'Total Records': la storia della grafica musicale cover per cover | Rolling Stone Italia
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‘Total Records’: la storia della grafica musicale cover per cover


1970, ‘Bitches Brew’, il pittore mistico Mati Klarwein dipinge le allucinazioni psichedeliche di Miles Davis


«Beh, io ho cambiato la storia della musica cinque o sei volte», diceva Miles Davis a uno degli ospiti della cena di gala della Casa Bianca di Reagan a cui era stato invitato. Era il 1987, e a Miles era ormai riconosciuto il ruolo di musicista jazz più influente della storia, che oggi ricordiamo riascoltando uno dei suoi dischi più influenti, Bitches Brew. Sì, Kind of Blue è probabilmente l’album jazz più noto “alle masse”, ma se dobbiamo trovare l’opera di Miles che ha più “parlato” con il rock, soprattutto quello psichedelico e canterburiano, quest’opera è senza dubbio Bitches Brew.

Registrato in appena tre giorni – dal 19 al 21 agosto del 1969 – e da una band fuori di testa (quattro tra batterie e percussioni, due sassofoni, tre pianoforti, due bassi e una chitarra, più la tromba di Miles) dove spiccavano Chuck Corea, John McLaughlin, Dave Holland e Joe Zawinul, Bitches Brew è un disco allucinato, influenzato dalle nuove sonorità dell’epoca, dalla chitarra di Jimi e dall’universo di Woodstock.

La copertina è iconica tanto quanto l’album: si tratta di un’opera di Mati Klarwein, mistico pittore della 17a strada e amico di Salvador Dalì, ed è protagonista della nuova puntata di Total Records: storia di una copertina, la serie di ARTE in italiano dedicata alla storia della grafica musicale. Potete vederla in cima all’articolo.

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