto per te e che in questi anni non sono mai riuscito a darti”. La faccenda sfiora lo stalkeraggio ma in realtà tutti sorridono, lei assicura “se è bella, certo che la canto!” e tu, sul divano, rinunci a chiamare i carabinieri. Per le prossime Blind Audition sono attesi anche un concorrente di 89 anni e “un uomo con la gonna e uno con la tunica”, come ha anticipato la conduttrice Antonella Clerici durante la conferenza stampa.
No al trash, sì ai social
Ripristinate i Telegatti e datene uno, gigante, agli autori di The Voice Senior. Sono dei geniacci perché hanno saputo trasformare un problema, ossia l’assenza di trash, in un punto di forza. Già, perché oggi mica è facile fare ascolti senza parolacce, nudi, litigate, scandali e tradimenti. Che ti inventi? Come tiri fino a mezzanotte? Verrebbe da rispondere “nulla, muori e basta”, invece loro hanno capito che, più forte del trash, ci sono i meme social. Quelli sono virali, non costano nulla e non necessitano polemiche. Basta sapere far ridere. E loro, a disposizione, avevano i giudici Clementino, Bertè e Gigi D’Alessio (non citiamo volontariamente i Ricchi e Poveri, poi vi spieghiamo). Così si sono messi di buona lena e hanno puntato tutto su di loro. I due scenari possibili sono che li abbiano briffati sottoponendoli a master intensivi di battute goliardiche, o (opzione più probabile) abbiano scritto loro delle freddure prêt-à-porter, da sfoderare all’occasione. Ne citiamo alcune in ordine sparso. Gigi avvisa Bertè: “Se non la smetti, ti rigo la macchina”, e lei: “Sono una da monopattino”. Sempre Gigi, stavolta riferito al concorrente che aveva appena cantato Fai rumore di Diodato: “Tu farai anche rumore, ma se vieni nella mia squadra farai il botto”. Alla medium Laura, la Bertè invece dice “sembri un evidenziatore” alludendo al suo look total fluo. Sempre Loredana: “Sarò la Cristoforetti di The Voice: se vieni con me ti porterò tra le stelle”. Infine non possiamo non citare la battuta, autoironica, di Gigi. Quando sente dire a nonna Amelia che “le Sister Queen sono la mia seconda famiglia ma, qui a The Voice, ho voglia di metterne su una terza”, osserva: “Poi però devi mantenerle tutte…”. A quel punto Clementino aggiunge: “E se te lo dice Gigi…”.
Qualcuno ha visto i Ricci e Poveri?
Vi diamo una notizia: c’erano i Ricchi e Poveri come quarto giudice. Lo so, non ve ne eravate accorti: a momenti nemmeno noi. Se non ci fossero stati i concorrenti che, ogni tanto, ci ricordavano della presenza di Angela Brambati e Angelo Sotgiu, scegliendoli come team, probabilmente non lo avremmo saputo mai. Il dinamico duo parla poco e, quando accade, non lascia il segno. Lei dice cose come “Hai una voce bellissima” (grazie tante), lui ogni tanto si lancia in confronti imbarazzanti. Ne citiamo due. Il primo: “Tatiana, tu sei una professionista, vero? L’ho capito subito da come tieni il microfono”. Risposta: “No: sono una casalinga, faccio torte”. E poi, con nonna Amelia: “Da dove vieni?”, “Da Bari”. “In Puglia?”, “Sì”. Diamine, un vero geografo…