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Tornano le ‘Belve’ e diventano grandi, con Mara Venier, Riccardo Scamarcio e “Santa” Flavia Vento

La chiave delle interviste di Francesca Fagnani è sempre la leggerezza. Ma il programma, arrivato alla quarta stagione, supera l’esame di maturità. Pur mantenendo il suo intelligente versante trash (vedi la terza ospite, “mezza donna e mezza falco”)

Foto da RaiPlay

“Vi si vuole bene”, scriveva ieri sera Francesca Fagnani sui social. E noi di più, Fra. Tanto di più. Perché arrivati alla quarta edizione di Belve (percepita: la 1.465esima), avevamo pigiato il tasto 2 del telecomando più per inerzia, convinti che, insomma, ormai avevamo già visto tutto. Dal “Che belva si sente?” a “Se potesse riportare in vita una persona che non c’è più anche solo per uno o due minuti, cosa le direbbe?”, il rito era sempre quello. Avevamo persino messo in conto una piccola dose di noia (pensa te), delusi che ad aprire le danze non ci fosse Mr. Giambruno ma tre volti come Mara Venier, Riccardo Scamarcio e Flavia Vento, che – non ce ne vogliano – non creavano l’hype che poteva portare un Fedez o una Chiara Ferragni (a proposito, guarda che noi su Chiaretta versione Belva ci contiamo…).

Quindi ieri sera quel click sul telecomando era stato un atto di fede, a maggior ragione visti i tempi che corrono per Rai 2, rasente al baratro dello 0% di share. Invece, qui, altro che Santa Vergine Flavia Vento (poi ci arriviamo): la signora dei miracoli è Fagnani, che ha scodellato una prima puntata divertentissima. Avete letto bene: divertentissima. E senza l’ausilio di giochini in stile Late Show de’ noartri o delle scorciatoie trash. Le interviste (spoiler) possono inchiodarti al divano, e a dimostrarlo è stata la belva di Rai 2. Questi primi tre faccia a faccia erano una schermaglia in punta di ironia, capaci di imprimere un ottimo ritmo televisivo alla chiacchierata. Domanda, battuta, rilancio, risata: questa la liturgia giornalistica privilegiata. Una dialettica che rendeva intriganti anche le risposte potenzialmente più banali, agevolando le confessioni e affrancando l’ospitata dall’effetto marchetta.

Il rischio c’era eccome: se Riccardo Scamarcio sedeva lì, ieri, era anche perché è nelle sale con il film Modì – Tre giorni sulle ali della follia (non a caso una risposta l’ha data in francese). Mara Venier ha il programma Le stagioni dell’amore, nuovo nuovo, da promuovere e sostenere. Invece si è volato sempre alto, e persino quei passaggi a rischio trash, come le sette ore di ripresa dell’amplesso in Manuale d’amore 2, sono stati sublimati dal tono autoironico e complice di intervistato e intervistatore. Insomma, Belve è cresciuto. È diventato grande, più maturo, imboccando con decisione un’anima che già aveva (la simpatia) ma che, perlomeno ieri, è esplosa in tutta la sua forza.

Venier, Scamarcio e Vento sono stati di fatto i tre volti della leggerezza. Zia Mara ne incarnava la genuinità: quella contagiosa, verace, che ti fa sorridere mentre dice cose scomode. Alcuni esempi: “Una volta che ha avuto successo, si è tolta qualche sassolino?”, chiede Fagnani; “Ma secondo te, co’ il mio carattere, me so’ tenuta qualcosa? Me li sono tolti tutti!”. Parlando dei suoi ex: “So’ piaciuta… e meno male! Ve lo dico: non fate le schizzinose, perché poi alla mia età i giochi sono fatti”. Fino ovviamente alla mitica maglietta – “Se vuoi perdere peso, caga” – regalatale da Flavio Briatore e ora prossima a diventare il nuovo “Pensati libera”. Scamarcio incarnava invece la simpatia del mascalzone latino: occhi “colore palude depurata”, è il bello e dannato che osa prendersi in giro. Aveva esordito dicendo che “posso anche risultare molto polemico e pesante”, ma, al netto di un paio di castronerie (una su tutte: “La femmina si occupa della casa, il padre è capobranco: mica devo mettermi a lavare il pavimento!”), a fine intervista ti rimane addosso la sua risata malandrina.

E poi c’è ovviamente lei: Flavia Vento, che oltre ad essere stata nelle sue vite precedenti una “dea, mezza donna e mezza falco” e una “sirena collegata alla maga Circe”, è anche l’incarnazione del paradosso umoristico. Ingenua quanto basta per farti tenerezza, inanella una serie di risposte involontariamente comiche. Parla di fede (“Ho avuto un’apparizione mariana in un campo da golf, perché lì c’era una sorgente d’acqua”), stende l’elogio della castità (“Se tornassi indietro vorrei restare vergine, come Maria”) e pure di Scientology (“Solo chi ha una grande mente può seguirla, non è per tutti”), assicura che gli Ufo esistono, e pure la sua storia d’amore con Tom Cruise (“Il nostro è un amore telepatico”), mentre svicola sul tradimento di Francesco Totti (“Ma come, è l’unica cosa che esiste davvero e non me ne parla?”, si lamenta Fagnani).

In questo godibilissimo mix di due ore abbondanti di goliardia, c’è anche spazio per qualche riflessione seria. Mara Venier rivela di aver subìto, da giovane, abusi psicologici e fisici da parte di un uomo. Non fa nomi, ma il suo sguardo basta per raccontare la sofferenza di quegli anni. “Questa mia tendenza a difendermi, anche in maniera irruente, è nata proprio per tutto quello che ho passato”, spiega. Ammette di essere fragile (“A 74 anni non nascondo più nulla”) e di aver sofferto di depressione. Tra il serio e il faceto, Scamarcio critica invece il sistema cinema: “Se non ho mai vinto un premio è perché ho pestato i piedi a persone importanti, tra registi e produttori”. Conferma di avere un “complesso di superiorità”, gioca con il suo super ego, ma mostra anche le proprie fragilità: “Ho avuto una giovinezza dissipata, ho provato tutte le droghe tranne l’eroina, ma non sono mai stato dipendente”. Così alla fine hai l’impressione di conoscere un po’ di più quei volti che, fino a due ore fa, davi per scontati. E gli vuoi persino più bene.

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